di Enrica
Roddolo
da 7,
Corriere della Sera, Novembre 2017
Attirano
folle di curiosi. Affascinano il mondo con i loro matrimoni. Emozionano lettori
e spettatori.
Perché le
monarchie piacciono e resistono? Forse perché, in un mondo che brucia emozioni
e miti, offrono un senso di continuità e resilienza.
PERCHÉ AMIAMO
TANTO I REALI? Già, perché? Beppe Severgnini, che condivide la mia passione per
il mondo britannico, me l’ha chiesto una sera, mentre m’infilavo in
metropolitana dopo il quotidiano lavoro al Corriere. E dopo tanti libri su
Elisabetta e Filippo, Grace e Ranieri, Carlo e Camilla, Diana, William, Kate e
Harry, me lo sono chiesta anch’io. Spesso. Perché, in fondo, come negare che se
c’è un’istituzione anacronistica, questa è proprio la monarchia?
Quale
altra Firm (ditta, come il duca di Edimburgo chiama casa Windsor) si basa sulla
primogenitura per individuare le nuove leve? Beh, sì, ci sono le aziende di
famiglia. Ma in famiglia, spesso, si valutano attitudini e talenti. E invece,
questo vuol dire una casa reale: il primo nato, maschio o femmina, eredita la
corona (solo di recente le Royal households hanno accettato di aprire le porte
alla parità di genere). Non un gran passo avanti, in fondo la Storia è fatta di
grandi donne sul trono: da Elisabetta I che vinse l’Armada Invencible, a Maria
Teresa d’Austria. Per non parlare di Vittoria e di Elisabetta II, che il 20
novembre festeggia 70 anni di matrimonio con Filippo.
UNA CASA
REALE è un fascinoso romanzo a puntate.
È bastata
la notizia di un tè con la regina, sorseggiato dal nipote Harry e Meghan
Markle, per scatenare gli entusiasmi. Un nuovo fidanzamento è nell’aria. «In
fondo l’eredità lasciata da Diana è che ora Harry, come già William, è libero
di sposare la donna del cuore», mi ha detto Andrew Morton, il giornalista che
registrò le confessioni di Lady D. negli Anni 90.
A
proposito di tè con la regina: invitata a uno dei garden party estivi che Sua
Maestà organizza a Buckingham Palace, non nego l'emozione quando mi arrivò
l’invito, in valigia diplomatica, all'indirizzo dell'ambasciatore britannico a
Roma. Ecco, per capire perché i Royals piacciamo tanto
può
aiutare una considerazione che si sente fare spesso a Londra: «Tutto, o quasi,
si può comprare a Londra, la capitale delle tendenze: fuorché un invito della
regina». Anzi, sollecitarlo rischia di farvi finire in una black list di
indesiderati. Perché è lei a concedere il piacere di un tè “latte o
senza?", come vi chiederanno implacabili nel giardino del palazzo.
I ROYALS
PIACCIONO PERCHÉ, in una società abituata a dare un prezzo a tutto, un incontro
con Elisabetta, o un invito al Rocher di Monaco, non si compra. Non è in
vendita. Questo non basta a spiegare la passione che stregò il mondo nel 1981
per il sì di Carlo e Diana e nel 2011 per William e Kate. Anche Carlo e Camilla
sono stati accolti nel loro ultimo viaggio in Italia da folle di italiani e
turisti. A Firenze, sul Ponte Vecchio, l’assedio era impressionante, e parlando
(come già nel 2009 a Venezia) con Carlo ho avuto conferma di un'altra ragione
del fascino senza tempo dei Royal.
Carlo saprà
raccogliere l’eredità di Elisabetta II? L’ho chiesto a Daniel Franklin, una
colonna dell’Economist di Londra. «Carlo? Sembra più sereno, sicuro di sé, e
questo aiuta. Ma certo ha dovuto aspettare un tempo incredibilmente lungo come
principe di Galles, e il pubblico non ha con lui lo stesso rapporto che ha con
i figli. Il suo sarà forse considerato come un regno-ponte, di
transizione. Una cosa è certa: nessun erede al trono si è mai preparato
tanto!». William e Harry? «Hanno modernizzato il Royal brand, senza infrangere
la magia». «E se loro sono il cambiamento, la regina è la continuità: un mix
potente», chiude Franklin.
«Perché
amo la regina, io che sono nata in Italia? Perché è tradizione, continuità» mi
ha detto Livia Firth, moglie di Colin, l'attore del Discorso del Re. «Ma con
Carlo c’è anche affinità sulle battaglie per l’ambiente: assieme, nel 2018,
organizzeremo un grande evento a Buckingham Palace che coinvolgerà tutti i
Paesi del Commonwealth». «Elisabetta vuol dire dedizione» mi ha ricordato Alice
Temperley, la designer che veste Kate. «Quella che lei ha messo nella guida del
Paese».
PROVO A
RIASSUMERE. Come le istituzioni secolari che rappresentano, le monarchie
portano un respiro lungo, un senso di resilienza. Una rarità in un mondo che
brucia emozioni e miti.
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