NON VI E' DUBBIO CHE UNA NAZIONE PASSATA DA UN REGIME MONARCHICO AD UN REGIME REPUBBLICANO SIA UNA NAZIONE «DECLASSATA», E CIÒ NON PUÒ NON ESSERE AVVERTITO DA CHIUNQUE ABBIA UNA SENSIBILITÀ PER VALORI I QUALI, PER ESSERE SOTTILI E IMMATERIALI, NON PER QUESTO SONO MENO REALI.

lunedì 15 gennaio 2018

I Reali non sono in vendita (per questo non tramontano mai)

di Enrica Roddolo

da 7, Corriere della Sera, Novembre 2017

Attirano folle di curiosi. Affascinano il mondo con i loro matrimoni. Emozionano lettori e spettatori.
Perché le monarchie piacciono e resistono? Forse perché, in un mondo che brucia emozioni e miti, offrono un senso di continuità e resilienza.

PERCHÉ AMIAMO TANTO I REALI? Già, perché? Beppe Severgnini, che condivide la mia passione per il mondo britannico, me l’ha chiesto una sera, mentre m’infilavo in metropolitana dopo il quotidiano lavoro al Corriere. E dopo tanti libri su Elisabetta e Filippo, Grace e Ranieri, Carlo e Camilla, Diana, William, Kate e Harry, me lo sono chiesta anch’io. Spesso. Perché, in fondo, come negare che se c’è un’istituzione anacronistica, questa è proprio la monarchia?
Quale altra Firm (ditta, come il duca di Edimburgo chiama casa Windsor) si basa sulla primogenitura per individuare le nuove leve? Beh, sì, ci sono le aziende di famiglia. Ma in famiglia, spesso, si valutano attitudini e talenti. E invece, questo vuol dire una casa reale: il primo nato, maschio o femmina, eredita la corona (solo di recente le Royal households hanno accettato di aprire le porte alla parità di genere). Non un gran passo avanti, in fondo la Storia è fatta di grandi donne sul trono: da Elisabetta I che vinse l’Armada Invencible, a Maria Teresa d’Austria. Per non parlare di Vittoria e di Elisabetta II, che il 20 novembre festeggia 70 anni di matrimonio con Filippo.

UNA CASA REALE è un fascinoso romanzo a puntate.
È bastata la notizia di un tè con la regina, sorseggiato dal nipote Harry e Meghan Markle, per scatenare gli entusiasmi. Un nuovo fidanzamento è nell’aria. «In fondo l’eredità lasciata da Diana è che ora Harry, come già William, è libero di sposare la donna del cuore», mi ha detto Andrew Morton, il giornalista che registrò le confessioni di Lady D. negli Anni 90.

A proposito di tè con la regina: invitata a uno dei garden party estivi che Sua Maestà organizza a Buckingham Palace, non nego l'emozione quando mi arrivò l’invito, in valigia diplomatica, all'indirizzo dell'ambasciatore britannico a Roma. Ecco, per capire perché i Royals piacciamo tanto
può aiutare una considerazione che si sente fare spesso a Londra: «Tutto, o quasi, si può comprare a Londra, la capitale delle tendenze: fuorché un invito della regina». Anzi, sollecitarlo rischia di farvi finire in una black list di indesiderati. Perché è lei a concedere il piacere di un tè “latte o senza?", come vi chiederanno implacabili nel giardino del palazzo.

I ROYALS PIACCIONO PERCHÉ, in una società abituata a dare un prezzo a tutto, un incontro con Elisabetta, o un invito al Rocher di Monaco, non si compra. Non è in vendita. Questo non basta a spiegare la passione che stregò il mondo nel 1981 per il sì di Carlo e Diana e nel 2011 per William e Kate. Anche Carlo e Camilla sono stati accolti nel loro ultimo viaggio in Italia da folle di italiani e turisti. A Firenze, sul Ponte Vecchio, l’assedio era impressionante, e parlando (come già nel 2009 a Venezia) con Carlo ho avuto conferma di un'altra ragione del fascino senza tempo dei Royal.

Carlo saprà raccogliere l’eredità di Elisabetta II? L’ho chiesto a Daniel Franklin, una colonna dell’Economist di Londra. «Carlo? Sembra più sereno, sicuro di sé, e questo aiuta. Ma certo ha dovuto aspettare un tempo incredibilmente lungo come principe di Galles, e il pubblico non ha con lui lo stesso rapporto che ha con i figli. Il suo sarà forse considerato come  un regno-ponte, di transizione. Una cosa è certa: nessun erede al trono si è mai preparato tanto!». William e Harry? «Hanno modernizzato il Royal brand, senza infrangere la magia». «E se loro sono il cambiamento, la regina è la continuità: un mix potente», chiude Franklin.

«Perché amo la regina, io che sono nata in Italia? Perché è tradizione, continuità» mi ha detto Livia Firth, moglie di Colin, l'attore del Discorso del Re. «Ma con Carlo c’è anche affinità sulle battaglie per l’ambiente: assieme, nel 2018, organizzeremo un grande evento a Buckingham Palace che coinvolgerà tutti i Paesi del Commonwealth». «Elisabetta vuol dire dedizione» mi ha ricordato Alice Temperley, la designer che veste Kate. «Quella che lei ha messo nella guida del Paese».


PROVO A RIASSUMERE. Come le istituzioni secolari che rappresentano, le monarchie portano un respiro lungo, un senso di resilienza. Una rarità in un mondo che brucia emozioni e miti.

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