Fu dunque
un fenomeno mondiale dell’altro dopoguerra: l’umanità straziata dalla lunga e
sanguinosa e « inutile strage » (mai come nella seconda guerra mondiale è
apparsa grande la verità espressa dal Pontefice Benedetto XV in una sua celebre
frase) si ribellava all’ordine politico e sociale che aveva scatenato il
conflitto e si poneva alla ricerca di un ordine nuovo. Quell’umanità lasciava
l’iniziativa del movimento al popolo russo, il meno dotato di esperienza
politica ma il più pronto, per il suo diffuso spirito evangelico, ad accettare
i dettami di una nuova religione, sia pure di una antireligione.
Non
supponeva nella sua ingenuità, il popolo russo, e neppure pensavano nei loro
più vasti strati, i popoli di Europa che il nuovo ordine comportava più
violenze, più abusi, più delitti e più sangue del precedente.
La natura
e la storia, procedono per vie inconsueta e strane, assai più contraddittorie
di quelle intraviste dal cervello umano più paradossale. 11 turbine devastatore
e innovatore partito da Mosca si estese in tutta l’area dei paesi vinti; poi
toccò l'Italia che subiva la psicosi dei paesi vinti. Ne nacquero in Italia
come in Germania e in Ungheria delle reazioni che il pensiero politico mondiale
salutò e giudicò come benefiche.
I fatti
più salienti dell’anno 1919 in Italia furono i primi scontri armati nelle
strade di Milano tra i cortei socialisti e le nuove formazioni del fascio;
(aprile 1919), il ritorno della nostra delegazione da Parigi; (maggio 1919) i
fatti di Fiume e la nuova Camera. Lo scontro tra fascisti e socialisti a via
Mercanti (Marinetti celebrerà quell’avvenimento per molti anni e lo chiamerà la
battaglia di via Mercanti) fu il primo episodio della guerra civile italiana. Fu
un fenomeno del tutto nuovo. La folla si comportò come un’unità militare. Non
furono, infatti, veri e propri fascisti che affrontarono il grosso corteo
socialista avverso, con grida e cartelli, allo spirito della guerra e della
vittoria. Furono gruppi di futuristi, di arditi, di ufficiali studenti del
Politecnico. Questi gruppi scalmanati aprirono il fuoco: gli scioperanti si
sbandarono: gli altri incalzarono furiosi, andarono alla redazione dell
Avanti!, vi penetrarono a forza e la devastarono. Fu subito chiaro che le masse
operaie erano condotte da uomini non preparati, pur dopo tanti anni di
predicazione della violenza e dell’azione diretta (1) ai nuovi compiti della
lotta politica che si veniva combattendo. I fascisti apparvero subito e II
Popolo d'Italia si affrettò a menarne vanto, come i difensori della
vittoria e come i restauratori dell’ordine. Aggiungeva quel giornale non
esservi più nulla da temere se numerosi cittadina erano risoluti a impedire il
sovvertimento dell’ ordine sociale e politico. Ma quei cittadini non volevano
difendere il vecchio stato democratico parlamentare. Essi non attribuivano la
vittoria delle armi allo Stato liberale. Essi affermavano di aver ottenuto
l'intervento in guerra nonostante l'opposizione sorda del Parlamento e pretendevano
di aver vinto nonostante il disfattismo dei parlamentari. Altri fatti
significativi si svolgevano in quell'anno 1919: la nostra delegazione a
Parigi interrompeva le conversazioni alla Conferenza della Pace per gravi
divergenze sulla questione italiana con il Presidente Wilson. Orlando e Sonnino
venivano accolti trionfalmente a Roma: D'Annunzio tornava nella capitale a
rinnovare gli incitamenti e i discorsi del «maggio radioso».
Egli
parlava questa volta dal Campidoglio agitando una bandiera che aveva coperto la
salma di un eroe della guerra a lui caro, G. Randaccio. Il motto da lui
ripetuto era: «Memento audere semper». Si iniziavano allora le agitazioni
per Fiume e la Dalmazia alle quali seguiva nel settembre la Marcia di Ronchi e
l'impresa di Fiume.
Anche in
questo caso si mescolavano pensieri e sentimenti diversi e si ottenevano
risultati contrastanti. Da una parte si notavano l'amore alla causa nazionale,
la glorificazione del sacrificio in guerra, la difesa della vittoria e delle
frontiere; dall'altra si ripeteva l’esperienza delle milizie volontarie e
partigiane non legate ad ununico giuramento al Re e alla Patria; in definitiva
quindi un nuovo e deplorevole indice di indebolimento della disciplina militare
e di dissolvimento delle forze armate dello Stato. Questi fenomeni non
rivelavano interamente e immediatamente la loro intera natura. Si cominciava col difendere l’onore
della bandiera dall'assalto dei neutralisti e dei disfattisti di ieri che erano
poi gli antimilitaristi programmatici del 1910 e gli avversari di tutte le
nostre rivendicazioni nazionali e si finiva col compiere un atto di aperta
sedizione militare con la marcia dei Granatieri da Ronchi a Fiume.
La
Monarchia non poteva non accusare simili colpi; quelli della rivolta endemica
dei partiti di sinistra e quelli della destra dannunziana e fascista. Ma come
attribuire alla Monarchia le responsabilità di tali iniziative? E come
attribuire alla Monarchia la responsabilità della mancanza di un partito medio,
forte, patriottico e insieme democratico, amico del progresso e delle riforme
sociali? Il rimedio esisteva ed era quello classico dei regimi parlamentari; convocare i comizi elettorali e attenersi al responso delle urne. Ma le condizioni dell'Italia in quell'autunno e inverno del 1918-1919 sconsigliarono agli eminenti parlamentari e giuristi del tempo (primo fra tutti Vittorio Scialoia) la convocazione dei comizi elettorali. L'Italia non poté avere il suo Parlamento bleu horizont come la Francia, né il suo Parlamento della vittoria come l'Inghilterra, per l'irrequietezza dello spirito pubblico. E questa situazione non migliorò durante il 1919 : essa divenne anzi più grave nel corso dell'anno, prima di giungere alle elezioni della nuova Camera. La nuova legislatura con i suoi 156 deputati socialisti e 101 deputati popolari significò la rivincita sul
«maggio radioso».
sociali? Il rimedio esisteva ed era quello classico dei regimi parlamentari; convocare i comizi elettorali e attenersi al responso delle urne. Ma le condizioni dell'Italia in quell'autunno e inverno del 1918-1919 sconsigliarono agli eminenti parlamentari e giuristi del tempo (primo fra tutti Vittorio Scialoia) la convocazione dei comizi elettorali. L'Italia non poté avere il suo Parlamento bleu horizont come la Francia, né il suo Parlamento della vittoria come l'Inghilterra, per l'irrequietezza dello spirito pubblico. E questa situazione non migliorò durante il 1919 : essa divenne anzi più grave nel corso dell'anno, prima di giungere alle elezioni della nuova Camera. La nuova legislatura con i suoi 156 deputati socialisti e 101 deputati popolari significò la rivincita sul
«maggio radioso».
Le forze
dell'interventismo furono battute: la lista di Mussolini ebbe a Milano una
votazione miserevole. Quale fu la prima manifestazione della nuova Camera? I
156 deputati socialisti quando il Re entrò nell’aula di Montecitorio per
leggere il discorso della Corona, intonarono l’inno Bandiera Rossa. Verrà
un giorno in cui quegli stessi socialisti invocheranno dall’autorità dello
Stato a difesa della legalità, ma essi dimenticavano che, in quel tempo,
avevano deliberatamente offeso il più alto rappresentante della legalità. Era
questo lo spirito nuovo della guerra e della vittoria? Una grande quantità
di italiani non accolse, non si riconobbe in quello spirito e, purtroppo, andò
ad ingrossare le file del fascismo. Gli anni 1919 e 1920 furono in Italia gli
anni del socialismo, diun socialismo aggressivo violento e barricadiero ove gli
antichi intellettuali di non dubbia fede, ma di tendenza democratica e
riformista, Turati e Treves, rimanevano in minoranza. Quel socialismo non era
abbastanza forte e abbastanza duttile per tentare l'esperienza di Governo con
una concentrazione della sinistra, ma era abbastanza forte per impedire di
governare.
Era
questo lo spirito nuovo della guerra e della vittoria? Una grande quantità di
italiani non accolse, non si riconobbe in quello spirito e, purtroppo,
andò ad ingrossare le file del fascismo. Gli anni 1919 e 1920 furono in Italia
gli anni del socialismo, di un socialismo aggressivo violento e barricadiero
ove gli antichi intellettuali di non dubbia fede, ma di tendenza democratica e
riformista, Turati e Treves, rimanevano in minoranza. Quel socialismo non
era abbastanza forte e abbastanza duttile per tentare l’esperienza di Governo
con una concentrazione della sinistra, ma era abbastanza forte per impedire di
governare.
Gli
scioperi industriali, gli scioperi agrari, le occupazioni delle terre, gli
scioperi dei servizi pubblici resero difficile la vita economica e la vita
cittadina. Nel settembre 1920 si verificò, con Giolitti, succeduto da qualche
mese a Nitti, l’occupazione delle fabbriche. Migliaia di comuni e decine
di provincie ebbero delle amministrazioni socialiste che da quei ridotti
cercarono di combattere lo Stato e la Monarchia. Sotto la pressione di bande
ribelli e in seguito ad un ammutinamento dei bersaglieri ad Ancona, Giolitti
dovette decidere l’abbandono dell’Albania che era costata tanto sangue e denaro
italiano.
Il
socialismo non assunse la responsabilità del potere né da
solo né tentando una coalizione delle sinistre. I popolari resero
impossibile il successivo governo di Bonomi perché pretesero che i
loro Ministri obbedissero agli ordini della Segreteria del Partito. L’unità del
Governo fu quindi rotta: per ogni provvedimento, anche i più modesti, si
richiedevano infiniti patteggiamenti e numerose riunioni e infinite
discussioni.
Anche i
popolari si trovarono, dopo, a dover difendere il Parlamento e la legalità
senza però rimediare al danno recato all'uno e all’altra con i loro disegni e
le loro manovre di parte. Alla fine del 1920 fu chiaro a tutti gli italiani che
se si voleva un'industria ordinata, un’agricoltura produttiva, dei servizi
politici che funzionassero e un minimo di ordine e di rispetto della legge
bisognava fare qualche cosa e farlo senza indugio.
Così
malauguratamente, il fascismo vide rafforzare le proprie formazioni. Non fu
certo la «reazione monarchica» ad armare il fascismo che era allora
tendenzialmente repubblicano e indeboliva lo Stato quanto e più d'ogni altro
movimento politico. Vecchi e nuovi agitatori come i Rossoni, i Farinacci, i
Balbo, i Razza, oltre Mussolini, erano repubblicani quanto e più dei
socialisti. Questo fascismo era fenomeno antico e nuovo. Aveva aspetti del
nostro Rinascimento per gli accesi odii di fazione e di comune; aveva aspetti
del Risorgimento per alcuni ostentati simboli, per i suoi riti, per le sue
camicie nere che ricordavano quelle rosse.
I
socialisti e i comunisti usano descrivere il fascismo come strumento della
reazione agraria e capitalistica. È questa una interpretazione che pecca di
astrattezza per essere ricavata dai canoni del materialismo storico. Riportiamo
qui di seguito due interpretazioni del movimento che, pur dovute a due tra i
massimi esponenti dell’antifascismo, ci sembrano assai più obiettive e
concrete.
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