In Germania il movimento
nazionalsocialista non ha trovato una monarchia, ma una repubblica presieduta
dal vecchio maresciallo Hindenburg. Per Hitler è stato un giuoco da fanciullo
trasformare la Repubblica democratica di Weimar nello Stato nazionalsocialista.
E in che modo la monarchia jugoslava ha potuto oggi sostenere l'urto del
movimento di Tito? In che modo la repubblica polacca poté sostenere a suo tempo
l'attacco dei legionari di Pilsudski? Non era questi il vero capo dello Stato?
Noi abbiamo vissuto un'epoca sconvolta ed eccezionale di Moti, di rivoluzioni,
di colpi di stato che hanno sconvolto tutto il Continente. Caddero dapprima i
tre vecchi Imperi che un secolo prima, nel 1815, avevano costituito la Santa
Alleanza; si sgretolò l'Impero turco e decadde il Califfato sotto l'urto di una
rivoluzione nazionale. Sorsero dittatori in Spagna e nel Portogallo: nuove
dittature a Belgrado, ad Atene; a Budapest. A Madrid una prima dittatura
decadde e trascinò con sé, come oggi si vorrebbe fare, in Italia la Monarchia.
Ma cosa avvenne? Si sostituì alla monarchia di Alfonso XIII una repubblica
democratica? No: si slittò fatalmente a sinistra: dalla repubblica temperata di
A. Zamora si precipitò a quella rossa di Azana e poi ancora più a sinistra con
accentuazione scarlatta che è inutile ricordare. E si provocò naturalmente la
reazione falangista. È vano sperare che i popoli possano tornare alla normalità
e all'equilibrio dei poteri, accendendo deliri bellicosi nelle folle e
provocando nel corpo sociale delle temperature altissime. Vi sono, si dice, le
responsabilità della dichiarazione di guerra e della guerra perduta. Senza
dubbio, e Re Carlo Alberto, dopo Novara, seppe trarsi da parte. Ma nessuno
discuteva allora, in Piemonte, la tranquilla successione della monarchia. Re
Vittorio deve preoccuparsi della continuità dello Stato perché quegli stessi
che domandano il suo ritiro, respingono la successione del figlio. La
repubblica non può continuare lo Stato italiano nato dal Risorgimento. Essa
coincide con un moto di disgregazione nazionale e di accentuati• separatismi.
Essa coincide con la duplice invasione straniera. Essa risponde allo spirito
vendicativo di Mussolini e allo - stesso spirito di vendetta dei. fuorusciti:
di Sforza o Nenni, Lussu o Pacciardi, Togliatti o Grieco. Nata dalla-disfatta e
dall'intrigo straniero dei vari La Guardia o Cecil Sprigge, essa aprirebbe,
come quella spagnola del 193r, una serie di moti sanguinosi e crudeli di cui
nessuno può prevedere l'intensità e lo sviluppo.
Gli ultimi trenta anni della
vita europea (1917-1945) sono stati dominati dal mito delle masse; mito che trascorrendo
da oriente a occidente ha turbato, sconvolto e distrutto l'ordine degli Stati
europei. Dicono i pensatori e gli agitatori che, per intenderci, chiameremo di
sinistra, che questo è l'ordine naturale delle cose, è il logico trapasso dal
governo del terzo stato a quello del quarto stato e che tutto ciò seguita la
benefica evoluzione dell'altro secolo. Qui appunto risiede l'errore. Nella
storia dello spirito umano si può notare un progresso indefinito in senso assoluto,
ma non in senso relativo. Vi sono improvvise cadute, e regressi, e involuzioni
assai gravi. Il mito dominante delle masse ha prodotto questa paurosa frana
nella storia della civiltà umana dalla quale noi cerchiamo faticosamente di
sbrogliare il passo per riprendere l'interrotto cammino. E innanzi tutto il
mito delle masse ha provocato le rivoluzioni e le reazioni che concordemente
hanno abolito l'antico ordine parlamentare opponendo le masse alla borghesia di
governo. È un movimento unico, non sono movimenti diversi. Tutte le rivoluzioni
contemporanee sono delle rioluzioni di sinistra L'unica che possa evitare
questa definizione è quella di Salazar in Portogallo ed è la sola saggia,
ordinata e pacifica. Il fascismo, il nazionalismo, il bolscevismo costituiscono
un solo fenomeno che in luoghi, climi e circostanze diverse si manifesta con
forme a volte eguali a volte contrastanti. Ma essi obbediscono allo stesso
impulso e alla stessa legge della massa contro la categoria, della tecnica contro lo spirito, dello Stato
contro l'individuo; della tirannia contro la libertà; della violenza contro la
ragione. E una sola tempesta, un solo turbine che scuote la percossa umanità da
trent'anni e ancora non trova pace, ancora semina rovine e stragi (si veda ad
Atene e a Belgrado) che generano nuovo disordine e nuovo sangue.
Lenin, Stalin, Trotskij sono
uomini di sinistra, congiurati ed espatriati come i Mussolini, gli Hitler, gli
Strasser, i Pilsudski, i Rossoni, i Farinacei (noi elenchiamo, non
confrontiamo), i Nenni, i Togliatti. Nessuno di essi dice più popolo, come diceva
Mazzini, ma tutti dicono massa; tutti pensano di adoperare questa massa contro
l'ordine esistente per distruggerlo e per divenire padroni delle sue rovine.
Tutto ciò, si dirà, è la storia e nessuno può pensare di contrastarne il corso.
p noi diremo che, sì, è forse storia, ma essa non procede concorde con lo
spirito umano, non si accompagna can i trionfi della libertà. Della libertà
anzi fa strame, la libertà soffoca e distrugge e perciò essa è l'Antistoria come
Croce ha rivelato nelle pagine superbe della sua, Storia d'Europa.
Ed ora concludiamo: l'Italia
non può tornare a vivere e a progredire come nazione unita se essa non tenta di
ristabilire l'ordine parlamentare e costituzionale con cui ha coronato il suo
Risorgimento. La Monarchia non ha tradito il popolo, ma il fascismo ha tradito
il popolo e la Monarchia. La repubblica in Italia non ha tradizioni unitarie.
Essa è municipale per intima e organica derivazione. Non appena si è parlato di
repubblica si sono pronunciati gli accesi separatismi delle isole e i movimenti
regionali e le gelosie municipali che hanno portato i milanesi a cancellare Via
Roma dalla toponomastica cittadina. Episodi; indizi incerti, ma significativi.
È possibile che la Monarchia, sorretta da una costituzione rammodernata e
ammaestrata. dalla lezione cocente della storia, ricostituisca e mantenga
l'equilibrio dei poteri; ma non è possibile che una repubblica di parte, di
colore, stimolata e diretta come è logico, dai suoi più accesi e numerosi
sostenitori, ricostituisca un tale equilibrio. La giustizia eccezionale che
imperversa nel paese da diciotto mesi con l'abbandono dei più saldi e
tradizionali istituti giuridici, la proposta socialista di concedere il premio
di maggioranza al partito o alla coalizione vincente nelle elezioni
(esattamente come disponeva la deplorata legge Acerbo nel 1923): queste
anticipazioni e molte altre che tralasciamo fanno prevedere il carattere
fazioso della repubblica che si minaccia. Il minimo che noi possiamo dire nel
presente è che essa non darà né pace civile, né libertà, né ordinato progresso
agli italiani.
Alle ragioni interne di questo nostro
pensiero si aggiungano le ragioni esterne. L'Italia non è tornata ancora a far
parte del concerto europeo che esisteva al tempo del Congresso di Vienna e del
Congresso di Berlino e ancora al Congresso di Parigi. Noi non sappiamo, oggi,
se un tale concerto si potrà ricostituire. Per ora l'Europa è divisa in due
opposte zone di influenza; la zona sovietica e la zona anglosassone. Una
repubblica incoraggerebbe l'azione russa già così minacciosa per tutti e
così contraria al nostro interesse nazionale gravemente compromesso alla
frontiera orientale per l'iniziativa di uno
Stato satellite di Mosca. Dato l'inevitabile slittamento a sinistra
della repubblica, quale interesse noi abbiamo a contrastare la politica
anglosassone nell'Europa occidentale? Non
attendiamo quindi le macchine, le
materie prime per le industrie, i crediti, il grano, il cotone, la lana dai
paesi anglosassoni? Non ci domandano invece russi e jugoslavi
riparazioni in macchine e in materie prime? E il soddisfare queste esigenze
non porterebbe il paese alla disperazione e il popolo alla più nera miseria per molti anni? Si ripete che è
il popolo che vuole la repubblica. Ma è quello stesso popolo che acclamava
Mussolini. Non è delitto eccitare la fantasia e risvegliare gli istinti di
rapina e di violenza delle folle per poi farsi forti di tali esplosioni delle
masse? Ammoniva già Guicciardini nei suoi Ricordi politici e civili: «Chi
disse popolo disse veramente uno pazzo, perché è uno mostro pieno di confusione
e di errori e le sue vane opinioni sono tanto lontane dalla verità, quanto è,
secondo Tolomeo; la Spagna dalla India ».
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