NON VI E' DUBBIO CHE UNA NAZIONE PASSATA DA UN REGIME MONARCHICO AD UN REGIME REPUBBLICANO SIA UNA NAZIONE «DECLASSATA», E CIÒ NON PUÒ NON ESSERE AVVERTITO DA CHIUNQUE ABBIA UNA SENSIBILITÀ PER VALORI I QUALI, PER ESSERE SOTTILI E IMMATERIALI, NON PER QUESTO SONO MENO REALI.

sabato 27 marzo 2021

Io difendo la Monarchia cap X - 7

 


In Germania il movimento nazionalsocialista non ha trovato una monarchia, ma una repubblica presieduta dal vecchio maresciallo Hindenburg. Per Hitler è stato un giuoco da fanciullo trasformare la Repubblica democratica di Weimar nello Stato nazionalsocialista. E in che modo la monarchia jugoslava ha potuto oggi sostenere l'urto del movimento di Tito? In che modo la repubblica polacca poté sostenere a suo tempo l'attacco dei legionari di Pilsudski? Non era questi il vero capo dello Stato? Noi abbiamo vissuto un'epoca sconvolta ed eccezionale di Moti, di rivoluzioni, di colpi di stato che hanno sconvolto tutto il Continente. Caddero dapprima i tre vecchi Imperi che un secolo prima, nel 1815, avevano costituito la Santa Alleanza; si sgretolò l'Impero turco e decadde il Califfato sotto l'urto di una rivoluzione nazionale. Sorsero dittatori in Spagna e nel Portogallo: nuove dittature a Belgrado, ad Atene; a Budapest. A Madrid una prima dittatura decadde e trascinò con sé, come oggi si vorrebbe fare, in Italia la Monarchia. Ma cosa avvenne? Si sostituì alla monarchia di Alfonso XIII una repubblica democratica? No: si slittò fatalmente a sinistra: dalla repubblica temperata di A. Zamora si precipitò a quella rossa di Azana e poi ancora più a sinistra con accentuazione scarlatta che è inutile ricordare. E si provocò naturalmente la reazione falangista. È vano sperare che i popoli possano tornare alla normalità e all'equilibrio dei poteri, accendendo deliri bellicosi nelle folle e provocando nel corpo sociale delle temperature altissime. Vi sono, si dice, le responsabilità della dichiarazione di guerra e della guerra perduta. Senza dubbio, e Re Carlo Alberto, dopo Novara, seppe trarsi da parte. Ma nessuno discuteva allora, in Piemonte, la tranquilla successione della monarchia. Re Vittorio deve preoccuparsi della continuità dello Stato perché quegli stessi che domandano il suo ritiro, respingono la successione del figlio. La repubblica non può continuare lo Stato italiano nato dal Risorgimento. Essa coincide con un moto di disgregazione nazionale e di accentuati• separatismi. Essa coincide con la duplice invasione straniera. Essa risponde allo spirito vendicativo di Mussolini e allo - stesso spirito di vendetta dei. fuorusciti: di Sforza o Nenni, Lussu o Pacciardi, Togliatti o Grieco. Nata dalla-disfatta e dall'intrigo straniero dei vari La Guardia o Cecil Sprigge, essa aprirebbe, come quella spagnola del 193r, una serie di moti sanguinosi e crudeli di cui nessuno può prevedere l'intensità e lo sviluppo.

Gli ultimi trenta anni della vita europea (1917-1945) sono stati dominati dal mito delle masse; mito che trascorrendo da oriente a occidente ha turbato, sconvolto e distrutto l'ordine degli Stati europei. Dicono i pensatori e gli agitatori che, per intenderci, chiameremo di sinistra, che questo è l'ordine naturale delle cose, è il logico trapasso dal governo del terzo stato a quello del quarto stato e che tutto ciò seguita la benefica evoluzione dell'altro secolo. Qui appunto risiede l'errore. Nella storia dello spirito umano si può notare un progresso indefinito in senso assoluto, ma non in senso relativo. Vi sono improvvise cadute, e regressi, e involuzioni assai gravi. Il mito dominante delle masse ha prodotto questa paurosa frana nella storia della civiltà umana dalla quale noi cerchiamo faticosamente di sbrogliare il passo per riprendere l'interrotto cammino. E innanzi tutto il mito delle masse ha provocato le rivoluzioni e le reazioni che concordemente hanno abolito l'antico ordine parlamentare opponendo le masse alla borghesia di governo. È un movimento unico, non sono movimenti diversi. Tutte le rivoluzioni contemporanee sono delle rioluzioni di sinistra L'unica che possa evitare questa definizione è quella di Salazar in Portogallo ed è la sola saggia, ordinata e pacifica. Il fascismo, il nazionalismo, il bolscevismo costituiscono un solo fenomeno che in luoghi, climi e circostanze diverse si manifesta con forme a volte eguali a volte contrastanti. Ma essi obbediscono allo stesso impulso e alla stessa legge della massa contro la categoria, della tecnica contro lo spirito, dello Stato contro l'individuo; della tirannia contro la libertà; della violenza contro la ragione. E una sola tempesta, un solo turbine che scuote la percossa umanità da trent'anni e ancora non trova pace, ancora semina rovine e stragi (si veda ad Atene e a Belgrado) che generano nuovo disordine e nuovo sangue.

Lenin, Stalin, Trotskij sono uomini di sinistra, congiurati ed espatriati come i Mussolini, gli Hitler, gli Strasser, i Pilsudski, i Rossoni, i Farinacei (noi elenchiamo, non confrontiamo), i Nenni, i Togliatti. Nessuno di essi dice più popolo, come diceva Mazzini, ma tutti dicono massa; tutti pensano di adoperare questa massa contro l'ordine esistente per distruggerlo e per divenire padroni delle sue rovine. Tutto ciò, si dirà, è la storia e nessuno può pensare di contrastarne il corso. p noi diremo che, sì, è forse storia, ma essa non procede concorde con lo spirito umano, non si accompagna can i trionfi della libertà. Della libertà anzi fa strame, la libertà soffoca e distrugge e perciò essa è l'Antistoria come Croce ha rivelato nelle pagine superbe della sua, Storia d'Europa.

Ed ora concludiamo: l'Italia non può tornare a vivere e a progredire come nazione unita se essa non tenta di ristabilire l'ordine parlamentare e costituzionale con cui ha coronato il suo Risorgimento. La Monarchia non ha tradito il popolo, ma il fascismo ha tradito il popolo e la Monarchia. La repubblica in Italia non ha tradizioni unitarie. Essa è municipale per intima e organica derivazione. Non appena si è parlato di repubblica si sono pronunciati gli accesi separatismi delle isole e i movimenti regionali e le gelosie municipali che hanno portato i milanesi a cancellare Via Roma dalla toponomastica cittadina. Episodi; indizi incerti, ma significativi. È possibile che la Monarchia, sorretta da una costituzione rammodernata e ammaestrata. dalla lezione cocente della storia, ricostituisca e mantenga l'equilibrio dei poteri; ma non è possibile che una repubblica di parte, di colore, stimolata e diretta come è logico, dai suoi più accesi e numerosi sostenitori, ricostituisca un tale equilibrio. La giustizia eccezionale che imperversa nel paese da diciotto mesi con l'abbandono dei più saldi e tradizionali istituti giuridici, la proposta socialista di concedere il premio di maggioranza al partito o alla coalizione vincente nelle elezioni (esattamente come disponeva la deplorata legge Acerbo nel 1923): queste anticipazioni e molte altre che tralasciamo fanno prevedere il carattere fazioso della repubblica che si minaccia. Il minimo che noi possiamo dire nel presente è che essa non darà né pace civile, né libertà, né ordinato progresso agli italiani.

Alle ragioni interne di questo nostro pensiero si aggiungano le ragioni esterne. L'Italia non è tornata an­cora a far parte del concerto europeo che esisteva al tempo del Congresso di Vienna e del Congresso di Ber­lino e ancora al Congresso di Parigi. Noi non sappiamo, oggi, se un tale concerto si potrà ricostituire. Per ora l'Europa è divisa in due opposte zone di influenza; la zona sovietica e la zona anglosassone. Una repubblica incoraggerebbe l'azione russa già così minacciosa per tutti e così contraria al nostro interesse nazionale gra­vemente compromesso alla frontiera orientale per l'iniziativa di uno Stato satellite di Mosca. Dato l'inevitabile slittamento a sinistra della repubblica, quale inte­resse noi abbiamo a contrastare la politica anglosassone nell'Europa occidentale? Non attendiamo quindi le macchine, le materie prime per le industrie, i crediti, il grano, il cotone, la lana dai paesi anglosassoni? Non ci domandano invece russi e jugoslavi riparazioni in mac­chine e in materie prime? E il soddisfare queste esigenze non porterebbe il paese alla disperazione e il popolo alla più nera miseria per molti anni? Si ripete che è il po­polo che vuole la repubblica. Ma è quello stesso popolo che acclamava Mussolini. Non è delitto eccitare la fan­tasia e risvegliare gli istinti di rapina e di violenza delle folle per poi farsi forti di tali esplosioni delle masse? Ammoniva già Guicciardini nei suoi Ricordi politici e civili: «Chi disse popolo disse veramente uno pazzo, perché è uno mostro pieno di confusione e di errori e le sue vane opinioni sono tanto lontane dalla verità, quanto è, secondo Tolomeo; la Spagna dalla India ».


Nessun commento:

Posta un commento