NON VI E' DUBBIO CHE UNA NAZIONE PASSATA DA UN REGIME MONARCHICO AD UN REGIME REPUBBLICANO SIA UNA NAZIONE «DECLASSATA», E CIÒ NON PUÒ NON ESSERE AVVERTITO DA CHIUNQUE ABBIA UNA SENSIBILITÀ PER VALORI I QUALI, PER ESSERE SOTTILI E IMMATERIALI, NON PER QUESTO SONO MENO REALI.

mercoledì 3 marzo 2021

Il libro azzurro sul referendum - XXI cap - 3

 


III. - Autocritica di un elaborato critico

Stabiliti i criteri da seguire, ho compiuta una prima analisi dei risultati del Referendum, sulla base dei dati comunicati alla stampa dal Ministero dell'Interno, in data 7 giugno 1946, riassumendone deduzioni e rilievi in una «memoria» che aveva il precipuo scopo di richiamare l'attenzione sulle appariscenti incongruenze dei «dati» ministeriali.

Infatti vi ponevo in evidenza che 28.000.000 di elettori erano indubbiamente eccessivi allorché il 60% di una popolazione, calcolata aggirarsi sui 43 milioni - essendone escluse le Provincie di Bolzano e della Venezia Giulia - •denunciava una cifra di elettori non superiore ai 25.800.000; rilevavo che da questa cifra di elettori occorreva dedurre il numero degli elettori esclusi di diritto o di fatto, per varie cause normali o arbitrarie, dall'esercizio del voto, cosicché avendoli calcolati con un calcolo presuntivo sommare complessivamente dai tre ai tre milioni e trecentomila, la cifra di elettori in possesso legittimo di certificato elettorale doveva ridursi a 22.500.000; osservavo che questa cifra doveva ulteriormente ridursi di un 10% per arrivare a stabilire il numero dei votanti, che risultarono conseguentemente aggirarsi sui 20 milioni, e notavo che diventava inspiegabile come i dati ministeriali denunciassero 23.500.000 voti validi per il «referendum», ai quali dovendosi aggiungere almeno un milione di voti nulli, i «votanti» avrebbero sommato a 24.500.000, cifra evidentemente incredibile di fronte agli stessi 25.800.000 elettori «teorici» di cui avrebbe rappresentato il 95%, e sbalorditiva di fronte ai 22.500.000 elettori «probabili», fatte le deduzioni degli esclusi, ed ai 20 milioni di votanti probabili. Concludevo che se le cifre ministeriali erano vere, occorreva supporre che tre milioni e mezzo o quattro milioni di elettori «non muniti di certificato elettorale» avessero votato «per interposta persona».

Debbo però confessare che in quella prima «memoria» ero incorso in un errore materiale, in quanto, avendo calcolato separatamente per ciascuno dei periodi 1936-1940 e 1941-1945 le cifre di probabile accrescimento della popolazione, allorché per il periodo bellico 1941-1945 ho calcolato la cifra di probabile «diminuzione naturale» mi è accaduto, nella operazione aritmetica riepilogativa, di omettere per una svista la correlativa cifra di accrescimento. Il calcolo rettificato, dovendosi tener conto in diminuzione anche dei morti in zona di operazione, valutati oltre 500.000, avrebbe elevato la cifra di popolazione a circa 44.300.000, e la corrispondente popolazione elettorale a circa 26.580.000. Correlativamente si sarebbero modificate le altre cifre per valori da seicento a settecentomila, compensati in parte da circa mezzo milione di voti nulli in più di quelli da me presupposti sulla base dei risultati di elezioni precedenti: senza peraltro modificare la sostanza dei miei rilievi.

Il 13 giugno 1946, il Ministro dell'Interno aveva comunicati i «suoi» dati «ufficiali» per il «referendum»: voti validi 23.361.772, votanti 24.887.300. Nel frattempo, mi era riuscito di trovare una pubblicazione che pareva divenuta clandestina: il Bollettino Mensile dell'Istituto Centrale di Statistica, da cui rilevai che la popolazione del Regno era «valutata» alla data del io luglio 1943 in 45.681.000, e quindi 44.373 .449 deducendone le Provincie di Bolzano e della Venezia Giulia.

Ne elaborai nuovi «rilievi» che sostanzialmente confermavano i precedenti, ponendosi in evidenza che, pur considerandosi elevata a 26.700.000 la cifra della «popolazione elettorale», le differenze risultanti incidevano minimamente sulle primitive deduzioni.

        Alla fine, la sera del 18 giugno 1946, la Suprema Corte di Cassazione comunicava - senza alcuna «proclamazione» quale era prevista dalla legge, e che doveva fondarsi sul presupposto di risultati indubbi — le somme filiali delle votazioni per il «referendum» : Repubblica voti validi 12.717.923; Monarchia : voti validi 10:719.284. Totale voti validi, 23.437.207. Voti nulli, 1.498.136. Totale votanti, 24.935.343. La sera stessa, il Ministro dell'Interno annunciava: Elettori inscritti, 28.021.375. Votanti, l'89%.

Poiché la cifra che avevo definito «cervellotica» era ufficialmente consacrata, elaborai un ulteriore commento ai miei precedenti rilievi statistici per illustrare la «falsità» di quella cifra — che naturalmente l'Istituto Centrale di Statistica aveva il dovere di accettare ad occhi chiusi - di fronte alla irrealtà di correlativi 46.700.000 abitanti, contraddetta dal dato di popolazione al 10luglio 1943 calcolato dall'Istituto Centrale di Statistica in circa 44.500.000 a cui non potevano corrispondere più di 26.700.000 «legittimi» elettori.

Le mie considerazioni conseguenti concludevano col prospettare la probabilità di una cifra effettiva di votanti non superiore ai 22.500.000; il che induceva a considerare a esuberanti o 2.500.000 voti, sui 25 milioni circa di votanti ufficialmente comunicati.

Evidentemente soltanto carattere polemico poteva avere, ed aveva, la supposizione di una «ricostruzione dei risultati» che, ipotizzando l'attribuibilità alla Monarchia del milione e mezzo di voti nulli, e la sottraibilità alla Repubblica dei due milioni e mezzo di voti «esuberanti», induceva, per un facile giuoco aritmetico, all'esatto capovolgimento dei risultati ufficiali.

La finalità serena, il risultato obiettivo di quei miei «Rilievi», erano tuttavia espressi dalle parole conclusive di quel mio studio: volte ad affermare che i risultati del Referendum comunque, lasciano i soccombenti fautori della Monarchia, logicamente dubbiosi e insoddisfatti i fautori della Repubblica.

E concludevo osservando: «Sull'incertezza e il sospetto non può ovviamente reggersi un Regime che comunque la stragrande maggioranza degli Italiani avverte nato da una consultazione popolare insincera se non pur viziata da una preordinata frode. Ragioni morali e di onestà politica esigono che ogni incertezza sia sanata, ogni dubbio eliminato; e ciò non può conseguirsi se non col ripetersi del «referendum», in un clima di pacificazione degli animi, con la partecipazione indiscriminata di tutti i cittadini, con ogni e più ampia garanzia di libertà di propaganda, e di voto».

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