Non si equivalgono allo stesso
modo una Monarchia costituzionale e una repubblica giacobina o socialista o
comunista per la elementare ragione che quest'ultima repubblica tende alla
dittatura di una parte, il proletariato, e quindi al partito unico e alla
dittatura permanente. Quando il sig. Nenni dice che la Repubblica «sarà
socialista o non sarà», egli esclude che possa essere democratica o
parlamentare. È allora evidente che la repubblica giacobina del signor Nenni
rispetterà le libertà individuali e le garanzie parlamentari, a quel modo che
la recente legislazione dei Comitati di liberazione nazionale e i sistemi da
loro inaugurati e la storia di tutti i regimi giacobini possono far pensare.
Le intimazioni ai giornali del nord da parte di tali comitati, la pratica
dell'assassinio ad opera delle milizie di parte, la scomparsa e deportazione di
cittadini ai quali la polizia regolare e i carabinieri non hanno nessun
addebito da fare, i tumulti popolari, sorretti da schiere di armati e il
tentativo di risolvere tutti i problemi con l'impiego della forza, possono far
comprendere come una siffatta repubblica rispetterebbe i diritti del
Parlamento. E non parliamo della repubblica che sarebbe attuata dal comunismo
o da quella coalizione delle sinistre che troverebbe necessariamente la sua
direzione e l'iniziativa e la più rigorosa organizzazione e la milizia di
parte, nel comunismo. Da 28 anni questo partito ha strappato il potere in
Russia e lo regge con la dittatura permanente e con un sistema rigorosamente
totalitario.
Tutti i Metodi di polizia del
nazismo e del fascismo furono copiati da Mosca (la polizia politica, i campi di
concentramento, le esecuzioni sommarie, il colpo alla nuca, la fossa comune,
ecc.) e ora che il fascismo e il nazismo sono andati distrutti noi dovremmo
introdurre in Italia il loro modello? Ma ecco i liberali di sinistra, i
democristiani, i demolaburisti, gli azionisti sostenere che essi vogliono
attuare una repubblica parlamentare, una repubblica che chiameremo di destra
(1). In che modo?
Essi fanno parte di una
coalizione che riceve vigore, impulso, programmi, masse dai partiti socialista
e comunista. Questa coalizione in ogni città, in ogni villaggio, in ogni
azienda, in ogni ufficio, in ogni commissione si inchina a una sola decisione,
si affretta ad accogliere un solo parere, quello socialcomunista. In che modo
questa situazione potrebbe cambiare? La giustizia ordinaria e quella
straordinaria sono nelle mani del partito socialista e di quello comunista:
così l'epurazione che tormenta centinaia di migliaia di persone è nelle loro
mani. L'illegalità e l'ingiustizia di tali procedimenti sono evidenti e clamorose
(2).
Rimane a questo punto un
interrogativo. Perché le autorità di occupazione inglesi e americane che hanno
probabilmente compreso questa situazione, continuano a favorire, tenendola al
potere, una coalizione che non può avere altro sbocco logico che consegnare
l'Italia al socialcomunismo e cioè a quella Russia che i Governi di Londra e di
Washington devono fronteggiare già in condizioni di estremo sfavore, in
Polonia, in Austria, in Cecoslovacchia, in Romania, in Ungheria, in Bulgaria,
in Jugoslavia, nel Levante, nel Medio Oriente?
Ma supponiamo — per amor di
polemica — che si possa arrivare ad una repubblica parlamentare sul modello
francese. In che modo tale Repubblica potrebbe impedire lo slittamento verso la
dittatura quando un partito più forte d'ogni altro si impadronisse del potere?
I partiti in Italia, come
altra volta le fazioni, non si affidano ai soli dati razionali nella lotta
politica. Essi vi introducono la fantasia e il sentimento e le passioni delle
moltitudini, così da mutare il significato e i termini della contesa. A tale
impetuosa corrente non poté far fronte né il Parlamento nel 1919-1922, né la
Corona; né alcun altro istituto tradizionale: come potrebbe resistere una
repubblica che è usa a scegliere il suo Presidente tra uomini politici
rappresentativi dei partiti di governo?
(1) Nel settimanale L'Indice del 10
settembre 1945 veniva posto acutamente il problema in un articolo, dal titolo:
"La Repubblica di destra ": a Alcuni suggeritori di fiducia hanno
insinuato nelle mani dei nostri repubblicani di destra volumi ben rilegati e
brani di enciclopedie edite dall'alta borghesia francese, dai quali si apprende
senza eccessivo sforzo intellettuale che il celebre politico marsigliese A.
Thiers, dopo la disfatta della Francia a Sédan, provocata dalla follia
dittatoriale del terzo Napoleone,
riuscì a edificare sulle macerie imperiali una repubblica conservatrice
borghese, le cui forme diedero, si, ampia e sufficiente soddisfazione al
rivoluzionarismo generico del popolo, che non ne poteva più di avventure
militari; ma il cui contenuto diede amplissima e sufficientissima garanzia di
salvezza e di durata alla ricchezza francese, ricchezza che voleva;
sopravvivere a qualunque costo. La repubblica di Thiers è il modello dello
Stato oligarchico moderno, il cui comando viene trasmesso, di generazione in
generazione, ai rappresentanti di gruppi finanziari, industriali e
affaristici. Il sogno dell'oligarchia conservatrice capitalistica dell'Italia
del Nord è questo : facciamoci la nostra repubblica, e terremo il potere ben
più saldamente di quanto non ci sia stato concesso nei 50 anni di monarchia
costituzionale. Se Thiers riuscì a costruire rapidamente, con materiale
sostanzioso di destra, una repubblica la cui facciata era di sinistra, perchè
non dovrebbero pervenire al medesimo risultato i Parri e le banche, gli
Alber-tini e le industrie, i Carandini e gli agrari, i Tupini e i cattolici, i
Cingolani e l'ex aristocrazia nera, i Brosio e i professionisti piemontesi? I
nostri repubblicani di destra non hanno un Thiers, è vero, questo nei loro
conciliabili lo riconoscono : ma noi pensiamo francamente che manca loro, oltre
un Thiers, tantissima altra roba necessaria per imbastire, oggi in Italia, una
repubblica di destra con l'etichetta di sinistra. Manca quasi tutto ». E dopo
una dettagliata esposizione della nostra miseria l'A. continua : « Ed è con
questa miseria che i gruppi settentrionali, che trent'anni fa costituivano la
consorteria clerico-moderato-liberale lombarda, vogliono costruire ora una
repubblica di destra? Stolta illusione! La miseria è sostanza di sinistra,
rivoluzionaria, livellatrice, ugualitaria, atea, antiborghese, anticapitalista.
Se in Italia si fa la repubblica, si fa soltanto e necessariamente la
repubblica di Nenni e Togliatti. Non è vero che manca solo Thiers: o meglio
Thiers manca, non perché la borghesia italiana non lo dà„ ma perché mancano
completamente le condizioni e i presupposti che potrebbero generare un Thiers
italiano. Thiers fu l'espressione francese individuale e superficiale di una
realtà collettiva e profonda: la repubblica di Thiers fu la vera repubblica dei
francesi. La repubblica detta di destra, sarebbe la repubblica di alcune...
quasi sovrane famiglie, e dei loro più immediati accoliti di parentado, di
regione, di mentalità), di passato politico — e non sarebbe la repubblica di
nessun altro. La repubblica di Nenni sarebbe solo quella sognata dalle masse
ingannate; resterebbe la repubblica della povera gente rivoluzionaria per
fame. La repubblichina dell'ex Corriere della Sera si rivelerebbe
subito per un malinconico episodio effimero, solitario e prealpino, e avrebbe
un solo risultato veramente concreto, tangibile, non rimediabile, di lunga
durata: quello di distruggere lo Stato Monarchico, di privare l'Italia di
quella realtà, nazionale che si chiama ed è un trono che aveva in nome di Dio,
eccellenti prove storiche…
(2) Nella
rivista La civiltà cattolica del 1 settembre 1945 il padre gesuita Lener
scrive: «Vi sono, senza dubbio responsabilità specifiche di singoli individui
per azioni obbiettivamente considerate dal diritto comune come fonti, appunto
di responsabilità penale, politica, amministrativa. Questo è il terreno solido
su cui attuare una genuina e severa giustizia in modo che nessun disonesto,
nessun delinquente, nessun responsabile della folle dichiarazione di guerra,
se ancora ne sopravvivono, resti impunito, o peggio, stipendiato dallo Stato».
In un acuto studio sul "Diritto e politica nelle sanzioni contro il
fascismo" lo stesso Lener scrive: «...Se fosse vero che tutti o i
principali esponenti del regime furono ladri omicidi, concussori e via dicendo,
non si comprende per qual motivo sfasi ritenuto necessario per colpirli,
ricorrere a disposizioni eccezionali, a nome mai udite come quelle che li
puniscono appunto non in quanto delinquenti, ma membri del patrio governo o
attivamente partecipi alla vita politica di un partito che costituì l'unica
attività politica possibile in Italia per oltre venti anni! ».
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