di Emilio Del Bel Belluz
I giorni, che Carnera aveva a
disposizione prima del suo terzo match contro Salvatore Ruggirello, non erano
molti. Bisognava incominciare subito la sua preparazione, il suo allenatore gli
aveva parlato come se fosse suo padre, gli aveva detto di non pensare che
all’incontro, di evitare qualsiasi distrazione, perché il prossimo match non
sarebbe stato facile. Paul aveva notato che Primo aveva bisogno di diventare
più agile sul ring, e di aumentare la massa muscolare. Carnera pensava al
momento in cui sarebbe risalito sul ring e, specialmente, ai cinquemila franchi
che avrebbe preso come borsa. La somma sarebbe stata spedita quasi interamente
alla madre, sapeva di farla felice, e di renderla più tranquilla per il futuro.
Il mattino dopo incominciarono gli allenamenti. Era l’inizio di ottobre, il
mese che a Carnera faceva pensare alla scuola e alla sua vecchia maestra che
gli aveva insegnato molte cose, ma soprattutto a diventare una persona leale e
disponibile. Portava sempre nel suo cuore la sua vecchia insegnante e ogni
tanto pregava per lei la sera, anche se non serviva, di sicuro era in paradiso
con il buon Dio. Il suo allenatore faticava a star dietro a Primo quando
correva e decise che avrebbe usato una bicicletta per poter stargli accanto.
Paul non era più giovane e i
combattimenti effettuati avevano fiaccato il suo fisico. Carnera in quel periodo era felice, perché
ogni giorno faceva colazione nel solito
bistrot, e sapeva d’aver conquistato la simpatia della cameriera. Gli aveva
riservato un tavolino, dove veniva preparata una colazione da campione. Questo
trattamento insospettì Paul che raccomandò al suo pupillo di non imbarcarsi in
storie sentimentali, l’avrebbero distratto, invece, Primo doveva mantenere la
massima concentrazione. Alla fine della giornata volle andare a trovare il vecchio prete, non
solo per pregare con lui, ma per sapere come aveva risolto il problema
dell’alloggio per l’ufficiale dello zar. Il curato fu felice di vedere Primo, e
senza che lui dicesse nulla, gli raccontò che aveva trovato una soluzione
definitiva: il vecchio ufficiale dello Zar era stato alloggiato in una stanza
vicino alla canonica che apparteneva alla chiesa e stava lavorando come
sacrestano. Con i soldi di Carnera gli aveva comprato alcuni abiti, da
sostituire agli stracci che indossava. La perpetua provvedeva a consegnargli a
pranzo e a cena una gavetta ricolma di cibo; era stato proprio l’ufficiale a
chiederle di usare quel contenitore, perché non voleva dimenticare come
mangiava nel periodo della guerra. Con la gavetta gli veniva consegnato anche del
pane e della frutta. L’uomo aveva in questo modo cambiato la sua vita,
finalmente, non doveva più dormire sotto le stelle, ma in una stanza riscaldata
e confortevole. Paul Journée aveva
sentito la conversazione e nel suo cuore di guerriero questa storia avevano
fatto breccia: il suo pupillo aveva un grande cuore. Lasciando la chiesa, dove
aveva pregato ancora una volta rivolgendosi alla Madonna, diede al curato
ancora dei soldi, e lo abbracciò con affetto. Furono dei giorni duri, alla
mattina gli piaceva correre lungo l’argine, la nebbia lo avvolgeva, quasi lo
proteggeva e lo consolava. Correva su un tappeto formato dalle foglie portate
dal vento, sentiva il profumo del fiume ed osservava i pescatori che ritiravano
le reti. Quando trovava qualche persona che lo salutava, gli sembrava, almeno
per un attimo, d’essere a Sequals, il paese del cuore. Pensava al piccolo mondo
che aveva lasciato: a sua madre che alla mattina faceva il pane, preparava il
cibo con quelle mani che avevano tanto lavorato, e ai fratelli che si alzavano
presto per sistemare gli animali nella stalla, e poi prendere la via dei campi.
Paul Journée in palestra lo aveva messo sotto pressione con una serie di
allenamenti che gli dovevano permettere di affrontare anche le dieci riprese,
perché sul ring non si vince sempre per KO come era successo all’inizio. Ogni giorno il suo allenatore vedeva che
faceva dei progressi, stava affinando la tecnica e si dimostrava un ottimo allievo di cui essere
soddisfatto. In palestra arrivavano sempre delle persone che volevano assistere
agli allenamenti, e rimanevano in silenzio, come se dovessero guardare una
proiezione di un film. Carnera non si sentiva affatto imbarazzato nell’essere
osservato, e gli sarebbe piaciuto
parlare con queste persone. Un giorno Primo ebbe una gradita sorpresa, venne a
trovarlo il suo amico del circo, il clown Antonio, a cui era cui era molto
affezionato. Questi entrato in palestra si era messo a urlare il nome di
Carnera, che richiamato dalle forti grida , si fermò e decise di fare una
pausa, contro la volontà di Paul Journée. Andò verso il suo amico e lo
abbracciò. Non lo vedeva da tanto tempo, e lo sollevò come un fuscello, sotto
lo sguardo stupito dei suoi amici pugili e del pubblico che erano accorsi per
vederlo. Tra coloro che stavano guardando gli allenamenti c’era un giornalista
con un fotografo che immortalò l’abbraccio tra i due amici. Il circo si era acquartierato proprio in
paese, e l’amico nano aveva letto dai giornali che il gigante si stava
allenando per preparare la sua nuova sfida, ed era corso, pertanto, da lui. Il
proprietario del circo gli aveva chiesto di salutargli il lottatore; da quando
non c’era più Carnera le cose non andavano più bene, il pubblico non era più
quello di una volta e la vita era diventata assai dura. Primo sentendo queste
cose si rattristò, perché lasciandoli li
aveva provocato un disagio economico. Carnera chiese al suo amico di scusarlo,
ma doveva riprendere gli allenamenti, promettendogli che si sarebbero rivisti.
Mentre lo accompagnava, gli chiese il permesso di donargli dei franchi, erano
un piccolo aiuto a un grande amico, con il quale aveva passato tanti giorni
nella speranza che qualcosa cambiasse.
Il nano lo ringraziò, e gli disse che il suo buon cuore non era
cambiato. L’indomani, la foto che aveva immortalato Carnera e l’amico del circo
fu nella prima pagina della gazzetta sportiva. Il giorno dopo Carnera ebbe la
felicità di vedere la sua foto sul giornale e leggere la storia di una grande amicizia, perché il
giornalista era stato a trovare il suo amico Antonio che gli aveva raccontato la loro storia.
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