di Cristina Siccardi
«Riportiamo in patria i Re d’Italia» titolava Corrispondenza Romana il 22 luglio 2015 (https://www.corrispondenzaromana.it/riportiamo-in-patria-gli-ultimi-re-ditalia/).
Infatti, dopo l’attentato al Consolato italiano in Egitto, Maria Gabriella di Savoia, da sempre fedele custode della memoria del suo Casato (nel 1986 creò la Fondazione Umberto II e Maria José di Savoia con lo scopo di conservare le collezioni di libri, miniature, disegni, fotografie, dipinti e stampe raccolti da Re Umberto II), fece un pubblico appello in una lettera inviata a Paolo Granzotto de «il Giornale», pubblicata il 16 luglio, con il titolo «Non lasciamo all’Isis la tomba del Re Soldato».
Dalla morte ad Alessandria d’Egitto di settant’anni fa di Vittorio Emanuele III (28 dicembre 1947) e dalla morte a Montpellier della Regina Elena (28 novembre 1952), molti hanno sperato, chi per legame familiare, chi per amore della monarchia, chi per pietà cristiana, che le salme dei Sovrani potessero trovare riposo e nella loro patria. Già da alcuni anni si parlava di richieste da parte dei discendenti Savoia e l’istanza di Maria Gabriella trovò già risposta affermativa nel 2013 con la dichiarata disponibilità del Vescovo di Mondovì dell’epoca, monsignor Luciano Pacomio, ad accogliere le salme nel Santuario Basilica della Natività di Maria Santissima a Vicoforte, in provincia di Cuneo.
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