NON VI E' DUBBIO CHE UNA NAZIONE PASSATA DA UN REGIME MONARCHICO AD UN REGIME REPUBBLICANO SIA UNA NAZIONE «DECLASSATA», E CIÒ NON PUÒ NON ESSERE AVVERTITO DA CHIUNQUE ABBIA UNA SENSIBILITÀ PER VALORI I QUALI, PER ESSERE SOTTILI E IMMATERIALI, NON PER QUESTO SONO MENO REALI.

mercoledì 21 febbraio 2018

Fascismo, vietato vietare





Alla cara presidentessa della Camera che grida contro le organizzazioni neofasciste (da sciogliere immediatamente) e fa risalire alla Costituzione tale dovere e parla di Repubblica nata dall'antifascismo, vorrei ricordare alcune cosette.
La Repubblica Italiana nasce il 2 giugno 1946 a seguito di un referendum istituzionale, che avrebbe anche potuto concludersi con una scelta a favore dei Savoia (sostenuti dagli Inglesi, notoriamente filomonarchici). Così non fu, ma per pochi voti. La scelta repubblicana fu maggioritaria, ma non di molto e – secondo il parere di molti storici accreditati – un buon numero di ex-repubblichini e dei loro familiari, in odio a Badoglio e a “Vittorietto”, colpevoli di aver tradito Mussolini, votarono contro la Monarchia.
Per chi non lo sapesse, nelle scuole e negli edifici pubblici, durante la Repubblica Sociale Italiana, il ritratti dei sovrani (Vittorio Emanuele III e della Regina Elena) furono bruciati, distrutti, calpestati e sostituiti da un ritratto dell’incolpevole Giuseppe Mazzini.
La “repubblica antifascista” nacque dunque con il concorso, se non determinante, molto incisivo degli ex-fascisti. Se infatti la Repubblica avesse vinto con un minimo scarto, le cose si sarebbero parecchio complicate.
Basterebbe ricordare che a Napoli vi fu una grande protesta contro i risultati elettorali (ritenuti “taroccati) e che in via Medina la polizia sparò contro i monarchici, causando morti e feriti.
Circa la nostra Costituzione, il divieto di ricostituzione del disciolto partito fascista è contenuto non nel testo vero e proprio della carta fondamentale, ma in una disposizione transitoria, così come lo era il divieto (poi abrogato) per i discendenti di Casa Savoia di rientrare in Italia.
Transitoria al punto che, per gli ex capi del fascismo, un’altra disposizione  prevedeva che gli ex capi fascisti non avrebbero potuto candidarsi per cinque anni, dopo i quali ogni divieto sarebbe venuto a cessare. Tant'è vero che numerosi ex gerarchi furono eletti nelle liste del MSI, partito di cui il vecchio PCI non propose mai lo scioglimento, perché i vecchi capi comunisti avevano un’intelligenza politica e una perspicacia sconosciute alla Boldrini e capivano che era meglio avere una forza “parlamentarizzata”, conosciuta e controllabile che non una miriade di associazioni illegali, pericolose e difficili da contrastare. Non a caso,infatti, il PCI votò contro la cosiddetta “legge Scelba”.
Salvina Bassi


I nostri complimenti alla Signora Bassi, che con rara capacità di sintesi ha riportato fatti del tutto dimenticati e ragionamenti che condividiamo in toto.

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