II parte
di Domenico Giglio
Testo della conferenza del 4 Febbraio 2018 per il Circolo Rex
I venti giorni
prima del referendum
Ritornando al Re dopo il 14 maggio
quando inviò un opportuno messaggio di saluto-agli italiani d’ America tramite il
diffuso giornale “Progresso Italo-Americano” diretto da Generoso Pope in modo che
gli stessi scrivessero ai loro parenti in Italia in favore del voto alla Monarchia
iniziarono il 18 le sue visite alle principali città italiane e caratteristica di
queste visite furono i messaggi inviati alla popolazione delle città dove si era
recato con riferimenti storici specifici per ciascuna di queste di cui il più significativo
fu quello di Genova dove si accennava ad un secondo referendum, qualora la maggioranza
eventualmente raggiunta dalla Monarchia fosse stata troppo esigua. Questa promessa
rientrava nella mentalità e sensibilità democratica del Re che riteneva che il nuovo
Regno dovesse basarsi su di un largo consenso popolare. Non si doveva infatti dimenticare
la precedente esperienza del Regno dopo il 1861 quando la Monarchia aveva saputo
lentamente attrarre nella sua orbita molti repubblicani per cui anche un modesto
risultato positivo nel 1946 poteva essere seguito da un successivo risultato migliore,
sia per il ravvedimento di molti che avevano votato repubblica per disinformazione
sia per il voto delle centinaia di migliaia di italiani che non avevano potuto votare
il 2 giugno e che mai successivamente furono-interpellati in ordine al problema
istituzionale. Ragion per cui anticipando i risultati ufficiali del voto referendario
del 1946 ( repubblica -voti 12.717.923; Monarchia – voti 10.719.284),tenendo conto
dei voti nulli ( 1.509.735) e di queste centinaia di migliaia di cittadini che non
potettero votare e che assommano ad oltre due milioni possiamo affermare serenamente
che la repubblica il cui vantaggio ufficiale sul numero complessivo dei votanti
( “4.946.942) già si era ridotto a soli-244.451 voti è stata scelta da una minoranza
degli italiani !
Oltre alle visite nelle principali
città italiane e- al ricevere al Quirinale tutti coloro che ne facevano
richiesta il primo atto di Umberto II, l ‘ 11 maggio era stata la richiesta usuale
nella tradizione monarchica all’avvento di un nuovo RE di un’ampia amnistia politica
militare ed amministrativa che facilitasse la pacificazione interna ma venne a cozzare
con la volontà del Guardasigilli che era appunto il leader comunista Palmiro Togliatti,
il quale frappose tutti i possibili ostacoli offrendo una ridicola amnistia che
a questo punto il Re logicamente rifiutò. Si aveva con questo episodio la conferma
che avendo subito la presenza nei due dicasteri principali Giustizia e Interni di
due repubblicani dichiarati la Monarchia era già condannata prima ancora del risultato
elettorale ! Per la storia ricordiamo che quell’ampia amnistia negata ad Umberto
II, fu poi predisposta e concessa, dopo il referendum dalla repubblica.
Come detto le visite iniziarono con la Sardegna
arrivando a Cagliari il 18 maggio di prima mattina, proseguendo, lungo la strada
intitolata a “Carlo Felice” - per Sassari ed Alghero, fermandosi brevemente anche
a Macomer per tornare nuovamente la sera a Cagliari accolto da una grande manifestazione
di entusiasmo popolare. Sia in queste sue prime visite sia in quelle successive
nulla avevano fatto le autorità prefettizie per dare notizia della visita alla popolazione
per cui il radunarsi delle folle fu sempre spontaneo. Nel caso della Sardegna si
deve ricordare anche l’interessamento del Re che volle visitare le zone colpite
da una impressionante invasione di cavallette -intrattenendosi con operai e gente
del luogo.
Dove però l’entusiasmo popolare
raggiunse il culmine fu l’indomani 19 maggio a Napoli dove Piazza del Plebiscito
non fu sufficiente a raccogliere la folla inneggiante al Re ed a Casa Savoia dimostrazione
di una fedeltà che portò dopo il referendum a pacifiche ma imponenti manifestazioni
monarchiche che la polizia riempita da Romita con esponenti provenienti da gruppi
partigiani-di sinistra stroncò nel sangue in quelle tragiche giornate che hanno
visto cadere arrossando con il loro sangue le strade di Napoli, undici giovani il
più giovane-, Carlo Russo, aveva 14 anni tra i quali era anche una donna l’unica
non napoletana ma milanese Ida Cavalieri di 19 anni passati alla storia come “
martiri di Via Medina”.
Bisognava però puntare al Nord
! Per due anni e più prima con i giornali “repubblichini”, poi con i giornali ciellenisti
il Re, Casa Savoia la Monarchia erano state oggetto di una campagna diffamatoria
condotta con una virulenza polemica alla quale solo dopo la Liberazione aveva potuto
cominciare ad opporsi-qualche voce monarchica con ad esempio il quotidiano “Corriere
Lombardo” diretto da Edgardo Sogno ed “Il mattino d’Italia”, che era praticamente
quello che l’ Italia Nuova aveva rappresentato a Roma e nel Mezzogiorno per cui
la presenza del nuovo Re rappresentava la prima importante riaffermazione che la
Monarchia ancora esisteva e non era cessata come la avevano definita gli avversari.
E la prima città dove recarsi il 22 maggio non poteva non essere per il Re, già
Principe di Piemonte che Torino capitale del Ducato di Savoia, poi Regno di Sardegna
ed infine Regno d’Italia. E di questi motivi storici - dinastici e risorgimentali
è composto il proclama lasciato dopo una giornata che aveva visto Umberto II, visitare
la-mensa per i poveri un asilo nido la Basilica di Superga e la “Consolata” e poi
ricevere centinaia di cittadini che appreso della presenza del Re volevano salutarlo,e
tra questi anche qualche comunista. Il Re che in questi viaggi era sempre accompagnato
tranne che a Genova dal Ministro Lucifero che serviva di collegamento con la autorità
dopo aver predisposto il programma delle visite non mancò mai di incontrare-le massime
autorità ecclesiastiche delle città visitate in molti casi Cardinali che specie
nelle città del Meridione propendevano per il mantenimento dell’ istituto monarchico
storicamente congeniale alle locali popolazioni.
Stanco della giornata torinese
o forse per rivedere il luogo dove era nato Umberto volle recarsi la mattina successiva
a Racconigi per poi rientrare a Roma dove lo attendevano altri visitatori tra cui
alcuni importanti industriali il che è significativo perché queste persone non si
erano fatte vive prima della sua ascesa al Trono come pure aveva ricevuto l’
omaggio dei Senatori del Regno. Questo soggiorno romano durò alcuni giorni che servivano
per gli incontri sopra citati- ed a Lucifero per gli ultimi tocchi della campagna
elettorale monarchica di cui aveva preso le redine da-alcune settimane e per definire
il messaggio che avrebbe letto alla Radio, dato che era rimasto insoddisfatto di
quanto preparato da collaboratori.
E la mattina del 28 il Re era
a Palermo dove fu oggetto di un’altra manifestazione delirante della folla-accorsa
stimata in 200.000 persone come giorni prima a Napoli. Poi visita a due ospedali
e forse per ricrearsi lo spirito una corsa a Monreale per rivedere l’eccezionale-mosaico
del Duomo. Poi a Trapani e l’indomani a Catania Messina sempre accolto da folle
numerose e plaudenti -attraversando lo Stretto su di una torpediniera della Regia
Marina, per raggiungere Reggio Calabria. E questo entusiasmo questa folla che si
stringeva fisicamente al suo Re portarono a strappi della giacca e della camicia,
come non era avvenuto né avvenne in seguito per tanti capi partito e per i presidenti
della repubblica.
La scadenza elettorale si avvicinava
e mancava nel calendario delle visite la più importante città del Nord Milano nonché
Genova e Venezia. Ed a Genova il 31 maggio il Re nel proclama prospettava un
secondo referendum come già scritto in precedenza. Proposta e promessa altamente
democratica che non ebbe alcun riscontro nei repubblicani che mai pensarono ad un
secondo referendum ad esempio per l’approvazione popolare della nuova Costituzione.
L’ indomani Milano e Venezia dove se vi furono applausi vi furono anche fischi che
erano scontati ma specie a Venezia dove il Re percorse-le calli in un motoscafo
vi furono maggiori manifestazioni di simpatia.
Avvicinandosi alla chiusura della
campagna elettorale il 24 maggio vide ancora una imponente manifestazione monarchica
al comizio in Piazza del Popolo che ebbe tra gli oratori il generale Bencivenga
che era stato il principale esponente della Resistenza a Roma dopo la cattura e
l’uccisione del colonnello Montezemolo.Folla che volle poi salire al Quirinale ostacolata
dalla Polizia, dove Romita come già detto aveva immesso migliaia di ex partigiani
social comunisti come documentò il quotidiano “Italia Nuova”, acclamando al Re che
si affacciò al balcone prima solo poi con la Regina ed i principini.
Chiuse infine-la campagna elettorale
per la Monarchia alla Radio il Ministro-Lucifero con un calmo e nobile discorso
ragionato ed obiettivo in cui venivano tratteggiate le linee di una moderna rinnovata
Monarchia sempre più aperta al popolo ed ai problemi sociali come del resto era-stata
la tradizione sabauda, ed anche il desiderio del Padre frustrato dall’atteggiamento
miope e controproducente dei socialisti incapaci di imboccare la strada del riformismo
e della collaborazione governativa come era accaduto in altri stati monarchici con
vantaggio delle classi lavoratrici.
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