Testo della conferenza del 4 Febbraio 2018 per il Circolo Rex
I parte
Premessa
La scomposta reazione dei ministri
repubblicani nel governo De Gasperi dei loro partiti e dei loro giornali alla notizia
il 9 maggio 1946 della abdicazione di Vittorio Emanuele III con accuse di “tradimento”
della “ultima fellonia dei Savoia” come intitolò l’ Unità della “rottura della “tregua
istituzionale” e simili dimostrano che la assunzione al trono del Principe Umberto
avrebbe senza dubbio giovato alla causa monarchica. E’ infatti ridicolo ed assurdo-che
coloro i quali due anni e più prima avevano richiesto pretestuosamente preteso intimato
l’abdicazione del RE, dallo stesso all’epoca giustamente respinta -la ritenessero
adesso una scorrettezza! E che l’abdicazione potesse giovare alla Monarchia fu anche
recepita dalla stampa estera come il caso del giornalista inglese Martin Moore che
sul “Daily Telegraph” scrisse:” La reazione della stampa di sinistra al momento
dell’abdicazione dimostra che quei partiti ne temono gli effetti”.
In realtà come lo stesso Umberto
ebbe a precisare nel suo messaggio di saluto agli italiani nulla cambiava in merito
alle sue prerogative ed agli impegni presi se non questa apparentemente ininfluente
modifica nelle Leggi e nei Decreti che gli stessi ora fossero firmati da Re e non
più dal Luogotenente anche se questo Re non lo era più “per grazia di Dio e volontà
della Nazione”. Era però la figura di Umberto a risaltare e ad assumere quel carisma
che storicamente accompagnava la figura dei Sovrani per cui da quel momento i monarchici
che ad esempio a Roma accorsero in folla ad acclamarlo in piazza del Quirinale potevano
gridare la loro convinzione che era anche una fede con le parole “Viva il Re”.
A questo punto viene spontanea
una domanda. Perché questo anziano Sovrano Vittorio Emanuele che aveva amato l’Italia
appassionatamente malgrado la sua apparente freddezza aveva tardato così tanto a
prendere la decisione della abdicazione? Il 5 giugno del 1944 con la istituzione
della Luogotenenza aveva rinunciato in via definitiva ed irrevocabile ai suoi poteri
costituzionali ma era pur sempre Re e la sua effigie era rimasta può sembrare banale
ma non lo era sui francobolli sulle marche da bollo e simili. L’Italia all’epoca
era ancora divisa dilaniata dalla guerra e Vittorio Emanuele era quello che ne aveva
indicato e promosso la strada della rinascita che voleva attendere come Re. Il 25
aprile o meglio ancora la successiva data della firma a Caserta della resa delle
truppe germaniche poteva essere una data possibile per una abdicazione ma grondava
ancora troppo sangue. Il successivo 29 luglio data della sua assunzione al Trono?
Allora il primo gennaio 1946 inizio dell’anno che avrebbe visto le elezioni ed il
referendum? Nel diario di Falcone Lucifero dobbiamo giungere alla data dell’8 marzo
1946, per trovare un accenno ad una possibile abdicazione che acquista concretezza
solo alla fine di aprile quando in data 22-aprile è lo stesso Principe Umberto a
comunicare riservatamente al Ministro della Real Casa che l’abdicazione sarebbe
avvenuta tra il 2 ed il 10 maggio. Nessuno -ha dato una motivazione di questo ritardo
per cui accettiamolo per quello che è stato, anche se il rilancio delle motivazioni
a favore del mantenimento della Monarchia avvenuto-dopo il 9 maggio ci fanno ragionevolmente
pensare che anche un solo mese in più di effettivo regno di Umberto avrebbe potuto
aumentare-ulteriormente i consensi rendendo più difficile od impossibili le manipolazioni
referendarie di Romita e le manovre nella magistratura di Togliatti.
Tutta la famiglia del nuovo Re
acquistava così il giusto risalto sintetizzato nel bellissimo ed unico manifesto
stampato per la Monarchia, con la foto della Famiglia Reale nei giardini del Quirinale
e Maria Josè come Regina acquisiva prestigio ed aumentava simpatie, ed a proposito
delle insinuazioni su un preteso “repubblicanesimo” della Regina solo perché il
successivo 2 giugno non volle ritirare la scheda per il “referendum” istituzionale
sempre nel diario di Lucifero, in data 22 aprile vi è la notizia di una festa di
beneficenza alla quale la Principessa aveva presenziato con i principini dove essendo
stata suonata la Marcia Reale Maria Josè esclamasse: “ Finalmente. Era tanto che
non la sentivo!”.
Inizio del Regno
Risolti i problemi giuridici
con De Gasperi si apriva un periodo di 20 giorni drammatici perché a questo punto
il nuovo Re, doveva assolutamente scendere in campo per difendere e riaffermare
il ruolo e la funzione della Monarchia e più precisamente di una Monarchia che rinnovasse
i valori con i quali si era affermata nella Italia del Risorgimento,
adeguandoli alle mutate condizioni storiche politiche e sociali. E se le giornate
quando era Luogotenente iniziavano prestissimo alle sei del mattino e si concludevano
oltre la mezzanotte per potere assolvere ai compiti istituzionale visitare i soldati
del Regio Esercito e le località via via liberate e ricevere infine tutte le persone
che facevano richiesta di incontrarlo adesso come Sovrano il tempo era ancor più
necessario a meno di un mese dalle elezioni che erano state irrimediabilmente fissate
per il 2 e 3 giugno data che non poteva essere più modificata anche se molti in
campo monarchico lo richiedevano. E così il 10 maggio primo giorno di Regno, i Reali
alle 7 della mattina ascoltarono la Santa Messa nella Cappella del Quirinale e successivamente
si affacciarono al balcone della Reggia per rispondere alle acclamazioni della folla
accorsa a festeggiarli e nello stesso giorno il Re indirizzava al popolo italiano
un nobile messaggio..
La modifica della originale legge
relativa alla Costituente, con il contemporaneo voto referendario, che oltretutto
ricordava i plebisciti che avevano sancito l’adesione degli abitanti dei precedenti
stati al Regno costituzionale di Vittorio Emanuele II e suoi successori, dava una
precisa motivazione ad una presenza personale del nuovo Sovrano che scendeva in
campo per difendere la sua Casa in quanto sulla scheda per la Monarchia il simbolo
scelto era stato lo stemma sabaudo, sormontato dalla Corona. Ben diverso sarebbe
stata la posizione del Re se si fossero tenute le sole elezioni per l’Assemblea
Costituente con liste partitiche dove non era presente un partito monarchico e quindi
qualsiasi suo intervento poteva sembrare una indicazione che avrebbe contrastato
con la posizione “super partes” tipica della istituzione monarchica.
Per il resto in quel periodo
l’attività legislativa fu molto ridotta se si eccettua il decreto istitutivo della
autonomia della Sicilia Regione a Statuto Speciale che veniva a concludere due anni
difficili in cui in Sicilia si era arrivati a chiedere l’indipendenza costituendo
addirittura un esercito l’EVIS con i suoi gradi e gerarchie e solo con una adeguato
contenimento da parte delle forze dell’ordine e dell’esercito la minaccia secessionistica
era stata sconfitta ma era appunto opportuno tenere conto di-queste richieste di
autonomia ed inserirle nel quadro unitario così da non metterlo più in discussione.
E di questo rinnovato spirito unitario fu testimonianza il successivo referendum
istituzionale che vide i siciliani votare a grandissima maggioranza per la Monarchia
Sabauda, con punte superiori all’ 80 per cento in diverse città a dimostrazione
che in uno stato monarchico le autonomie non avrebbero intaccato quella unità attuatasi
il 17 marzo 1861 con la proclamazione del Regno d’Italia e completata poi nel 1866
con il Veneto nel 1870 con Roma ed infine nel 1918 con Trento e Trieste raggiungendo
i confini storici e geografici.
-Fu pure significativa la nomina
di Luigi Einaudi monarchico a viso aperto già dall’anno precedente Governatore della
Banca d’Italia a Commissario dell’Istituto della grande Enciclopedia Treccani che
così poteva riprendere il suo cammino storico di vero monumento della cultura italiana.
Abbiamo accennato all’assenza
nella competizione elettorale di un partito monarchico anche se in realtà i due
maggiori raggruppamenti esistenti dal 1944 che si richiamavano alla Monarchia Sabauda
il Partito Democratico Italiano di Enzo Selvaggi e la Concentrazione Democratico
Liberale di Alberto Bergamini ed Alfredo Covelli avevano concluso un accordo elettorale
con il nome di Blocco Nazionale della Libertà e simbolo una “Stella a cinque punte”,
senza alcun riferimento visivo sabaudo presentandosi in quasi tutte le circoscrizioni.
In realtà per completezza di informazione vi furono alcune liste (Alleanza
Monarchica Italiana – voti 30.505; Movimento Democratico Monarchico Italiano –
voti 29.916 e Partito Patriottico Monarchico Rinnovatore - voti 11.102 ) con simboli
monarchicizzanti che raccolsero complessivamente - 71.523 i voti, disperdendoli
senza raggiungere il quorum per la elezione di un deputato per cui gli unici deputati
dichiaratamente monarchici quali esponenti di partiti o movimenti monarchici furono
i 16 del Blocco della Libertà che aveva avuto 636.489 voti anche se numerosi furono
purtroppo minoritari rispetto al totale dei “Costituenti”, altri deputati di convinzioni
monarchiche eletti nelle liste della Democrazia Cristiana e, particolarmente della
Unione Democratica Nazionale ( PLI + Democrazia del Lavoro) e dell’ Uomo Qualunque
molti dei quali successivamente entrarono o nel Partito Nazionale Monarchico sorto
all’indomani del referendum per dare ai monarchici una propria voce partitica o
nella Unione MonarchicaItaliana che doveva unire quanti pur monarchici ritenevano
non dovere lasciare il proprio partito.
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