NON VI E' DUBBIO CHE UNA NAZIONE PASSATA DA UN REGIME MONARCHICO AD UN REGIME REPUBBLICANO SIA UNA NAZIONE «DECLASSATA», E CIÒ NON PUÒ NON ESSERE AVVERTITO DA CHIUNQUE ABBIA UNA SENSIBILITÀ PER VALORI I QUALI, PER ESSERE SOTTILI E IMMATERIALI, NON PER QUESTO SONO MENO REALI.

mercoledì 28 dicembre 2022

L’anniversario della morte di Re Vittorio Emanuele III

 di Emilio Del Bel Belluz



  Il 28 dicembre del 1947 in terra d’esilio, ad Alessandria d’Egitto, moriva il Re Vittorio Emanuele III. Da allora sono passati settantacinque anni e sono quasi certo che questa data non sarà in nessun modo ricordata. In Italia non si ricorda come meriterebbe la storia di Casa Savoia.  La morte lo accolse sotto il cielo d’Egitto, il Paese dove arrivò venti mesi prima con la sua amata sposa la Regina Elena, accolti in modo fraterno da Re Faruk che li aveva dato ospitalità. La vita in Egitto non fu molto facile, come non poteva essere sereno l’esilio in genere. La parola esilio dovrebbe essere cancellata. In questi giorni mi sono letto  un ottimo articolo comparso su “ Il Tempo di Roma”, scritto da Emilia Morelli e mi ha colpito la sua definizione d’esilio. “ L’esilio è la pena più terribile - dopo quella a morte - che possa essere inflitta. Il tormento dell’isolamento, la difficoltà della vita in mezzo a stranieri, la malinconia che prende l’emigrante, sono anch’essi sentimenti che attanagliano il cuore e la mente. Negli emigranti, però, essi si placano nella speranza che il loro lavoro fatto all’estero permetta un dignitoso ritorno in Patria. Si spediscono i risparmi per costruire la casa dei sogni per la vecchiaia o la tomba per il riposo eterno”. Quando il Re Vittorio Emanuele III andò in esilio, partendo dal porto di Napoli sapeva che non vi avrebbe più fatto ritorno. Era rassegnato al fatto che quella patria che aveva servito per 46 anni non l’avrebbe più rivista. Quello che non sapeva ancora è che il buon Dio lo avrebbe chiamato a sé qualche giorno dopo la festa del Santo Natale del 1947: era il suo secondo Natale che festeggiava  lontano dalla sua patria. Nelle ore difficili che precedevano  la morte, aveva accanto a sé la donna che aveva amato sin dal primo momento che l’aveva vista. Quella donna che gli era stata sempre accanto condividendo con lui ogni momento sia di gioia che di   dolore. Pochi anni prima dovettero subire il grave lutto della morte della figlia, la buona principessa  Mafalda, in un campo di concentramento. Essendo prossimi al S. Natale aveva chiesto a un suo collaboratore se la gente aveva scritto per gli auguri , e dopo aver avuto in risposta che tanti italiani si erano ricordati di lui, disse che però molti di quelli che avrebbero dovuto essergli fedeli, non lo erano stati. La sconfitta del referendum,  dopo evidenti brogli elettorali, non era stata compresa. Tanti di quelli che avevano avuto amicizia con il Re si erano dimenticati di lui. Il suo ultimo respiro avrebbe voluto esalarlo nel posto  dove era nato, perché nessun luogo poteva dare conforto come il morire sotto lo stesso cielo dove uno era venuto alla luce. Allo stesso modo il Re morente non avrebbe mai pensato che dopo essere stato sepolto in esilio, questo sarebbe finito solo nel 2017 quando il capo dello stato si dichiarò favorevole alla sepoltura in Italia. Il Re Vittorio Emanuele III riposa ora a Vicoforte assieme alla Regina Elena. Da sempre il luogo di sepoltura dei Savoia avrebbe dovuto essere il Pantheon di  Roma, ma la Repubblica non è stata grata  verso i Savoia che hanno fatto la storia di questo Paese, con i suoi mille anni di storia. La figura del Re Vittorio Emanuele III dovrebbe essere studiata con maggiore verità, ma questo non credo verrà mai fatto. La storia la scrivono i vincitori. Per conoscere la storia di questo Re spesso ho fatto riferimento  alle fonti del vecchio prozio Gaetano, fratello di mio nonno paterno. Costui era nato nel 1882, e aveva fatto la Grande Guerra. Nelle sere d’inverno davanti al fuoco acceso spesso narrava del periodo bellico, e in modo particolare quando vide il Re Vittorio Emanuele III, che era venuto a visitare i luoghi di guerra. La sua figura dava coraggio ai fanti che, vedendolo, si sentivano più forti. Il Re di solito si intratteneva con i soldati, chiedendo loro da dove venissero. Gaetano che a quasi novant’ anni fumava ancora il toscano, aveva nella sua camera la bandiera del Re che spesso mi faceva vedere. Quando raccontava dei particolari della guerra la osservava, come a rinnovare i ricordi di quel tempo. Alla morte del Re Vittorio Emanuele III, in quel 28 dicembre del 1947, si era commosso fino alle lacrime. Non potendo esserci ai funerali del suo Sovrano, perché non era ricco e non si poteva permettere un viaggio così costoso, aveva fatto esporre dalla finestra la bandiera Sabauda listata a lutto, ed era corso in chiesa a pregare per il suo sovrano e per la Regina. Il suo amore per Vittorio Emanuele III lo mantenne per tutta la vita. Quanto gli sarebbe piaciuto che fosse stato sepolto al Pantheon assieme alla amata donna che aveva condiviso la sua vita. Il vecchio Gaetano morì nel gennaio del 1972, nella sua stanza aveva ancora la sua bandiera. Alcuni anni dopo la sua morte trovai un libro che raccontava degli aneddoti sulla vita del Re Vittorio Emanuele III, e ve ne era uno che spesso anche il mio prozio mi raccontava.  “ L’episodio forse più bello della vita del Re al campo ( e che certo, quantunque riportato da alcuni giornali, è sfuggito al grande pubblico ) è narrato con garbata semplicità in una lettera che un caporale, combattendo nel Trentino, scriveva alla moglie nel gennaio del 1916 : “ E’ stato a trovarci il Re, e alla sua visita l’entusiasmo ci ha invaso. Sai, ho parlato con lui per più di mezz’ora con grande affabilità, come parlassi col mio tenente. Egli mi ha chiesto notizie  su tutto e specie sui soldati, sulla loro vita e come erano trattati. A sera, mentre stava per lasciarci, un  terribile uragano arrestò la sua partenza. Il Re volle fermarsi con noi e dormì nella nostra baracca e proprio nella mia cuccia. Volevo preparagli un lettino meno duro con delle coperte, ma Vittorio Emanuele non volle. Sai cosa mi rispose ? “ Avete  dormito voi per tanto tempo, posso ben dormire io pure. Sono come voi un soldato d’Italia “. “ Così per una notte dormii con Sua Maestà, il quale riposò come se da tempo fosse abituato a dormire sulla paglia e dormì come dormimmo noi, senza alcuna differenza. Vicino al mio giaciglio ho messo una scritta : Qui riposò Vittorio Emanuele III la sera del 9.I.1916, ospite mio illustre”.  Questo uno dei tanti episodi che non vengono portati alla luce e che sono destinati a morire. La vita del Re Vittorio Emanuele III non fu facile. Infatti, durante il periodo della Grande Guerra mise a repentaglio la propria vita per stare in prima linea accanto ai soldati che combattevano, per dare loro incoraggiamento e forza. Nessuno potrà negare questo comportamento. I giovani d’oggi non hanno avuto la fortuna che ho incontrato io nel conoscere quelli che avevano  combattuto  per la Patria. Il 28 dicembre non so quanti si recheranno a Vicoforte per dare un saluto al Re d’Italia Vittorio Emanuele III, e alla sua consorte la Regina Elena. Sarebbe troppo bello che a distanza di settantacinque anni qualche politico decidesse di portare un fiore sulla tomba dei Sovrani.



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