di Emilio Del Bel Belluz
La pesca mi impegnava ogni giorno sempre di più, e diventava un lavoro sempre più gravoso, anche se mi entusiasmava come il primo giorno. Ma Elena temeva che potessi incorrere in qualche pericolo, tale da perdere la mia vita, lasciandoli soli. Pertanto ogni giorno mi prospettava i pericoli più svariati, che la rendevano triste. Una sera davanti al caminetto le raccontai degli insegnamenti che mi erano stati tramandati da mio nonno. La vita deve essere affrontata con coraggio e determinazione, anche quando s’incontrano dei sentieri impervi.
Bisogna mettere il massimo impegno in quello che si sta facendo, senza lasciarsi travolgere dalle difficoltà. Da ragazzo avevo visto il fiume come il mio miglior alleato e per questo lo sentivo dentro come un caro amico. Elena da qualche tempo era diversa, sorrideva un po’ meno, non parlava come un tempo di cose belle ma si trincerava in un silenzio che non capivo, e non mi dava della spiegazioni come avrei voluto. Notavo che era distaccata dai figli, sbrigava le faccende con maggior fatica. Una sera, mentre guardavamo le stelle, mi disse che era in dolce attesa e che aveva paura di non riuscire a badare da sola anche al nuovo arrivato, dato che non poteva contare molto sul mio aiuto. Alla notizia che sarei diventato padre per la terza volta, una nuova felicità si era impossessata di me. Nel frattempo cercavo di rasserenare Elena, assicurandole che le sarei stata vicino, anche se avessi dovuto trascurare il mio lavoro.
La domenica successiva venne a trovarci Genoveffa, alla quale potemmo dare la bella notizia che tanto attendavamo, almeno da parte mia. Quello che accadde poi, aveva qualcosa di miracoloso. Genoveffa decise che sarebbe ritornata a vivere con noi, per sostenere Elena e per aiutarla con i bambini. Questa sua disponibilità arrivò come un regalo di natale inaspettato e bello. La vita riprese, e mentre mi trovavo con la mia barca mi sentivo più sereno, perché sapevo che Genoveffa avrebbe badato ad Elena e ai miei figli. Nell’ultimo mese non fui molto fortunato con la pesca, il fiume s’era gonfiato a dismisura per delle piogge molto abbondanti, da far paura. Alla sera mentre andavo a controllare il fiume, avevo l’impressione che la sua voce non fosse più la stessa. Le acque continuavano ad alzarsi, e per questo andai dal parroco e chiesi che venisse a benedire il fiume come tante volte aveva fatto. Il vecchio curato, accompagnato dal sacrestano, venne sull’argine e mentre benediceva, pregai con lui in ginocchio.
La fede nel buon Dio non mi era mai mancata e sapevo che non avrebbe abbandonato i suoi figli. Le campane della chiesa suonarono a distesa e i rintocchi raggiungevano anche i paesi più lontani. Dopo la benedizione lo invitai nella mia casa, e lo trattenni anche per la cena: avevo catturato alcuni pesci la mattina, era come un miracolo del fiume. Quando l’acqua è torbida e la corrente è più forte, diventa veramente difficile pescare. Il sacerdote e il vecchio sacrestano erano piuttosto felici dell’invito, non era facile trovare una famiglia con cui condividere un boccone in un clima tranquillo. La stessa sera lo portammo a conoscenza che mia moglie attendeva un terzo figlio, e la bella notizia fu coronata da un brindisi con dell’ottimo vino. Il sacerdote, osservando la foto dei miei genitori che avevo in cucina, disse che anche loro sarebbero stati felici e che dal cielo ci avrebbero protetti. La vita non finisce con la morte, anzi, c’é un nuovo inizio migliore, per l’uomo di fede.
Il sacrestano non nascondeva di avere un grande appetito e, pertanto, non rifiutava nessuna portata. Genoveffa aveva preparato una pentola con del cibo da dare al sacrestano, perché sapeva che oltre ad essere una buona forchetta non era un abile cuoco. Genoveffa quella sera non aveva parlato molto, la sua attenzione era sempre stata rivolta ad aiutare Elena che considerava una persona molto fragile, ma che col suo aiuto le sue preoccupazioni si sarebbero appianate. Quando il parroco e il sacrestano lasciarono la casa, fuori aveva smesso di piovere. L’odore del fiume era molto intenso, la luna si poteva scorgere in tutta la sua bellezza, e forse il tempo delle piogge era finito. Il prete tornò a dire che il buon Dio non abbandona quelli che ama e che bisognava avere fiducia. Mi raccomandò di essere più presente alla messa domenicale, perché aveva osservato da qualche settimana la mia assenza. Allora mi scusai con lui, e lo rassicurai che non sarei mancato nelle prossime domeniche. Quando arrivai a casa, Genoveffa stava sparecchiando, e mi disse che era felice d’essere tornata a far parte della mia vita. La donna proseguì dicendo che ad una certa età ci si sente soli e frequentare le persone che si amano è l’unica medicina contro la vecchiaia.
Prima di andare a letto abbracciai Genoveffa e la ringraziai per la sua completa disponibilità. Entrato nella camera dei bambini osservai che dormivano saporitamente. Faticai a prendere sonno, perché ero rimasto alquanto entusiasta della serata trascorsa. Quando arrivò l’ alba corsi a vedere il fiume, l’acqua miracolosamente stava calando, e notai sulla sponda una barca danneggiata che si era arenata. Doveva essersi staccata da un albero a cui era stata legata, e di sicuro il proprietario si sarebbe messo a cercarla. La tirai verso la terraferma, così il fiume non l’avrebbe trascinata nel suo letto. Raggiunsi il posto dove avevo calato le reti, ma l’acqua era ancora troppo torbida ed alta per recuperarle. Passeggiando lungo la riva, vidi in un punto del fiume una grande pozza dove qualcosa si muoveva. Allora mi avvicinai, e con un bastone cercai nell’acqua e notai subito che si trattava di un pesce piuttosto grande, forse una carpa, ma non mi era possibile stabilirlo con precisione.
Fu così che corsi a casa, dove trovai Genoveffa e i bambini seduti a tavola che facevano colazione. Le raccontai che ero rincasato per prendere la fiocina perché avevo individuato un grosso pesce in una pozza d’acqua che si era formata dove il fiume si era ritirato. Non era la prima volta che recuperavo del pesce in questo modo, ma questa volta si trattava del più grosso esemplare che avessi mai visto. Genoveffa mi sorrise e mi invitò a non perdere tempo, la fortuna non passava due volte nello stesso momento e ci poteva essere qualcun altro che poteva approfittarne. Con la fiocina e un sacco mi recai sul posto, il pesce sembrava svanito, mossi l’acqua torbida e finalmente lo individuai. Non si trattava di una tinca o di una carpa, ma di uno storione che non avevo mai catturato di così grandi dimensioni. Aspettai il momento opportuno e con molta fortuna lo portai a riva. Il pesce doveva essere almeno un metro di lunghezza, e dal peso di una sessantina di chili. Un esemplare davvero magnifico, mentre cercavo di metterlo nel sacco si dimenava, ma la lotta con il fiume lo aveva stancato. Non aspettai un momento e corsi subito all’osteria per poterlo vendere. L’oste che mi conosceva bene, disse che non avevo giudizio perché era pericoloso andare a pescare con il fiume ancora in piena.
Con un sorriso gli dissi che stamattina avevo ricevuto un miracolo, il buon Dio aveva capito che mi servivano dei soldi per pagare i conti della bottega e mi aveva aiutato. L’oste fu ben lieto di comprare lo storione, ne avrebbe ricavato un buon guadagno, pure lui. L’oste si sedette con me e mi offrì un caffè con della grappa di casa, quella che avrebbe fatto resuscitare un morto e che mi diede subito alla testa. Non capivo nulla ma mi sentivo in pace, avevo guadagnato del denaro, pagato i debiti e mi rimaneva ancora qualcosa per i prossimi giorni. Mi avviai verso casa, non incontrai anima viva, rividi il fiume le cui acque limacciose stavano defluendo verso il mare. Anche stavolta i problemi si erano risolti, era bastato avere fiducia in Dio e nella Provvidenza, come predicava il parroco del paese. Anche mio padre, che non si era mai disperato nella vita, diceva:” Dio vede e Dio provvede”.
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