MONARCHIA
E SCIENZA POLITICA
Poco
mi soffermo anche a dimostrare la superiorità della Monarchia alla luce della
scienza politica. Evidentemente per i tradizionalisti queste sono le
giustificazioni meno importanti, l'efficienza della Monarchia non è che una
conseguenza del suo essere naturale.
Per
scienza politica o politologia oggi, nei paesi anglo-sassoni, si intende una
disciplina con pretese scientifiche e quindi svincolata da valori che studia i
meccanismi del potere, facendo anche largo uso di statistiche, modelli matematici,
diagrammi, ecc. Nulla di più lontano dalla mentalità tradizionale. Essa però ha
il vantaggio di distruggere anche i miti democratici, che esamina freddamente
al di fuori della retorica dei sacri principii dell"89 e mostrando come
essi vengano quotidianamente traditi. Particolarmente istruttive le analisi
della "macchina" dei grandi partiti, organo formidabile per la
creazione e la distruzione di persone e la manipolazione del consenso. La
politologia dimostra anche la necessità dell'esistenza in ogni organismo di
poteri stabili, "monarchici".
Su un
piano più elevato, ricorderemo l'opera dei teorici delle élites, Mosca e
Pareto, che colpisce tra l'altro, i miti del suffragio universale e
dell'assoluta uguaglianza. Ma del resto tutte le pagine dei grandi autori
contro-rivoluzionari sono ricche di acutissime osservazioni critiche della
democrazia, dimostrando l'inconsistenza logica dei suoi presupposti. De Bonald,
ad esempio, si chiede ironicamente dove mai siano i sudditi, se il popolo è
Sovrano. De Maetzu, a proposito della tanto decantata divisione dei poteri di
Montesquieu, osserva che essa comporta "il carattere soggettivo del
diritto, giacché il suo potere legislativo estraneo a ogni giurisprudenza,
legifera su ciò che vuole sia giuridico o no" (40).
Il Re
deve essere il legislatore e giudice supremo, perché, non essendo inferiore a
nessun altro potere terreno, è il più obiettivo.
Nel
secolo scorso Tocqueville credeva che il problema delle democrazie fosse la
tutela delle minoranze, Cochin scrive che è invece la tutela delle maggioranze.
La realtà è che la democrazia è il dominio di minoranze rivoluzionarie che,
negando di fatto la libertà a tutti coloro che non accettino la Rivoluzione,
possono guidare masse rese conformiste e far credere che esse siano del tutto
convinte delle loro idee.
40) Cit.
in G. Allegra (a cura di), De Maetzu, ed.Volpe,1965, p. 50.
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