NON VI E' DUBBIO CHE UNA NAZIONE PASSATA DA UN REGIME MONARCHICO AD UN REGIME REPUBBLICANO SIA UNA NAZIONE «DECLASSATA», E CIÒ NON PUÒ NON ESSERE AVVERTITO DA CHIUNQUE ABBIA UNA SENSIBILITÀ PER VALORI I QUALI, PER ESSERE SOTTILI E IMMATERIALI, NON PER QUESTO SONO MENO REALI.

domenica 21 agosto 2022

Capitolo XVII: La notte di Natale

  di Emilio Del Bel Belluz


Era giunta  la notte di Natale e con mia moglie e i tre figlioletti  ci avviammo verso la chiesa per ascoltare la Santa messa.  Trovammo posto a fatica, perché molti banchi erano già occupati. Il freddo era intenso ma sopportabile, l’unica paura era  per il piccolo, ma era avvolto dalle braccia di Elena e di sicuro stava bene. I due bambini più grandi ben infagottati cercavano di ammirare il presepe che era stato allestito nella chiesa. Si trovava all’inizio della navata laterale destra, vicino alla statua della Madonna. Aveva delle statue molto grandi, statue antiche in terracotta; il sacrestano le aveva rimesse a nuovo facendo della riparazioni che non si vedevano, un lavoro ben fatto. Il sacrestano sapeva restaurare molto bene quello che il tempo aveva danneggiato. Lo stesso dicasi per qualsiasi altro lavoro manuale. I nostri bambini chiesero il permesso di andare a vedere subito il presepe, ma non diedi loro il permesso. La gente era molta e temevo che si perdessero. Li dissi che il presepe si poteva ammirare dopo che il parroco avesse benedetto la statua del Bambinello. Non molto convinti accettarono di aspettare, anche nella nostra casa avevamo preparato il presepe e non ci avevamo messo il Bambinello. Alla fine della messa il sacerdote avrebbe benedetto le statuine, e  dopo questo rito, finalmente, il presepe sarebbe stato completo. Elena era felice, sentiva che il Natale come per ogni cristiano era una festa importante perché era nato il Salvatore dell’umanità. Il sacerdote fece una predica di quelle che si sarebbero ricordate per sempre. I cuori di tutti erano aperti al racconto della nascita del buon Gesù. Durante la benedizione delle statuine i nostri figli si sentivano felici e uno di loro mi raccontò che non vedeva l’ora di tornare a casa e mettere nella paglia il Bambino di legno che era stato costruito da quel frate. La messa ebbe termine e fu davvero una festa. I bambini si misero vicini al presepe, ammirando le tante statue presenti. Uno ad uno le persone sfilavano davanti al presepe, con i volti felici, ed il suono delle campane  non  smetteva di suonare. Era proprio toccante la vigilia di Natale,  la gente sorrideva e pensava a quello che sarebbe successo una volta arrivati a casa. Alla Santa Messa avevano partecipato anche Geonoveffa e la maestra che durante la cerimonia non eravamo riusciti a vedere. I bambini erano davvero felici e quasi non si volevano allontanare dal presepe. In quel momento arrivò il parroco che volle fare una carezza ai bambini e  dalla tasca della tonaca tirò fuori delle caramelle che donò a tutti i piccoli presenti.  Il parroco s’avvicinò per dirmi che aveva bisogno d’aiuto per eseguire alcuni lavoretti nella canonica. Sapeva che non avrei in nessun modo rifiutato. La gente non accennava a lasciare la chiesa, perché fuori aveva cominciato a nevicare. I bambini durante la strada avevano iniziato a correre, noncuranti di scivolare, felici del bianco manto che copriva ogni cosa: uno spettacolo della natura che vedevano per la prima volta. Non si stancavano mai di alzare il viso al cielo, per farsi coprire dai bianchi fiocchi. Quando  giungemmo alla nostra  casa lungo il fiume, Elena e Genoveffa, assieme alla maestra si fermarono a osservare la neve che cadeva sull’acqua, illuminata dalla luna. Quella sera la festa si protrasse a lungo. I bambini adagiarono il Bambinello sulla culla, uno di loro lo coprì con della paglia perché Gesù non avesse freddo, e questo gesto così spontaneo commosse tutti. I bambini attendevano con impazienza di mangiare la torta che Genoveffa aveva preparato.  Elena disse che in quella famiglia, oltre al Bambinello in legno, c’era anche Umberto, l’ultimo nato, a ricordare la grande festa della Natività. La maestra raccontò che anche al suo paese la gente festeggiava il Natale ed anche le persone più povere lo ricordavano come un grande regalo donato da Dio. Il parroco a Natale offriva a quelli che erano più sfortunati, un dono che li facesse dimenticare per un attimo della triste condizione in cui si trovavano. Il parroco sentiva una grande felicità nello stare vicino ai bisognosi. Per lui il Natale era ogni giorno dell’anno. La maestra sprigionava tanta felicità perché si trovava a condividerla con le persone che l’avevano accolta in famiglia, che amava e che stimava. Quella sera nessuno voleva andare a letto. I bambini avevano ricevuto in dono qualche libro che proprio la maestra aveva acquistato per loro. Il suo pensiero era sempre rivolto a migliorare la loro conoscenza sui vari temi della vita.  I bambini assonati guadagnarono il loro letto, non prima di averci ringraziato e recitato una poesia natalizia. Quando tutti se ne erano andati a letto, uscii a osservare il fiume, e gli alberi che lo costeggiavano erano tutti imbiancati. La barca era legata al suo posto e veniva lambita dalle acque che scorrevano placide.  Avevo calato le reti, decidendo di lasciarle per qualche giorno senza andare a controllare se avevo catturato del pesce. Volevo godermi qualche giorno in santa pace. Pensai ai miei genitori che riposavano al camposanto, la loro tombe erano una accanto all’altra, non volevo che la morte li separasse. Li avevo perduti quando ero ancora molto giovane e per questo mi capitava di pensare spesso a loro. Ricordavo  tutte le attenzioni che mi prestavano quando ero bambino e, soprattutto, rammentavo la dolce ninna nanna che mi canticchiava mia madre, nonostante fosse molto stanca dalle fatiche della giornata.  Quel mondo era scomparso per sempre e come ogni persona, che soffre per il proprio passato, venni avvolto dalla malinconia. Nel frattempo aveva smesso di nevicare e sulla volta del cielo vidi brillare due stelle più delle altre e pensai che fossero i miei genitori che mi proteggevano da lassù. Mi ritornò, improvvisamente, in mente un racconto in cui un soldato italiano della Grande Guerra, nella notte di Natale, aveva scambiato un dono con un soldato nemico che si trovava nella trincea opposta. Il milite italiano donò una boraccia di grappa a quello tedesco e quest’ultimo gli offrì del tabacco da pipa. Il soldato italiano aveva intonato prima un canto di Natale a cui era seguito il canto del soldato tedesco. Sembrava che quella notte magica avesse fatto cessare la guerra, cancellato l’odio,  per farli ricordare che il Salvatore era venuto al mondo per portare la pace. Rientrato a casa mi sentivo in armonia con me stesso e con il mondo intero. Osservai per l’ultima volta il presepe e quella statua che raffigurava un pescatore nella sua barca, la accarezzai e per un momento mi sentii anch’io un protagonista di quel mondo che non sarebbe scomparso mai.

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