di Emilio del Bel Belluz
Carnera il 18 dicembre 1930 incontrò a Londra
il peso massimo: Reggie Meen. Aveva un buona fama, ma Primo lo sconfisse per
Kot alla seconda ripresa. L’anno finiva molto bene, gli aveva fatto scordare
per un attimo la sconfitta patita contro Jim Maloney. Carnera avrebbe
combattuto contro l’americano, alla sola condizione che l’incontro non si
disputasse a Boston, c’erano in quella città molti ricordi negativi che
andavano rimossi. Primo trascorse un periodo a Sequals e s’incontrò con i suoi
compaesani, non mancando mai di fare una capatina all’osteria. Gli piaceva
giocare a carte, e bere qualche bicchiere di vino con gli amici. L ’unica
persona che riuscì a metterlo Ko in quei mesi fu la mamma. Una sera non si era
accorto che il tempo era passato e i familiari lo attendevano per la cena. Si
erano fatte le dieci di sera, e Carnera, forse, per qualche bicchiere in più
bevuto con l’allegra compagnia, non s’era accorto dell’ora raggiunta. La mamma
che lo attendeva con le pietanze in caldo, dopo tre ore, quando lo vide
arrivare gli diede un manrovescio che lo mise Ko. Fu il colpo più duro da
assorbire, di quelli che non si dimenticano, la donna con voce cavernosa gli
disse che in famiglia si cenava alle sette. Si doveva essere sempre puntuali,
il campione incassò il colpo e non disse nulla. In quel momento era conveniente
restare seri, la donna pochi minuti dopo gli fece una carezza. Questo era il
mondo in cui viveva Carnera, fatto di piccole cose e che gli era mancato per
tanti anni. La mamma, che una volta aveva sollevato come un fuscello, aveva le
sue regole che dovevano essere rispettate. In quei giorni di dicembre aveva
fatto una capatina a Pordenone, voleva fare degli acquisti per Natale. Il suo pensiero
era sempre rivolto alla mamma e in una oreficeria volle comprarle un orologio,
non ne aveva mai posseduto uno di valore. Dopo quella sberla che aveva ricevuto
per il ritardo patito, non avrebbe più sgarrato, la puntualità sarebbe
diventata una condizione da rispettare assolutamente. La mamma sapeva che la
gente tratteneva Primo con qualsiasi scusa, e che per gli italiani era
diventato una persona importante. Si pensi che a Pordenone era stato fermato da
tanta gente che voleva parlargli, e che gli chiedeva quale sarebbe stato il suo
prossimo impegno nel nuovo anno. Carnera aveva risposto che si aspettava che
Babbo Natale gli portasse come regalo la possibilità di poter incontrare il
campione del mondo in carica. Questo desiderio voleva che si avverasse al più
presto. Primo parlò che l’America lo aveva accolto bene, e che in quel Paese
c’erano tanti italiani a cui sarebbe piaciuto tornare a casa, perché la madre
patria era una sola. I suoi connazionali erano amati all’estero. La gente
continuava a arrivare, e intervenne un vigile che cercò di frenare
l’entusiasmo, perché Carnera doveva andare in alcuni negozi a fare delle
compere. La vita di Primo era sempre stata tranquilla e l’entusiasmo del
pubblico lo aiutava a essere ancora più mirato nel traguardo da raggiungere.
Anche due ragazze molto carine lo abbracciarono e Carnera sorrise, una di esse
gli diede un bacio fraterno e al pugile gli piacque. Le parole del suo
allenatore erano state sempre chiare: non poteva permettersi delle distrazioni,
né dei legami. Carnera rientrò in famiglia puntuale, e non riuscì a nascondere
il pacchettino con l’orologio alla mamma, le lo diede subito e fu ricompensato
con un bacio. L’orologio era indietro di due ore, così Carnera sarebbe sempre
stato puntuale per il pranzo e per la cena. La mamma si commosse, non aveva mai
avuto un orologio importante e come ogni madre chiese quanto gli era costato,
ma non ottenne risposta. L’unica promessa che ricevette era che non fosse così
inflessibile con l’orario. La donna non rispose e andò ad apparecchiare la
cena, e pensava che quei giorni di vacanza di Primo sarebbero finiti molto
presto e bisognava goderseli intensamente. Quando era lontano lo pensava e
pregava il buon Dio che salvaguardasse suo figlio dai pericoli, come se fosse
ancora un bambino. L’amore di madre è così immenso che dura oltre la morte.
Quella sera, ogni minuto, guardava l’orologio e ne era fiera, se fosse stato
per lei l’avrebbe mostrato subito alle sue amiche. Era fatta così, una pasta di
donna che era orgogliosa di tutto quello che il figlio le donava. Era quella
stessa mamma che a Milano si era messa in ginocchio davanti al figlio per
ringraziare Iddio che lo aveva preservato, come si era inginocchiata per
scongiurarlo di partire per la Francia. Era una delle tante mamme che per i
figli avrebbero dato la propria vita. Carnera sapeva che la felicità durava
poco, e che l’attendeva un futuro con molte incognite. Venne il Natale, la
festa che amava più di tutte. Aveva partecipato alla Mezza di Mezzanotte. Si soffermò
commosso davanti al presepe, le belle statue erano sempre le stesse, e ricordava
che suo padre ne aveva riparata una che si era rotta, quando era bambino. Primo
osservava il Bambinello che era stato posto nella mangiatoia, e gli vennero in
mente i natali che aveva trascorso in Francia, alcuni con il circo. Nella notte
di Natale, solo nella sua stanza aveva chiuso gli occhi, ed immaginò di essere
a casa, e il tutto gli sembrò un miracolo. Anche suo padre aveva passato alcuni
Natali in guerra. La maestra aveva ricordato a scuola i figli, che avrebbero
passato la notte di Natale senza il papà soldato. Ognuno di loro aveva scritto
una lettera da inviare al fronte, e che era stata letta a voce alta in classe.
La maestra, poi, aveva composto una preghiera per i ragazzi il cui padre era
caduto per la patria. La maestra che era stata la loro guida li aveva
indirizzati verso un futuro senza odio. Un Natale aveva chiesto a Carnera di
accompagnarla dalle famiglie povere del paese, per lasciare un piccolo pensiero
da porre sotto l’albero. Questi erano stati i suoi insegnamenti, e lui la volle
ricordare facendo altrettanto. Il sacerdote lo informò su alcune famiglie che
erano in difficoltà, e il campione volle aiutarle offrendo del denaro. Carnera
si sentiva soddisfatto di questi suoi piccoli gesti. Primo, passate le feste,
decise in accordo con il suo allenatore, che era tornato dalla Francia di
iniziare la preparazione per il prossimo incontro che si sarebbe svolto in
America. Léon Sée aveva firmato un contratto per un ulteriore match contro Jim
Maloney e si sarebbe disputato a Miami il 5 marzo 1931. Carnera ci teneva a
togliere di mezzo questo pugile che lo aveva battuto, interrompendo la sua
scalata al titolo mondiale. Inoltre, aveva dovuto subire delle critiche
durissime da parte della stampa. Quell’ incontro sarebbe stato il più grande
investimento che avrebbe fatto nella sua carriera, non poteva sbagliare, doveva
convincere specialmente quelli che avevano dei dubbi su di lui e la borsa in
palio sarebbe stata determinante per ultimare la costruzione della propria
casa. Iniziarono gli allenamenti, Primo non accettava nessuna distrazione, non
si recava nemmeno all’osteria. La mattina, dedicava alcune ore alla corsa, il
suo allenatore usava la bicicletta per inseguirlo. In palestra lavorava
duramente al sacco e con gli attrezzi, era, perfino, giunto a Sequals il pugile
trevigiano, Martin, un peso massimo titolato, dalle stesse caratteristiche
fisiche di Manoley, per degli allenamenti ai guanti. Le esibizioni venivano
seguite dalla gente del posto. Carnera conduceva una vita spartana e seguiva
una dieta molto accurata, con grande assunzione di proteine. La mamma cucinava
per il suo allenatore e per i due pugili che dovevano fare tante sessioni di
guanti. Un limite nel passato sportivo di Primo era dato dalle sue vittorie per
Ko nelle prime riprese, pochi erano stati i combattimenti che finivano al
decimo round. I primi mesi dell’anno furono molto freddi, ma pieni di
entusiasmo. A Primo piaceva leggere tutto quello che scrivevano su di lui. In
modo particolare, lo interessava Il Gazzettino, un giornale locale che spesso
gli dedicava degli articoli che venivano ritagliati e depositati nella grande
cassa. Questi sarebbero stati riletti in un futuro in cui la nostalgia ed i
ricordi avrebbero fatto da padrone.
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