Da Salerno a Milano e Bergamo. Così la storia in presa diretta smentisce la vulgata comunista
di Francesco Perfetti
L'idea dell'unità della
Resistenza a guida comunista come mito fondante dell'Italia post-fascista fu il
grande capolavoro di quella cultura azionista e comunista che si era proposta,
in linea con il progetto gramsciano, la conquista della società civile e
politica.
Tale idea presupponeva che la
Resistenza fosse stata un movimento popolare di massa all'interno del quale le
componenti non comuniste erano state inessenziali o marginali. Scomparvero,
così, o furono minimizzati, in tanta letteratura storiografica, sia i
contributi forniti alla Liberazione da parte di uomini o formazioni partigiane
- cattolici, liberali, monarchici - che non fossero comunisti sia, ancora,
quelli dei militari e degli internati nei campi di prigionia tedeschi. Persino
in una opera celebrata come innovativa, quale fu il volume di Claudio Pavone
dal titolo Una guerra civile. Saggio storico sulla moralità della Resistenza,
le cose non cambiarono troppo: anche in quel caso il contributo di alcune
componenti alla Liberazione (si pensi, per esempio, alla monarchica e liberale
Franchi di Edgardo Sogno) è marginalizzato mentre il contrasto fra partigiani
di colore diverso culminato nella strage di Porzûs è confinato in qualche nota
a piè di pagina.
Non basta. La mitizzazione della
Resistenza - enfatizzata retoricamente anche dalle e nelle cerimonie
celebrative - ha finito per diffondere una idea falsa della realtà storica
veicolando l'idea che la Liberazione sia stata opera esclusiva, o quanto meno
prevalente, della Resistenza e ridimensionando, in tal modo, il contributo
militare degli Alleati a un evento che, senza il loro intervento, probabilmente
avrebbe faticato a realizzarsi. A tale visione, frutto evidente di «uso
politico della Resistenza», assesta un duro colpo l'ultimo importante studio
dello storico contemporaneista Gianni Donno dal titolo La liberazione alleata
d'Italia 1943-1945 (Pensa Multimedia, 11 volumi in cofanetto, euro 275)
impreziosito da un imponente apparato iconografico e da una eccezionale
documentazione archivistica proveniente dagli archivi americani e fino ad oggi
inedita.
Arricchito da due introduzioni,
di Piero Craveri e di Giampietro Berti, il lavoro mostra come la Liberazione
sia avvenuta, proprio e soprattutto, grazie all'avanzata delle Forze Alleate
lungo il versante tirrenico dallo sbarco di Salerno (settembre 1943) sino a
Milano e Bergamo (aprile 1945). Una lunga e faticosa marcia ostacolata dalla
resistenza delle truppe tedesche asserragliate lungo la Linea Gotica, ma anche
dalle caratteristiche del territorio e dalle condizioni atmosferiche. La
«campagna d'Italia», insomma, non fu affatto una passeggiata. Costò agli
alleati circa 90mila morti in combattimento o a causa della guerra sepolti in
42 cimiteri sparsi in tutta la penisola. Un grande sacrificio di sangue,
dunque, che per molto, troppo tempo la «vulgata» resistenziale ha lasciato in
ombra per motivi esclusivamente politici. Un sacrificio che - pur senza nulla
togliere al contributo di sangue dei partigiani, che secondo i dati riportati
da Donno fu di circa 7mila morti - fa ben comprendere, come osserva giustamente
Craveri, chi fossero stati davvero i «protagonisti» della liberazione d'Italia
dal fascismo e dal nazismo.
Rispetto ad altre opere
storiografiche sulla campagna d'Italia, il lavoro di Donno è originale perché
la ricostruzione dell'avanzata alleata dopo lo sbarco di Salerno è fatta
utilizzando i Reports of Operations delle unità combattenti americane, cioè i
rapporti stilati dai comandanti di pattuglie, compagnie, battaglioni al termine
delle singole operazioni. Si tratta di una documentazione che l'autore integra,
naturalmente, con le altre fonti tradizionali, ma che, con il suo linguaggio
scarno ed essenziale, offre un suggestivo racconto in «presa diretta» e dà
conto dei sentimenti di entusiasmo o paura, di aspettative o delusioni degli
uomini inquadrati nella V Armata e impegnati nelle operazioni belliche.
Al tempo stesso, questa
documentazione aiuta a comprendere meglio la logica di certe scelte strategiche
o tattiche suggerite da fattori imponderabili. Per esempio, le piogge
torrenziali sull'Italia centromeridionale nell'ultimo trimestre del 1943
provocarono smottamenti di terreno e allagamenti che resero difficile, in
qualche caso addirittura problematica, l'avanzata dei mezzi corazzati. Di tutto
ciò, ed anche dei riflessi sul morale dei militari, si trova una precisa
registrazione nei Reports of Operations. Di particolare interesse, lo
sottolineo per inciso, è la riproduzione fotografica di alcuni numeri del
settimanale Yank, un rotocalco che aveva come sottotitolo The Army Weekly e che
era destinato ai soldati impegnati al fronte sia per offrire loro un
aggiornamento periodico anche fotografico dell'andamento delle operazioni
militari, sia per tenerne alto il morale e galvanizzarne gli spiriti.
Nel complesso, dunque, il lavoro
di Gianni Donno sulla liberazione alleata dell'Italia non è, come la maggior
parte delle più conosciute opere sull'argomento, una «storia politica» o una
«storia militare» di taglio tradizionale costruita con un approccio di tipo
«macrostorico», ma è piuttosto una narrazione di tipo «microstorico» che
consente in qualche caso di rivedere taluni giudizi consolidati o di spiegare
certe situazioni o decisioni. Basterà un solo esempio. Dai Reports of
Operations si comprende il motivo dell'uso massiccio della artiglieria pesante
e dei bombardamenti alleati. Si trattò, infatti, di una scelta, in certo senso,
obbligata dalla accanita difesa delle truppe germaniche che, utilizzando
piccole unità e cecchini ben celati, riusciva a ritardare l'avanzata delle
truppe americane in un territorio aspro e difficile provocando uno stillicidio
di caduti tra le loro file.
Al di là della ricostruzione
degli aspetti militari della Campagna d'Italia, tuttavia, il lavoro di Donno
finisce per avere una importanza che trascende la dimensione della «storia
militare» propriamente detta perché contribuisce a demitizzare la vulgata
resistenziale sulla Liberazione e a far comprendere come il contributo degli
Alleati sia stato, davvero, fondamentale per le sorti del Paese.
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