NON VI E' DUBBIO CHE UNA NAZIONE PASSATA DA UN REGIME MONARCHICO AD UN REGIME REPUBBLICANO SIA UNA NAZIONE «DECLASSATA», E CIÒ NON PUÒ NON ESSERE AVVERTITO DA CHIUNQUE ABBIA UNA SENSIBILITÀ PER VALORI I QUALI, PER ESSERE SOTTILI E IMMATERIALI, NON PER QUESTO SONO MENO REALI.

sabato 13 febbraio 2021

13 Febbraio. Gaeta si arrende. La fine di un Regno.

 


Il 13 febbraio 1861, dopo un assedio iniziato dalle truppe italiane il 5 novembre, la fortezza di Gaeta, ritenendo, giustamente, il comando borbonico, ormai inutile ogni ulteriore resistenza, che avrebbe provocato solo nuovi lutti, si arrendeva e l’indomani, 14 febbraio, Francesco II con Maria Sofia, e la famiglia, si imbarcavano sulla corvetta “La Mouette”, messa a loro disposizione, da Napoleone III, per raggiungere Terracina e da lì Roma. Il generale Cialdini, comandante delle truppe italiane poteva prendere possesso della città, dalla quale uscivano, incolonnati, con l’onore delle armi, le truppe borboniche, con alla testa i loro generali, ai quali Cialdini ed il Principe Eugenio di Savoia, Luogotenente del Re, rivolgevano parole di meritato encomio per la difesa da loro, per mesi, sostenuta in Gaeta. Il Cialdini, che il Re Vittorio Emanuele avrebbe insignito del titolo di Duca di Gaeta, poi volle che il successivo 17 febbraio venisse celebrato sull’istmo una messa funebre per invocare pace all’anima degli estinti di entrambe le parti, rivolgendo alle truppe un ordine del giorno, di cui riproduciamo la seconda parte per la nobiltà di sentimenti ivi espressa:

“Soldati,

noi combattemmo contro italiani, e fu questo necessario ma doloroso ufficio; perciò non potrei invitarvi a manifestazioni di gioia, non potrei invitarvi agli insultanti tripudi del vincitore. Stimo più degno di voi e di me il radunarvi sotto le mura di Gaeta, dove verrà celebrata una gran messa funebre. Là pregheremo pace ai prodi, che durante questo memorabile assedio perirono combattendo tanto nelle nostre linee, quanto sui baluardi nemici. La morte copre di un mesto velo le discordie umane, e gli estinti sono tutti eguali agli occhi dei generosi. Le ire nostre d’altronde non possono sopravvivere alla pugna. Il soldato di Vittorio Emanuele combatte e perdona”.

Questo 13 febbraio ricorre perciò il centosessantesimo anniversario di questo storico evento che sanciva la fine del regno borbonico e poteva così consentire a Cavour, un mese dopo, di poter presentare al Parlamento, ancora subalpino il disegno di legge, di un solo articolo che proclamava Vittorio Emanuele II, Re d’Italia.

Domenico Giglio

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