NON VI E' DUBBIO CHE UNA NAZIONE PASSATA DA UN REGIME MONARCHICO AD UN REGIME REPUBBLICANO SIA UNA NAZIONE «DECLASSATA», E CIÒ NON PUÒ NON ESSERE AVVERTITO DA CHIUNQUE ABBIA UNA SENSIBILITÀ PER VALORI I QUALI, PER ESSERE SOTTILI E IMMATERIALI, NON PER QUESTO SONO MENO REALI.

martedì 16 febbraio 2021

Capitolo XV: L’anno 1929: Carnera una lunga scia di vittorie


 di Emilio Del Bel Belluz

 

Il 1929 fu un anno terribile che il mondo non avrebbe mai dimenticato. In America, dopo il crollo della Borsa di Wall Street del 24 ottobre, la crisi era diventata ancora più spaventosa. La disoccupazione aveva generato tanti uomini che pativano la fame, intere famiglie che non sapevano come sopravvivere. Una lotta dura che non lasciava presagire momenti di luce. Molte persone si suicidavano, capitava che in certi alberghi la gente chiedesse il piano più alto per buttarsi. Questa situazione tremenda si era estesa a macchia d’olio anche negli altri Paesi. La vita di tanta gente era stata stravolta. La parola depressione economica divenne pesante come un macigno, tante storie che avevano come matrice comune: la disperazione. La gente era costretta a fare mille sacrifici per mettere un boccone in tavola.  Carnera per affermarsi combatté molte volte nel terribile anno della depressione. Dopo l’incontro di Berlino dove aveva perduto la sua imbattibilità, salì sul ring per sedici volte, e riuscì a vincere il pugile Diener che lo aveva umiliato in Germania, il 28 aprile del 1929. Era passato quasi un anno e la rivincita fu fatta a Londra il 17 dicembre del 1929, e in quell’incontro, davanti a un pubblico numeroso, vinse per KO alla sesta ripresa. Alla fine del  1929, aveva disputato ben 19 incontri dei quali  undici vinti per KO, e due  sconfitte, di cui ottenne la rivincita. Nell’ultimo anno era stato a combattere in tante città: Parigi, Londra, S.Sebastiano, Marsiglia, Lipsia e Berlino. Il primo incontro con Stribling si svolse a Londra il 18 novembre 1929 e vinse per squalifica Carnera. Accadde una cosa importante che non avrebbe mai dimenticato, per uno come lui che era venuto dalla terra, da un mondo semplice. La vita con il circo gli aveva permesso di conoscere molto bene la Francia, tutti i piccoli paesi e gli aveva garantito almeno di poter mangiare e godere di qualche soldo, e poi l’opportunità di diventare un pugile. La sua fama di boxeur gli aveva permesso di combattere finalmente la fame; ma Carnera non avrebbe mai pensato di sedere assieme a tavola con un sovrano. La notizia giunse anche in Italia ed il Gazzettino del 20 novembre 1929 la riportò. “ Il Principe, futuro re Edoardo VIII, partecipò con Carnera ad un pranzo d’onore in casa di Lord Birkenhead  assieme ad una trentina di membri dell’aristocrazia. Carnera sedeva accanto al Principe, commosso per l’alto onore. Dopo il pranzo il Principe lo invitò a parlargli della sua vita, della sua famiglia e dei progetti per il futuro. Carnera aderì all’invito, suscitando nei presenti vivo interesse. Poi il Principe gli disse: “ Siete fortunato ad essere ancora tanto giovane, potreste così avere la possibilità di conquistare il titolo mondiale”. Il secondo incontro con Stribling si era svolto a Parigi il 7 dicembre 1929 e Carnera aveva perso per squalifica alla settima ripresa.  Primo era diventato più forte e gli allenamenti erano stati continui. Aveva 23 anni e non era più potuto tornare nei luoghi dove era nato e sognava questo momento. Aveva rivisto l’Italia e sua madre nell’unico combattimento che aveva fatto a Milano, nel novembre 1928. Sperando in un suo rientro a Sequals, gli era venuto in mente  l’organizzatore Carpegna che si era suicidato, quel dramma lo aveva dentro ancora e non era risuscito a dimenticarlo. Una sera parlò al suo allenatore di voler rientrare in Italia, ma costui era contrario, il suo posto era la Francia. Si stava già pianificando la data del prossimo incontro che sarebbe avvenuto in America. Era il sogno di tutti i pugili. Carnera insistette nella sua idea di far ritorno a casa, anche perché sua madre non stava tanto bene e  aveva già scritto a lei ed a un suo amico del suo rientro, La vita non era fatta solo di boxe e sentiva in lui la forte esigenza di trascorrere il Santo Natale in famiglia e di  assistere alla Messa di mezzanotte. Negli anni trascorsi all’estero  sognava spesso di rivedere il suo vecchio mondo. Primo Carnera, il 21 dicembre del 1929, tornò a casa. Primo partì dalla stazione di Parigi con alcune valige molto grandi, che contenevano doni e vestiti per la sua famiglia e gli amici meno fortunati di lui. Questa volta non era povero, e poteva permettersi la prima classe. Era famoso, era diventato uno dei pugili più importanti. Con sé aveva portato alcuni album su cui  la giovane del bistrot aveva incollato dei ritagli di giornale che parlavano di lui. Non vedeva l’ora di mostrarli alla sua famiglia. Questa vita è una bestia, una volta aveva detto in un momento di tristezza, ma tutto passa, anche il dolore ed ora il suo cuore esultava. Gli dispiaceva che la giovane del bistrot non l’avesse accompagnato e nemmeno fosse venuta a salutarlo alla stazione. Per lei gli addii erano troppo tristi da sopportare.  Carnera sentiva che quell’amore era molto importante e che non poteva finire tanto presto. Lasciando la Francia, provava un senso di riconoscenza verso coloro che lo avevano sostenuto.  La vita in quel periodo gli aveva  sorriso. Sapeva bene che non ci sono dei momenti solo felici, e bisognava apprezzare la gioia più che si poteva. Il suo allenatore gli aveva sempre raccomandato d’essere umile con tutti, specialmente sul ring dove tutto poteva cambiare da un momento all’altro. L’avversario è sempre imprevedibile,  i pugni fanno male, e il tappeto della vita è più doloroso del tappeto del ring. Il viaggio in treno fu lungo, ma non gli pesò, tanta era la voglia di rivedere la sua terra. Quando giunse finalmente alla stazione di Udine, qualcuno lo riconobbe e si avvicinò a salutarlo. Primo parlò con tutti, si diresse al bar della stazione dove fece un’ abbondante  colazione, che incuriosì le persone attorno nel vedere quanto mangiava e quanto alto e muscoloso era. Caricò i bagagli su un taxi, e si diresse a Sequals. La giornata di dicembre era fredda, ma aveva un grande cappotto che lo riparava. Provò una grande emozione quando sentì la parlata friulana del taxista che gli narrò gli avvenimenti più importanti degli ultimi tempi. Prima di arrivare in paese, chiese di fermarsi un attimo al cimitero, voleva portare un pensiero alla sua maestra. Non ebbe difficoltà a trovare la sua tomba, dove si raccolse a pregare, e in quegli attimi gli venne una grande nostalgia per una persona che lo aveva davvero amato, gli aveva insegnato cosa fosse la vita e gli aveva donato la bandiera Sabauda dalla quale non si era mai separato. Passando tra le tombe, riconobbe con sorpresa tante persone che erano morte, tra cui molti anziani del paese e si incupì nel vedere la tomba di un suo compagno di scuola, con il quale aveva spesso giocato. Mentre usciva dal cimitero s’avvicinò alla tomba del soldato austriaco a cui aveva preso le scarpe che era  posta vicina a quella di due soldati italiani, militi di due nazioni diverse che dormivano sotto lo stesso cielo, il sonno degli eroi. Il suo sguardo, poi, si posò sulle montagne, e sulla  chiesa che si stagliava verso il cielo. Quanto tempo era passato, sperava che ci fosse sempre lo stesso  vecchio prete e si domandava se sarebbe stato riconosciuto. Il tempo ti fa cambiare le persone con cui ti relazioni, ma quelle che hai conosciuto nell’infanzia te le porti sempre dentro. Un poco più avanti, una vecchia con dei fiori in mano lo riconobbe, lo chiamò per nome e le chiese di abbracciarlo. La donna era talmente piccola che Primo dovette inginocchiarsi per stringerla a sé. Il tassista si fermò davanti alla sua casa, scaricò le valige dal taxi. Primo rivide la mamma che lo abbracciò, questa volta non si mise in ginocchio come a Milano, l’anno prima. Dalla casa accorsero i fratelli, e il padre che stava nella stalla perché avevano riconosciuto la voce di Primo. Tra di loro ci fu una semplice stretta di mano, suo figlio non era più un bambino, questa volta aveva davanti un colosso d’uomo, una quercia come quelle  che era abituato ad abbattere nel bosco. La gente che abitava vicino alla casa di Primo voleva salutare il campione, l’uomo che aveva fatto sognare il paese. Ben presto la cucina si riempì di persone, e ognuna di loro lo salutava con affetto, specialmente i bambini che lo vedevano per la prima volta. In paese c’era aria di festa, tutti volevano vedere Carnera che da tempo era lontano, ed avevano potuto seguire le sue gesta solo dai giornali. Carnera era felice, la mamma aveva subito preparato qualcosa da mangiare, il padre Sante andò in cantina a prendere il vino migliore per brindare il ritorno del campione. Quando la cucina fu riempita di persone, Primo pensò d’uscire in strada, anche se faceva freddo, dove la gente del paese aveva preparato dei tavoli con sopra dei fiaschi di vino, del pane fresco e dei salami. In poco tempo la metà del paese si era riunita. La felicità del campione e dei suoi famigliari era immensa. Arrivò pure il vecchio parroco, che aveva tanti anni. Lo ospitarono in casa per non fargli prendere freddo. Il curato e il sindaco, le persone più illustri del paese, riservarono per Primo delle parole di lode e di gratitudine per aver fatto conoscere Sequals all’estero. Il parroco lo abbracciò e gli raccomandò la sua presenza in chiesa la prossima domenica. Era stato lui a battezzarlo, ed era lui che gli scriveva le lettere che la mamma gli dettava. Il vecchio prete non disdegnò qualche bicchiere di vino, ma lo sguardo della perpetua lo gelò al secondo bicchiere. Questa volta la donna non disse nulla, oggi era grande festa e bisognava accettare quel ben di Dio. Primo raccontò che quando si è lontani,  la nostalgia per quello che si è lasciato, é una ferita che non si rimargina mai e ti prende soprattutto alla sera, quando sei solo nella tua stanza. Quando era lontano, il suono delle campane del suo paese gli mancava moltissimo. Il primo pensiero del mattino e l’ultimo della sera era rivolto ai suoi genitori. La gente continuava ad arrivare, le donne del paese avevano preparato la gubana: il dolce preferito da Primo. Qualcuno andò a prendere una fisarmonica, sapendo che al campione  piaceva suonarla. Allora si cominciò a cantare e a ballare, il vino mitigava la sensazione pungente del freddo. Qualcuno aveva cominciato a cantare le vecchie canzoni che parlavano di coloro che avevano lasciato la propria terra e qualche lacrima era scivolata furtiva sul volto di tanti, ma complice il buio non si vide. Carnera era stato festeggiato come se avesse vinto il titolo mondiale dei pesi massimi, in realtà, aveva solo vinto una ventina d’incontri. Una ragazza del paese gli chiese come era andata la cena con il principe del Galles, e se era bella l’Inghilterra. Carnera, vista la grande curiosità della giovane, la accontentò dilungandosi a raccontare con generosità di particolari. Primo passò i giorni seguenti attorniato dal calore della famiglia; la mamma lo viziava con i suoi piatti preferiti. Ora in casa Carnera, grazie alle somme inviate dal figlio, non regnava più la povertà. La mamma però cercava di non  farsi vedere troppo affettuosa con lui, non voleva ingelosire gli altri due figli. Le madri sono gli angeli della casa, il fuoco della famiglia, e nessun vento avrebbe potuto spegnare l’amore che donano. Alcuni giorni dopo venne a trovarlo quel bambino che era fuggito da casa e che era andato a Milano, fingendo d’essere il nipote. Il ragazzo era in compagnia dei genitori che ringraziarono il campione per le gentilezza avuta per il figlio e per la grossa mancia che gli aveva dato. Il ragazzo era cresciuto e a scuola andava bene. Qualche sera Carnera andava all’osteria del suo paese, il Bottegon, dove gli piaceva giocare a carte con gli amici e bere qualche bicchiere di buon vino. Gli affari dell’oste erano notevolmente migliorati, grazie all’aumento degli avventori che accorrevano per vedere il campione. Inoltre, il proprietario aveva fatto stampare delle foto di lui e della sua casa natia che venivano autografate da Primo e poi distribuite ai clienti. Carnera aveva sempre con sé una bella penna stilografica, che esibiva volentieri come un trofeo. Gli era stata regalata da un tifoso in Francia, e per lui era un portafortuna di cui era gelosissimo. Nei giorni che precedevano il Santo Natale, il parroco aveva chiesto l’aiuto di Primo per costruire la capanna, sapendo che lui era un bravo falegname, e per restaurare delle statue che con il tempo si erano danneggiate. Alla fine in chiesa c’era il presepe più bello, mai costruito prima. Il vecchio parroco sentiva il peso degli anni, ma sembrava che in quei giorni tutto fosse incantevole. Venne la vigilia del S. Natale ed il sacerdote celebrò la Messa di Mezzanotte, la chiesa era gremita di gente. A Primo quei momenti magici e ricchi di fede erano mancati tanto. Carnera aveva capito che, dopo aver viaggiato molto, il posto che amava di più era il paese dov’era nato. La festa del Natale la passò in famiglia, che da anni attendeva questo momento e non pensava che si realizzasse. Il buon cibo, il presepe allestito in un angolo della casa assieme all’albero con le luci scintillanti, gli erano mancati molto. Quella sera la mamma gli chiese se avesse una fidanzata, se qualche ragazza avesse rapito il suo cuore. Il pugile abbassò gli occhi, come se dovesse nascondere qualcosa, ma era solo la timidezza che aveva dentro che non riusciva a vincere. Raccontò che in Francia aveva conosciuto una ragazza con la quale usciva nei momenti di libertà, era una giovane tranquilla che lavorava in un bistrot  e gli procurava tanta gioia lo stare insieme. Proprio in quei giorni le aveva scritto una lettera. Dal portafoglio trasse una sua foto e la mostrò ai genitori, che la guardarono ammirandola, era una bella giovane e le domande della mamma si fecero incalzanti e Primo rispondeva con poche parole. Il S. Natale, che era iniziato con la Messa  di Mezzanotte, finì; come tutte le cose belle terminano troppo in fretta. In quei giorni aveva ricevuto un telegramma da Léon Sée, che gli annunciava che ai primi di gennaio sarebbero partiti per l’America: una nuova avventura sarebbe iniziata. Tenne la notizia per sé, non voleva preoccupare la madre. Carnera avrebbe preso una nave come tanti avevano fatto per andare a lavorare nelle Americhe, con il cuore pieno di speranza. Il mondo della boxe negli Stati Uniti era molto popolare, nonostante ci fosse la depressione economica. Bisognava salire la vetta per arrivare al titolo mondiale.  Gli ultimi giorni a Sequals furono piuttosto malinconici. La mamma se ne era accorta, ma non volle chiedergli nulla. Festeggiò il capodanno con la famiglia e gli amici. Il giorno prima della partenza si recò dal parroco per salutarlo, e si raccomandò di stare vicino alla sua famiglia. Prima di lasciare la canonica, gli consegnò una somma di denaro da destinare ai poveri del paese. Il parroco gli diede un bacio e gli promise che avrebbe pregato per lui. Lasciò dei soldi, anche, alla mamma di un suo compagno di scuola, che dopo aver perso un figlio ed il marito, non se la passava bene. Quello stesso giorno tornò al cimitero dove era sepolta la sua mastra e incontrò la donna che l’aveva assistita con tanto amore, e gli disse che l’insegnante aveva sempre pensato a lui, lo nominava sempre, e gli aveva voluto bene come una mamma. Lasciando  il cimitero con Lucia, volle portare un fiore al soldato austriaco a cui aveva sfilato le scarpe, con le quali era andato in Francia. L’indomani mattina Carnera partì con il taxi verso la stazione di Udine, dopo aver abbracciato la mamma e salutato i fratelli e il padre. Lasciando Sequals, venne colto dalla stessa tristezza che provò quando lasciò l’Italia per la prima volta, per recarsi in Francia. Le ultime immagini che portò con sé furono una casa con le luci accese ed il fumo di un camino che volteggiava verso il cielo.


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