di Emilio
Del Bel Belluz
Il 1929 fu un anno terribile
che il mondo non avrebbe mai dimenticato. In America, dopo il crollo della
Borsa di Wall Street del 24 ottobre, la crisi era diventata ancora più
spaventosa. La disoccupazione aveva generato tanti uomini che pativano la fame,
intere famiglie che non sapevano come sopravvivere. Una lotta dura che non
lasciava presagire momenti di luce. Molte persone si suicidavano, capitava che
in certi alberghi la gente chiedesse il piano più alto per buttarsi. Questa
situazione tremenda si era estesa a macchia d’olio anche negli altri Paesi. La
vita di tanta gente era stata stravolta. La parola depressione economica
divenne pesante come un macigno, tante storie che avevano come matrice comune:
la disperazione. La gente era costretta a fare mille sacrifici per mettere un
boccone in tavola. Carnera per
affermarsi combatté molte volte nel terribile anno della depressione. Dopo
l’incontro di Berlino dove aveva perduto la sua imbattibilità, salì sul ring
per sedici volte, e riuscì a vincere il pugile Diener che lo aveva umiliato in
Germania, il 28 aprile del 1929. Era passato quasi un anno e la rivincita fu
fatta a Londra il 17 dicembre del 1929, e in quell’incontro, davanti a un
pubblico numeroso, vinse per KO alla sesta ripresa. Alla fine del 1929, aveva disputato ben 19 incontri dei
quali undici vinti per KO, e due sconfitte, di cui ottenne la rivincita.
Nell’ultimo anno era stato a combattere in tante città: Parigi, Londra,
S.Sebastiano, Marsiglia, Lipsia e Berlino. Il primo incontro con Stribling si
svolse a Londra il 18 novembre 1929 e vinse per squalifica Carnera. Accadde una
cosa importante che non avrebbe mai dimenticato, per uno come lui che era
venuto dalla terra, da un mondo semplice. La vita con il circo gli aveva
permesso di conoscere molto bene la Francia, tutti i piccoli paesi e gli aveva
garantito almeno di poter mangiare e godere di qualche soldo, e poi
l’opportunità di diventare un pugile. La sua fama di boxeur gli aveva permesso
di combattere finalmente la fame; ma Carnera non avrebbe mai pensato di sedere
assieme a tavola con un sovrano. La notizia giunse anche in Italia ed il
Gazzettino del 20 novembre 1929 la riportò. “ Il Principe, futuro re Edoardo
VIII, partecipò con Carnera ad un pranzo d’onore in casa di Lord
Birkenhead assieme ad una trentina di
membri dell’aristocrazia. Carnera sedeva accanto al Principe, commosso per
l’alto onore. Dopo il pranzo il Principe lo invitò a parlargli della sua vita,
della sua famiglia e dei progetti per il futuro. Carnera aderì all’invito,
suscitando nei presenti vivo interesse. Poi il Principe gli disse: “ Siete
fortunato ad essere ancora tanto giovane, potreste così avere la possibilità di
conquistare il titolo mondiale”. Il secondo incontro con Stribling si era
svolto a Parigi il 7 dicembre 1929 e Carnera aveva perso per squalifica alla
settima ripresa. Primo era diventato più
forte e gli allenamenti erano stati continui. Aveva 23 anni e non era più
potuto tornare nei luoghi dove era nato e sognava questo momento. Aveva rivisto
l’Italia e sua madre nell’unico combattimento che aveva fatto a Milano, nel
novembre 1928. Sperando in un suo rientro a Sequals, gli era venuto in
mente l’organizzatore Carpegna che si
era suicidato, quel dramma lo aveva dentro ancora e non era risuscito a
dimenticarlo. Una sera parlò al suo allenatore di voler rientrare in Italia, ma
costui era contrario, il suo posto era la Francia. Si stava già pianificando la
data del prossimo incontro che sarebbe avvenuto in America. Era il sogno di
tutti i pugili. Carnera insistette nella sua idea di far ritorno a casa, anche
perché sua madre non stava tanto bene e
aveva già scritto a lei ed a un suo amico del suo rientro, La vita non
era fatta solo di boxe e sentiva in lui la forte esigenza di trascorrere il
Santo Natale in famiglia e di assistere
alla Messa di mezzanotte. Negli anni trascorsi all’estero sognava spesso di rivedere il suo vecchio
mondo. Primo Carnera, il 21 dicembre del 1929, tornò a casa. Primo partì dalla
stazione di Parigi con alcune valige molto grandi, che contenevano doni e
vestiti per la sua famiglia e gli amici meno fortunati di lui. Questa volta non
era povero, e poteva permettersi la prima classe. Era famoso, era diventato uno
dei pugili più importanti. Con sé aveva portato alcuni album su cui la giovane del bistrot aveva incollato dei
ritagli di giornale che parlavano di lui. Non vedeva l’ora di mostrarli alla
sua famiglia. Questa vita è una bestia, una volta aveva detto in un momento di
tristezza, ma tutto passa, anche il dolore ed ora il suo cuore esultava. Gli
dispiaceva che la giovane del bistrot non l’avesse accompagnato e nemmeno fosse
venuta a salutarlo alla stazione. Per lei gli addii erano troppo tristi da
sopportare. Carnera sentiva che
quell’amore era molto importante e che non poteva finire tanto presto. Lasciando
la Francia, provava un senso di riconoscenza verso coloro che lo avevano
sostenuto. La vita in quel periodo gli
aveva sorriso. Sapeva bene che non ci
sono dei momenti solo felici, e bisognava apprezzare la gioia più che si
poteva. Il suo allenatore gli aveva sempre raccomandato d’essere umile con
tutti, specialmente sul ring dove tutto poteva cambiare da un momento
all’altro. L’avversario è sempre imprevedibile,
i pugni fanno male, e il tappeto della vita è più doloroso del tappeto
del ring. Il viaggio in treno fu lungo, ma non gli pesò, tanta era la voglia di
rivedere la sua terra. Quando giunse finalmente alla stazione di Udine,
qualcuno lo riconobbe e si avvicinò a salutarlo. Primo parlò con tutti, si
diresse al bar della stazione dove fece un’ abbondante colazione, che incuriosì le persone attorno
nel vedere quanto mangiava e quanto alto e muscoloso era. Caricò i bagagli su
un taxi, e si diresse a Sequals. La giornata di dicembre era fredda, ma aveva
un grande cappotto che lo riparava. Provò una grande emozione quando sentì la parlata
friulana del taxista che gli narrò gli avvenimenti più importanti degli ultimi
tempi. Prima di arrivare in paese, chiese di fermarsi un attimo al cimitero,
voleva portare un pensiero alla sua maestra. Non ebbe difficoltà a trovare la
sua tomba, dove si raccolse a pregare, e in quegli attimi gli venne una grande
nostalgia per una persona che lo aveva davvero amato, gli aveva insegnato cosa
fosse la vita e gli aveva donato la bandiera Sabauda dalla quale non si era mai
separato. Passando tra le tombe, riconobbe con sorpresa tante persone che erano
morte, tra cui molti anziani del paese e si incupì nel vedere la tomba di un
suo compagno di scuola, con il quale aveva spesso giocato. Mentre usciva dal
cimitero s’avvicinò alla tomba del soldato austriaco a cui aveva preso le
scarpe che era posta vicina a quella di
due soldati italiani, militi di due nazioni diverse che dormivano sotto lo
stesso cielo, il sonno degli eroi. Il suo sguardo, poi, si posò sulle montagne,
e sulla chiesa che si stagliava verso il
cielo. Quanto tempo era passato, sperava che ci fosse sempre lo stesso vecchio prete e si domandava se sarebbe stato
riconosciuto. Il tempo ti fa cambiare le persone con cui ti relazioni, ma
quelle che hai conosciuto nell’infanzia te le porti sempre dentro. Un poco più
avanti, una vecchia con dei fiori in mano lo riconobbe, lo chiamò per nome e le
chiese di abbracciarlo. La donna era talmente piccola che Primo dovette
inginocchiarsi per stringerla a sé. Il tassista si fermò davanti alla sua casa,
scaricò le valige dal taxi. Primo rivide la mamma che lo abbracciò, questa
volta non si mise in ginocchio come a Milano, l’anno prima. Dalla casa
accorsero i fratelli, e il padre che stava nella stalla perché avevano
riconosciuto la voce di Primo. Tra di loro ci fu una semplice stretta di mano,
suo figlio non era più un bambino, questa volta aveva davanti un colosso
d’uomo, una quercia come quelle che era
abituato ad abbattere nel bosco. La gente che abitava vicino alla casa di Primo
voleva salutare il campione, l’uomo che aveva fatto sognare il paese. Ben
presto la cucina si riempì di persone, e ognuna di loro lo salutava con
affetto, specialmente i bambini che lo vedevano per la prima volta. In paese
c’era aria di festa, tutti volevano vedere Carnera che da tempo era lontano, ed
avevano potuto seguire le sue gesta solo dai giornali. Carnera era felice, la
mamma aveva subito preparato qualcosa da mangiare, il padre Sante andò in
cantina a prendere il vino migliore per brindare il ritorno del campione.
Quando la cucina fu riempita di persone, Primo pensò d’uscire in strada, anche
se faceva freddo, dove la gente del paese aveva preparato dei tavoli con sopra
dei fiaschi di vino, del pane fresco e dei salami. In poco tempo la metà del
paese si era riunita. La felicità del campione e dei suoi famigliari era
immensa. Arrivò pure il vecchio parroco, che aveva tanti anni. Lo ospitarono in
casa per non fargli prendere freddo. Il curato e il sindaco, le persone più
illustri del paese, riservarono per Primo delle parole di lode e di gratitudine
per aver fatto conoscere Sequals all’estero. Il parroco lo abbracciò e gli
raccomandò la sua presenza in chiesa la prossima domenica. Era stato lui a
battezzarlo, ed era lui che gli scriveva le lettere che la mamma gli dettava.
Il vecchio prete non disdegnò qualche bicchiere di vino, ma lo sguardo della
perpetua lo gelò al secondo bicchiere. Questa volta la donna non disse nulla,
oggi era grande festa e bisognava accettare quel ben di Dio. Primo raccontò che
quando si è lontani, la nostalgia per
quello che si è lasciato, é una ferita che non si rimargina mai e ti prende
soprattutto alla sera, quando sei solo nella tua stanza. Quando era lontano, il
suono delle campane del suo paese gli mancava moltissimo. Il primo pensiero del
mattino e l’ultimo della sera era rivolto ai suoi genitori. La gente continuava
ad arrivare, le donne del paese avevano preparato la gubana: il dolce preferito
da Primo. Qualcuno andò a prendere una fisarmonica, sapendo che al
campione piaceva suonarla. Allora si
cominciò a cantare e a ballare, il vino mitigava la sensazione pungente del
freddo. Qualcuno aveva cominciato a cantare le vecchie canzoni che parlavano di
coloro che avevano lasciato la propria terra e qualche lacrima era scivolata
furtiva sul volto di tanti, ma complice il buio non si vide. Carnera era stato
festeggiato come se avesse vinto il titolo mondiale dei pesi massimi, in
realtà, aveva solo vinto una ventina d’incontri. Una ragazza del paese gli
chiese come era andata la cena con il principe del Galles, e se era bella
l’Inghilterra. Carnera, vista la grande curiosità della giovane, la accontentò
dilungandosi a raccontare con generosità di particolari. Primo passò i giorni
seguenti attorniato dal calore della famiglia; la mamma lo viziava con i suoi piatti
preferiti. Ora in casa Carnera, grazie alle somme inviate dal figlio, non
regnava più la povertà. La mamma però cercava di non farsi vedere troppo affettuosa con lui, non
voleva ingelosire gli altri due figli. Le madri sono gli angeli della casa, il
fuoco della famiglia, e nessun vento avrebbe potuto spegnare l’amore che
donano. Alcuni giorni dopo venne a trovarlo quel bambino che era fuggito da
casa e che era andato a Milano, fingendo d’essere il nipote. Il ragazzo era in
compagnia dei genitori che ringraziarono il campione per le gentilezza avuta
per il figlio e per la grossa mancia che gli aveva dato. Il ragazzo era
cresciuto e a scuola andava bene. Qualche sera Carnera andava all’osteria del
suo paese, il Bottegon, dove gli piaceva giocare a carte con gli amici e bere
qualche bicchiere di buon vino. Gli affari dell’oste erano notevolmente
migliorati, grazie all’aumento degli avventori che accorrevano per vedere il
campione. Inoltre, il proprietario aveva fatto stampare delle foto di lui e
della sua casa natia che venivano autografate da Primo e poi distribuite ai
clienti. Carnera aveva sempre con sé una bella penna stilografica, che esibiva
volentieri come un trofeo. Gli era stata regalata da un tifoso in Francia, e
per lui era un portafortuna di cui era gelosissimo. Nei giorni che precedevano
il Santo Natale, il parroco aveva chiesto l’aiuto di Primo per costruire la
capanna, sapendo che lui era un bravo falegname, e per restaurare delle statue
che con il tempo si erano danneggiate. Alla fine in chiesa c’era il presepe più
bello, mai costruito prima. Il vecchio parroco sentiva il peso degli anni, ma
sembrava che in quei giorni tutto fosse incantevole. Venne la vigilia del S.
Natale ed il sacerdote celebrò la Messa di Mezzanotte, la chiesa era gremita di
gente. A Primo quei momenti magici e ricchi di fede erano mancati tanto.
Carnera aveva capito che, dopo aver viaggiato molto, il posto che amava di più
era il paese dov’era nato. La festa del Natale la passò in famiglia, che da
anni attendeva questo momento e non pensava che si realizzasse. Il buon cibo,
il presepe allestito in un angolo della casa assieme all’albero con le luci
scintillanti, gli erano mancati molto. Quella sera la mamma gli chiese se
avesse una fidanzata, se qualche ragazza avesse rapito il suo cuore. Il pugile
abbassò gli occhi, come se dovesse nascondere qualcosa, ma era solo la
timidezza che aveva dentro che non riusciva a vincere. Raccontò che in Francia
aveva conosciuto una ragazza con la quale usciva nei momenti di libertà, era una
giovane tranquilla che lavorava in un bistrot
e gli procurava tanta gioia lo stare insieme. Proprio in quei giorni le
aveva scritto una lettera. Dal portafoglio trasse una sua foto e la mostrò ai
genitori, che la guardarono ammirandola, era una bella giovane e le domande
della mamma si fecero incalzanti e Primo rispondeva con poche parole. Il S.
Natale, che era iniziato con la Messa di
Mezzanotte, finì; come tutte le cose belle terminano troppo in fretta. In quei
giorni aveva ricevuto un telegramma da Léon Sée, che gli annunciava che ai
primi di gennaio sarebbero partiti per l’America: una nuova avventura sarebbe
iniziata. Tenne la notizia per sé, non voleva preoccupare la madre. Carnera
avrebbe preso una nave come tanti avevano fatto per andare a lavorare nelle
Americhe, con il cuore pieno di speranza. Il mondo della boxe negli Stati Uniti
era molto popolare, nonostante ci fosse la depressione economica. Bisognava
salire la vetta per arrivare al titolo mondiale. Gli ultimi giorni a Sequals furono piuttosto
malinconici. La mamma se ne era accorta, ma non volle chiedergli nulla.
Festeggiò il capodanno con la famiglia e gli amici. Il giorno prima della
partenza si recò dal parroco per salutarlo, e si raccomandò di stare vicino
alla sua famiglia. Prima di lasciare la canonica, gli consegnò una somma di
denaro da destinare ai poveri del paese. Il parroco gli diede un bacio e gli
promise che avrebbe pregato per lui. Lasciò dei soldi, anche, alla mamma di un
suo compagno di scuola, che dopo aver perso un figlio ed il marito, non se la
passava bene. Quello stesso giorno tornò al cimitero dove era sepolta la sua
mastra e incontrò la donna che l’aveva assistita con tanto amore, e gli disse
che l’insegnante aveva sempre pensato a lui, lo nominava sempre, e gli aveva voluto
bene come una mamma. Lasciando il
cimitero con Lucia, volle portare un fiore al soldato austriaco a cui aveva
sfilato le scarpe, con le quali era andato in Francia. L’indomani mattina
Carnera partì con il taxi verso la stazione di Udine, dopo aver abbracciato la
mamma e salutato i fratelli e il padre. Lasciando Sequals, venne colto dalla
stessa tristezza che provò quando lasciò l’Italia per la prima volta, per
recarsi in Francia. Le ultime immagini che portò con sé furono una casa con le
luci accese ed il fumo di un camino che volteggiava verso il cielo.
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