nell'articolo sull'8 settembre in
merito al trasferimento
del Re viene
giustamente citato un
vero storico, il Prof. Lucio Villari, che non mi risulta essere monarchico,
il quale spiega pacatamente l'assoluta
necessità, ai fini della continuità dello Stato, dell'allontanamento da Roma del Capo dello Stato stesso, il Re, unica fonte all'epoca di legittimità istituzionale.
L'evitare di essere preso prigioniero
per un Capo di Stato è una
necessità storica: Churchill disse che, se i tedeschi
fossero sbarcati nelle isole britanniche, si sarebbe
trasferito con il
Re in Canada; il
Presidente della Repubblica
francese nel 1940 si trasferì da Parigi a Bordeaux; la
Regina d'Olanda lasciò il
paese per il Canada; il Re del Belgio
Leopoldo III, invece, rimase e
fu in pratica
prigioniero dei tedeschi, il che gli fu poi rinfacciato nel dopoguerra: Stalin stesso, avvicinandosi i tedeschi a Mosca,
preferì allontanarsi giustamente dalla Capitale.
Nel XIX secolo, guerra franco-prussiana del 1870,
Napoleone III, invece, fu fatto prigioniero dai
prussiani con le conseguenze a
Parigi e nella Francia che ben
conosciamo.
In conclusione, l'allontanamento
da Roma, che non poteva trasformarsi in una
Stalingrado, essendo inoltre la sede del Capo
della Chiesa Cattolica, fu per Vittorio
Emanuele III un'amara
necessità ed essersi
diretto verso l'unica parte dell'Italia, Brindisi, che non fosse in mano né
dei tedeschi né
degli anglo-americani, consentì
quella continuità legale e istituzionale
necessaria per gli
adempimenti dell'armistizio.
Quanto poi alla morte della Patria,
molto ci sarebbe da
discutere perché l'esempio di fedeltà
dato dalla Regia Marina, dalla poca Regia
Aviazione rimasta, dalle
divisioni italiane in
Sardegna ed in Corsica, che riuscirono ad allontanare i tedeschi, per
non parlare di Cefalonia, Corfù,
Rodi, Lero dimostrano che la
frase finale del
messaggio di Badoglio
di accettazione dell'armistizio con
gli anglo-americani, sul dovere di
reagire ad attacchi
provenienti da qualunque altra
parte, era il massimo
di ordine che
potesse darsi per chi voleva capire
ed agire di conseguenza.
Sempre per la storia, si era
anche ipotizzato un trasferimento via
mare, del Re e del Governo, in Sardegna ma l'annuncio, dato l'8 settembre - una data
eccessivamente vicina alla data della firma
dell'armistizio avvenuta a Cassibile
il 3 settembre - rese la
stessa impossibile.
Molto altro ci sarebbe da dire per cui consiglio di leggere
"Il Regno del Sud", di Agostino
degli Espinosa, testimone oculare, scritto subito dopo i fatti ed uscito
nel 1946, nella sua prima
edizione, e successivamente ristampato, sul lavoro
improbo di ricostruzione, comprese le Forze Armate
che già
a dicembre 1943 combatterono valorosamente a Montelungo contro l'esercito tedesco.
Domenico Giglio
Caro Direttore,
non ho mai pensato né preteso
di vedere pubblicato le mia lettera ma il silenzio e l''oblio riguardante
l'opera delle Forze Armate del
Regno d'Italia, dopo l’8 settembre 1943, mi riempie di amarezza se non di sdegno.
Oltre alla Regia Marina che compì
centinaia di missioni, con le proprie navi
e con la propria Bandiera, per l'Esercito
si tratta di
oltre 400.000 uomini, impiegati ed impegnati sia nella prime linee
sia nelle retrovie, con 22.385
ufficiali e 396.630 soldati.
Essi diedero un contributo effettivo, notevole e documentato
alla liberazione dell'Italia centro-settentrionale,
testimoniato dal numero dei riconoscimenti
ricevuti per il periodo
dall'8 settembre 1943 al 25 aprile 1945, con 21 Ordini Militari di
Savoia, 69 Medaglie
d'Oro, 241 Medaglie d'Argento, 382 Medaglie di Bronzo e 459 Croci di
Guerra!
Avrei altro da aggiungere ma il linguaggio dei numeri è più
che eloquente.
Domenico Giglio
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