Duole rilevare la totale assenza della figura del Re dalla narrazione del riscatto del Piave. Comunque da leggere.
Lo staff
di Aldo Cazzullo su www.corriere.it
L’attacco, l’incapacità di resistere, le fughe. Cronaca della grande sconfitta italiana.
In realtà la gran parte dei nostri soldati fu valorosa: lo provano i mille corpi nell’ossario tedesco. Ora nella conca di Plezzo c’è un golf club, nell’Isonzo si fa rafting
Duole rilevare la totale assenza della figura del Re dalla narrazione del riscatto del Piave. Comunque da leggere.
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Non si è mai capito
bene perché i 400 cannoni di Badoglio abbiano taciuto, nell’alba nebbiosa del
24 ottobre 1917. Ora dalla cima del Kolovrat ci si butta con il parapendio.
Vista da quassù, la vallata dove passarono i tedeschi sembra un bersaglio
facile. Si è pensato che Badoglio volesse lasciar entrare il nemico nella
trappola per colpirlo con comodo. In realtà, i tedeschi intercettavano le sue
comunicazioni radio: ovunque il generale si spostasse, veniva individuato e
bersagliato; distrutte le linee telefoniche, sovrastate dal fragore le
«trombette bitonali», abbattuti pure i piccioni viaggiatori. La nebbia fece il
resto. L’ordine di aprire il fuoco non arrivò mai. Eppure sapevamo tutto. Fin
da sabato 20 ottobre, quando un disertore boemo, il tenente Maxim, si è
consegnato con notizie dettagliate sull’attacco imminente. L’Isonzo restituisce
un cadavere con la divisa dei tedeschi: ci sono anche loro. Lunedì 22 ottobre
arriva il re, che viene avvisato: la situazione è drammatica. Vengono fatti
saltare i ponti sul fiume. L’editoriale del Corriere della Sera annuncia
un’offensiva nemica alle porte. Martedì 23 ottobre Cadorna tiene consiglio di
guerra, sotto un ippocastano. I suoi generali sono quasi tutti piemontesi come
lui: Capello, Badoglio, Bongiovanni, Cavaciocchi, Cavallero (che è ancora
colonnello). Si parla dialetto; Caviglia, che è ligure di Finale, si arrangi.
Cadorna è disperato: «Mio padre prese Roma, a me tocca perderla!». Badoglio si
è appena sfogato con l’attendente: «Ce la siamo data a intendere gli uni con
gli altri, e adesso è finita! Non c’è più nulla, neanche lo stellone!». Ma ora
di fronte al comandante in capo che lo incalza — «e chiel? L’on ca fa chiel?»,
lei cosa fa? — ostenta tranquillità: «Mi? A mi ‘n manca gnente. Mi manca solo
un campo di prigionia per i nemici che cadranno nelle nostre mani». Cadorna gli
mette una mano sulla spalla.
[...]
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