Spesso si parla ovunque della necessità che un Partito monarchico abbia un
suo programma anche di carattere politico, economico e sociale per proporsi
altri obiettivi oltre quello principale della Restaurazione monarchica e su
questo siamo tutti perfettamente d’accordo. E’ infatti necessario per
l’attualità stessa del problema istituzionale che alla soluzione ne siano
connesse delle altre riguardanti dei punti di vita pratica che senza avere una
grande importanza intrinseca, stiano però molto a cuore all’uomo della strada o
possano talvolta avere dei riflessi di grande portata. Il punto sul quale
nessuno è d’accordo è quello riguardante il modo di risolvere questi problemi e
il metodo da adottare per il loro esame e la loro valutazione.
Molti sono ancora attaccati alle vecchie idee liberali in politica e
liberiste in economia, altri desiderano formule socialmente più progredite che
diano allo Stato una vita più moderna e snella, altri ancora si ispirano a
concetti di esasperato nazionalismo o concepiscono una restaurazione solo nel
quadro di una grande unione europea.
Fra tutti questi pareri opposti e completamente divergenti fra loro è
talvolta difficile trovare la via giusta ed occorre allora tornare alle
origini, a quelle che è la voce maestra di Colui che è il simbolo della unità
della Patria, del Re.
Questa funzione ha appunto il monito sovrano che di tanto in tanto giunge
ai monarchici italiani, per chiarire, per insegnare, per incitare, per indicare
la via giusta, e fra questi moniti, particolare importanza ci sembra il Messaggio inviato da Umberto II ai
monarchici italiani in occasione della VI Assemblea nazionale dell'Unione
Monarchica Italiana( Cascais 1 maggio 1954, nota delolo staff ).
La voce del Re è giunta in un momento di particolare tristezza e di grande
sbandamento a portare una chiarificazione necessaria e un’indicazione
indispensabile che è nostro dovere seguire e le sue parole anche oggi a sei
mesi di distanza hanno la identica attualità e il medesimo valore, cosa questa
che prova come esse siano valide non solo per un momento contingente della
politica ma per tutta la durata della lotta che i monarchici italiani stanno
conducendo.
Tutti i nostri problemi sono esaminati nel messaggio e per tutte le
categorie di cittadini c’è un consiglio, un ammonimento, ima parola di speranza
e di fede nell’avvenire come per ogni dubbio c’è una risposta e una soluzione,
e fa questi interrogativi trova posto quello che oggi è il più imperioso e il
più drammatico di tutti: il problema della vita. « Certezza che la Nazione non
perderà le sue libere istituzioni e non sarà travolta da conati di dittature
sempre condannabili: è questa certezza soltanto che potrà far riprendere alle
forze della produzione quel continuo cammino che porta il capitale a creare
nuovo lavoro; lavoro ben rimunerato, garantito dalle leggi e inserito
nell'organizzazione giuridica dello Stato, attraverso il riconoscimento dei
sindacati, che dà con l’accresciuto tenore di vita e l’aumento dei consumi,
incremento alla produzione e nuovo lavoro. Riconoscimento dei sindacati e
inserzione nell'organismo giuridico dello Stato, che non vietino però alle
classi lavoratrici un’ordinata azione intesa ad ottenere giusti patti di
lavoro, nel quadro delle comuni fortune della produzione». Queste le parole
del Sovrano che esplicitamente inquadra i termini della questione annosa fra
capitale e lavoro, questione che non può essere risolta che attraverso un
accordo fra queste forze opposte eppure ugualmente indispensabili alla
produzione e alla vita dello stato; tutte quelle divergenze che necessariamente
sorgono, debbono essere composte per il comune interesse nel quadro
dell’interesse nazionale e della concordia che deve sempre regnare fra i figli
della stessa Patria.
Per chi accusa i monarchici di essere socialmente reazionari queste parole
sono la dimostrazione che nel programma di un’Italia monarchica trovano primo
posto quei postulati popolari che solo da una nazione unita sotto il simbolo
regale potranno avere anche una soluzione reale ed efficiente, di fronte al
disinteressamento liberista e agli estremismi delle sinistre la giusta
soluzione può essere trovata appunto in questa collaborazione dal Sovrano
auspicata.
E nel Messaggio altresì possiamo trovare le nobili parole rivolte a noi che
abbiamo l’onore e il privilegio di essere i più fedeli alla causa dell’ Italia
monarchica anche in quest’ora tanto triste e pur così rosea di speranze:« E voi
monarchici, dovete essere d’esempio nella concordia e nel costume politico,
nell’elevamento dalle basse diatribe quotidiane alla visione dei grandi
problemi nazionali, nell’operare con assoluto continuo disinteresse».
E qui dobbiamo noi ispirarci per la nostra azione politica, per la condotta
da tenere nelle contingenze della vita pubblica perché il nostro stile sia
sempre superiore e inconfondibile, perché il nostro modo di agire sia veramente
di degni servitori di un grande Sovrano e di una grande Dinastia; è necessario
astrarsi dalle brutture quotidiane, dai maneggi della piccola politica, per
sentire quell’afflato di amor di Patria che ci permetta di dire a fronte alta
che la nostra battaglia è veramente condotta «per il bene inseparabile del Re e
della Patria», per quei fini che il Re stesso addita nella chiusura
dell’Augusto Messaggio: «Per la ricostruzione morale e materiale di un’Italia
politicamente pacificata, socialmente progredita, unita nei suoi confini
consacrati dal sacrificio, rispettata in un’Europa federata e in un mondo senza
conflitti, di quell’Italia che è il desiderio ardente e il fermo proposito
della nostra vita».
Queste sono le parole con cui il Re ha voluto terminare il suo scritto,
quasi a suggellare questa solenne espressione della Sua volontà ed ora è a noi
sapere interpretare e attuare questi desideri che per noi sono ordini e
insegnamenti preziosi; in ogni contingenza dobbiamo attingere a questa fonte
per andare avanti sulla nostra strada e raggiungere la nostra meta; la parola
del Re ci sia luce, e di incitamento il grido di tutte le battaglie: Avanti
Savoia!
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