NON VI E' DUBBIO CHE UNA NAZIONE PASSATA DA UN REGIME MONARCHICO AD UN REGIME REPUBBLICANO SIA UNA NAZIONE «DECLASSATA», E CIÒ NON PUÒ NON ESSERE AVVERTITO DA CHIUNQUE ABBIA UNA SENSIBILITÀ PER VALORI I QUALI, PER ESSERE SOTTILI E IMMATERIALI, NON PER QUESTO SONO MENO REALI.

mercoledì 10 maggio 2017

Monarchia Sociale e Comunità Nazionale

POLITICA DELL'AGRICOLTURA

C) Occorre rivedere e migliorare la attuale legislazione relativa alla riforma agraria, e tutta la politica agraria. Circa i problemi economici e sociali nel settore dell'agricoltura, deve anzitutto premettersi che esso non è inficiato, come quelli industriale e finanziario, del fenomeno capitalistico, se non forse in poche e individuali singole eccezioni, e che esso è stato vittima di una manovra politico-capitalistica, intesa a scaricare sull'agricoltura la pressione demagogica nella  speranza di rallentarla negli altri settori, manovra nella quale governo e maggioranza quadripartita     sono corresponsabili. Nella agricoltura italiana i principI della proprietà  e dell’iniziativa privata privata sono – a differenza di quanto accade in altri settori - ancora sostanzialmente sani, sebbene anche in questo settore siano aperti, e talvolta urgenti, i problemi di gararantire l'adempimento della funzione sociale della proprietà, di ripartirla secondo le esigenze sociali e produttivistiche ove essa non abbia risposto e non risponda a quell'adempimento, di elevare il tenore di vita - spesso bassissimo - delle classi lavoratrici, di assicurar loro maggiori possibilità di lavoro e più dirette misure previdenziali insieme con il problema della difesa del reddito agricolo dal doppio giuoco dei monopoli industriali e delle indiscriminate e inopportune importazioni. I più urgenti problemi sociali ed economici dell'agricoltura italiana possono così indicarsi:

PROBLEMI AGRICOLI URGENTI

a) Necessità di uno legge generale di riforma agraria basata sul criterio della produttività ed in armonia col principio fondamentale della subordinazione del bene privato del singolo proprietario all’interesse superiore e collettivo dell’agricoltura Nazionale.
Da ciò l'inaccettabilità da parte nostra dei principi informatori della legge stralcio, in base ai quali gli enti di riforma hanno proceduto agli espropri , entro i rispettivi territori, non secondo criteri tecnico produttivistici bensì secondo un rigido limite di imponibile fiscale sopra il quale noti si può ben possedere e sotto il quale si può invece anche mal possedere.
Si ritiene che gli enti di riforma, così come oggi tecnicamente e giuridicamente congegnati, costituiscano un complesso di organismi eccessivamente costosi, in proporzione alle superfici da esse servite, e troppo vistosamente soggetti ad illecite interferenze politiche.

La natura e le funzioni degli attuali ispettorati agrari provinciali, ridotti oggi a semplici uffici di statistica economica o di pura sperimentazione o di arida promozione di concorsi qualitativi, fanno ritenere però che gli enti di riforma, una volta riportati nell’alveo giuridico della normale amministrazione statale, ed utilizzati secondo i nuovi principi di una riforma generale, possa-no trovare la propria giustificazione ed il proprio utile impiego sotto forma di Centri Tecnici Provinciali o meglio intercomunali, ponendo al servizio di un intero territorio l'opera del proprio personale specializzato o la ingente disponibilità del proprio macchinario agricolo.
Lo Stato avrà il diritto ed il dovere di procedere all'esproprio, previo equo risarcimento, senza alcun riguardo all'estensione della superficie posseduta, quando il proprietario, al quale siano state preventivamente offerte tutte le opportune provvidenze di miglioramento fondiario e di credito agrario, abbia dato dimostrazione di non volerne usufruire.
E' altresì di urgente soluzione il problema della «polverizzazione» della proprietà agricola, altrettanto perniciosa agli interessi della produzione Nazionale di quanto lo sia la grande proprietà tecnicamente arretrata e priva di capitale liquido di riserva; appare pertanto indispensabile una apposita legislazione che stabilisca il limite minimo tecnicamente razionale della proprietà agricola, sotto al quale nessuna entità economica rurale possa determinarsi tanto per frazionamento ereditario quanto per atto di compra-vendita.

    b) Necessità di porre fine all'incertezza del diritto nel campo dei contratti agrari mercé una legge la quale - secondo indiscutibili principi generali di diritto - faccia salva la volontà delle parti circa i termini e il contenuto del contratto, rivaluti l'istituto della mezzadria classica, tipica e felice elaborazione della agricoltura italiana, e quanto agli altri contratti ne definisca i tipí    economico giuridici salvando la necessaria libera circolabilità delle famiglie contadine sulla terra, così per fondamentali ragioni morali e giuridiche come per profondi motivi sociali ed economici.


c) Necessità di innovare completamente la legislazione previdenziale abolendo gli attuali contributi unificati, che si sono rivelati un esoso espediente fiscale più che non un efficiente strumento previdenziale. sostituendoli con un sistema di previdenza personale e diretta per le effettive prestazioni di lavoro compiute, come quello che vige per i lavoratori degli altri settori economici; e salvo sempre il dovere dello Stato di provvedere direttamente e congruamente alle previdenze per vecchiaia e disoccupazione che, nel settore agricolo più che in altri, sono -da considerarsi una conseguenza dell'attuale ordine sociale il cui carico ricade. direttamente sullo Stato. Al problema della disoccupazione agricola -  là dove essa si rivela fenomeno endemico - lo Stato può e deve provvedere, in concomitanza con la auspicata legge di riforma agraria generale nuova. per criteri ispiratori e per strumenti esecutivi, con operazioni di migrazione interna le quali attraggano i lavoratori e le loro famiglie, senza violarne la libertà di residenza, per fondati motivi economici e sociali.

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