di Pier Franco Quaglieni
Ricorrono i quarant’anni dalla morte dell’ultimo Re d’Italia mancato a Ginevra nel 1983. Quando seppi della sua morte rimasi in silenzio, memore di quello che ha rappresentato anche per la mia generazione. Scrissi su di lui un articolo su “Stampa sera“ solo un anno dopo. Fu il Re dei miei verd’anni, per usare un verso di Carducci rivolto a Carlo Alberto. Nel 1961 mio padre mi accompagnò a Cascais a Villa Italia per farmi conoscere il successore del Re galantuomo quasi totalmente dimenticato nel centenario del Regno e dell’ Unità. L’ho rivisto più volte e all’atto del mio matrimonio il Re mi mandò dei gemelli in dono. Ragioni di disguidi burocratici del Comune di Torino mi impedirono di averlo testimone alle mie nozze, dove sarebbe stato rappresentato dall’amico Umberto di Collegno, collare dell’ Annunziata. Conservo tanti suoi biglietti e anche dei ricordi gentili e affettuosi che mi mandava tramite il ministro della Real Casa Falcone Lucifero. Scrissi su “Stampa sera“ un articolo contro la norma costituzionale transitoria dell’esilio, che venne affiancato da un articolo, favorevole all’esilio, di un signore destinato a diventare incredibilmente niente meno che il presidente di una consulta dei senatori del Regno , si fa per dire , copiando quella originale. Tal personaggio pretese persino di decidere anche il futuro di una dinastia millenaria, scegliendo da Torre San Giorgio , provincia di Cuneo, il futuro pretendente al trono anche se fu implacabile giacobino nel sostenere l’esilio del Re. Oggi sarò a ricordare Umberto II a Racconigi dove il Re nacque il 15 settembre 1904. E’ un grande onore che mi è stato concesso. Racconigi gli ha dedicato un monumento, Roma uno largo a lui intitolato. Forse anche Torino dovrebbe fare qualcosa per ricordare il Principe di Piemonte che amò profondamente Torino dove visse probabilmente la stagione più bella della sua vita. Ad Umberto II gravemente malato fu negato di rivedere l’ultima volta la sua Patria. Ricordo la faziosità meschina e miserevole di Riccardo Lombardi contro il Re. Qualcuno mi ha scritto chiedendomi perché vado a ricordarlo. Gli ho risposto ricordando che il Re scelse di partire dall’Italia il 13 giugno 1946 per evitare una seconda guerra civile. Ma i motivi per ricordarlo sono molti altri. Il suo richiamo <<L’Italia innanzi tutto >> resta più attuale che mai anche oggi. L’ultima parola pronunciata dal Re prima di morire fu <<Italia >>, una parola non retorica pronunciata in punto di morte dall’esule che sarebbe potuto essere un grande Re di una nuova Italia democratica, simbolo della migliore storia italiana. Ho appreso da un’amica che ci sarà una mostra torinese su Umberto. Ne sono lieto, ma certo, se fosse ancora in vita il generale Cravarezza, non lo avrei saputo per via indiretta come mi è accaduto ieri. Cravarezza fu con me dieci anni fa a ricordare Umberto a Torino ed Alassio. Lo ricorderemo il 16 marzo a Palazzo Cisterna senza di lui, ma io non tralascerò di ricordare anche il Generale di Corpo d’Armata dell’esercito repubblicano che conservava con cura a casa sua la bandiera tricolore con lo scudo sabaudo.
fonte: Il torinese
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