NON VI E' DUBBIO CHE UNA NAZIONE PASSATA DA UN REGIME MONARCHICO AD UN REGIME REPUBBLICANO SIA UNA NAZIONE «DECLASSATA», E CIÒ NON PUÒ NON ESSERE AVVERTITO DA CHIUNQUE ABBIA UNA SENSIBILITÀ PER VALORI I QUALI, PER ESSERE SOTTILI E IMMATERIALI, NON PER QUESTO SONO MENO REALI.

domenica 12 marzo 2023

Il Re, i Soldati, il Generale che vinse, XIV parte

 


IL senso più commovente di questo svolgersi della situazione non appariva in superficie ma si nascondeva nel profondo ed era il lento inesorabile orientarsi dell'Italia sull'ago del suo destino da sola e contro le forze avverse, di tanto più possenti, tra le quali con la guida del prudente e coraggioso suo Re, avanzava.

Il ben noto dibattito sulla preparazione dell'Intervento, sulle giornate di maggio (« il maggio radioso ») sulle difficoltà insorte per la celebrazione di Quarto e la mancata presenza del Re, sugli estremi disperati tentativi di Giolitti per trarre il Paese dal passo in cui s'era avventurato e la profluvie di discorsi, di sospetti, di dimostrazioni della piazza, descrivono una crisi assai più vasta e solo paragonabile ripeto, a quella insorta nella vita costituzionale dell'Italia alla fine dell'ottobre '22. Terminava il lungo «regno» di Giolitti, cioè di una personalità al di fuori e al di sopra del Governo, dei partiti e persino delle Istituzioni, dalla quale si facevano dipendere, e dipendevano, come da un Semidio, e la guerra e la pace.

Cominciava un'altra storia nella quale il piccolo Re avrebbe campeggiato da solo, sebbene anche sullo sfondo delle trincee e dei cannoni, delle sanguinose battaglie e delle sudate vittorie, delle sconfitte e delle rivincite, si volesse minare il posto ch'egli si acquistava nell'animo degli italiani e s'era in gran parte guadagnato. Indubbiamente sfuggiva all'attenzione di chi viveva quella storia il legame profondo tra gli avvenimenti e il loro significato. La guerra contro gli Imperi centrali fracassava definitivamente l'equilibrio interno e internazionale dell'Europa, mandava all'aria la politica del «balance of powers» e iniziava il fatale declino del continente. Sotto questo profilo, se fossero ammissibili certe deduzioni, sin dal 1911 l'Italia, la piccola esitante Italia alla quale Giolitti negava ogni possibilità di affrontare l'Austria e di tenersi in piedi in una tormenta come quella ch'era per scatenarsi, — aveva rotto il ghiaccio e iniziato quel «lunghissimo periodo di guerre continentali» di cui parla Croce. Importava però allinearsi con la storia. La retorica dannunziana dell'«atto di vita», apparve assai meno retorica di quanto fosse. Sorretta dal consiglio e dall'energia del Re, il Paese andò avanti ed ebbe, dopo Caporetto, nozione della sua forza. Tutti in quelle circostanze credettero perché il Re credette. La profezia giolittiana dell'arrivo a Verona e a Milano degli austriaci stava per avverarsi, ed anche la rivoluzione e il disfacimento dell'Unità. Ma sul punto di diventare realtà quelle profezie sfumarono.

Anche il 25 luglio e l'8 settembre 1943 siamo passati per simile crocevia, in circostanze per tanti aspetti uguali e per tantissimi altri più gravi. In questi tre momenti noi troviamo viva e operante la figura del Re Vittorio. Strumento e insieme movente dei fatti egli fu correttivo prezioso della varia fortuna e delle forze opposte prementi implacabili e feroci sul Paese. Questo libro narra appunto, sulla scorta di nuovi documenti e ricerche, accostandole, l'opera e l'azione di Vittorio Emanuele III e del generale Armando Diaz la prima volta che l'Italia, come s'è detto, fu sul punto di diventare una mera espressione geografica e potette levarsi in piedi, poi, vittoriosa.

 

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