NON VI E' DUBBIO CHE UNA NAZIONE PASSATA DA UN REGIME MONARCHICO AD UN REGIME REPUBBLICANO SIA UNA NAZIONE «DECLASSATA», E CIÒ NON PUÒ NON ESSERE AVVERTITO DA CHIUNQUE ABBIA UNA SENSIBILITÀ PER VALORI I QUALI, PER ESSERE SOTTILI E IMMATERIALI, NON PER QUESTO SONO MENO REALI.

giovedì 12 gennaio 2023

Il Re, i Soldati, il Generale che vinse, X parte

 


 Si credette (citiamo il fatto perché riflette quanta legittima e fondata convinzione di «non far nulla per nulla» dominasse la democrazia italiana di allora) a grandi compensi ottenuti da Tittoni. Per la stipula della Triplice, nel 1882, ci s'era promesso la restituzione di Trento; si pensò, dunque, a quella promessa mancata. Si trattava invece di ben poco: rinunzia alla guarnigione austriaca a Novi Bazar e annessione al Montenegro del Porto di Antivari e del litorale, con limitazioni strategiche. Fu l'opposizione repubblicana a brillare in quell'occasione e sarebbe ancora oggi istruttivo, specie per i repubblicani, rileggere i discorsi di Barzilai e di Fortis. È vero che Barzilai e Fortis giuravano al Re che, probabilmente, taluni dei loro discorsi dovette ispirare. Del resto il 23 marzo 1911 Bissolati andò al Quirinale, lui che dieci anni prima aveva gridato «Abbasso il Re». La Monarchia, scrisse la «Propaganda», credette di aver «aggiogate le tigri», ma non era poi la Monarchia ad averlo fatto, era l'Italia. Il fenomeno si ripeterà dopo Caporetto nel gran moto di energia nazionale opposto, da ogni settore dell'opinione, compresa quella dei socialisti, all'accettazione del disastro.

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Il cinquantenario del Regno, lo scoprimento della Mole sacconiana a Piazza Venezia, l'inaugurazione dell'Istituto internazionale di Agricoltura, il Congresso dell'Emigrazione presieduto da Marconi (siamo nel 1911) concludevano nella floridità delle finanze e nelle speranze e impulsi del nazionalismo nascente la bella stagione del regno di Vittorio Emanuele III. La politica estera ch'egli o ispirava o attuava la riassunse Giolitti alla Camera riconfermando la «fedeltà nelle alleanze e nelle amicizie», una politica del piede di casa, se si vuole, poiché in casa si trattava di fare ordine, pacificare le masse proletarie, comporre gli interessi della mano d'opera con quelli del capitale terriero e industriale, incrementare i grandi servizi pubblici, guidare la finanza dello stato. Né era tenero quel Governo Giolitti con gli imprudenti: si mise fulmineamente a riposo il generale Asinari di Bernezzo, un combattente di Custoza che l'Il novembre del 1909 consegnando una bandiera al reggimento di cavalleria di Brescia additò le « colline bagnate di sangue di tanti martiri e di là, non troppo lontano, le terre irredenti le quali attendono l'opera vostra».

Per quanto i nazionalisti e i futuristi e i dannunziani tempestassero e vedessero l'Italia « ridotta ad affittacamere dell'Europa spendereccia » l'unica politica estera     possibile e di maggior frutto era quella seguita fino allora.

Corradini aveva formulato le fondamentali proposizioni nazionalistiche, una delle quali affermava che se l'Italia era una nazione proletaria rispetto alle altre in Europa, il suo socialismo doveva essere il nazionalismo. L'« Idea Nazionale » uscì il giorno anniversario della battaglia di Adua e cominciò subito la campagna per la spedizione di Tripoli. Tuttavia né gli articoli di giornali, né i drammi di Corradini (in generale i nazionalisti ebbero fama di mediocri letterati passati alla politica, in busca di miglior fortuna),   né i disegni di Fortunino Matania (uno, col marinaio che rileva l'antica daga romana dalla salma rivestita di armatura d'un legionario, fu celebre) bastavano a convincere contadini e operai. Mussolini incitava le donne a stendersi attraverso i binari dei treni militari.

Circa la sponda africana, poi, i pareri e le notizie contrastavano quasi si trattasse d'una ultima irraggiungibile Thule. Corradini andava esaltandone clima e fertilità sulla scorta di Erodoto; Frassati mandò Bevione sul posto a scrivere articoli entusiastici, poiché l'impresa stava molto a cuore all'industria piemontese; Nitti, al solito, mostri parere contrario. Già nel 1907 aveva scritto: «Non vi è nessun impero da conquistare, non vi è che l'avvenire da compromettere». Poi troverà la famosa definizione della Libia: «lo scatolone di sabbia » mentre Turati disse l'altra:«l'inutile oceano di mortifere arene».

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