METAFISICA E MISTICA DELLA MONARCHIA
Nel dare le giustificazioni della
Monarchia e nell'evidenziare i valori che essa esprime, stabiliremo tra essi
una gerarchia. È evidente che, secondo il pensiero tradizionale, le ragioni più
alte ed importanti sono quelle di carattere metafisico. Nel mondo moderno esse
sono offuscate e sono presenti solo inconsciamente, ma ciò non toglie nulla
alla loro validità.
Sulla metafisica della Monarchia, Julius
Evola ha scritto pagine credo insuperate tra i pensatori contemporanei:"...
Se noi cerchiamo la più alta giustificazione tradizionale della regalità, noi
la troviamo in una concezione, secondo la quale lo Stato (e ancor più l'Impero)
ha un suo significato e una sua finalità trascendente, appare come un trionfo
del cosmos sul caos, come una formazione efficace operata da una forza
dall'alto -- gli antichi dicevano: da una forza del 'sopramondo' — in seno
all'elemento naturalistico del demos e, in genere, a tutto ciò che è
semplicemente etnico, biologico e, in senso ristretto, 'umano'... Ora, il punto
in cui si manifesta eminentemente, si raccoglie e si fa efficace questa forza
dall'alto conferente allo Stato l'anzidetto significato trascendente è appunto
il Re, il Monarca" (6).
Stesso concetto esprimeva Goffredo Pistoni
sulla rivista dell'U.M.I.:"Il Re aveva una funzione mediatrice fra il
divino (visto, soprattutto, sotto l'aspetto cosmico) e l'umano. Tutti i suoi
gesti, tutte le sue azioni erano simboliche, nel senso in cui si è detto, e la
sua funzione superiore era quella della giustizia vista appunto sotto l'aspetto
di un tradurre - e far rispettare - l'ordine cosmico; di portare ciascuno a
riconoscere ed accettare il posto assegnatogli nel mondo secondo un tale
ordine" (7).
Questa funzione del Monarca di
collegamento tra il divino e l'umano, presente nelle religioni pre-cristiane, è
mantenuta dal Cristianesimo: "Indubbiamente il Cristianesimo ad
incominciare dal nome di
Cristo -
che vuol dire l'Unto, il Re - e dal vanto della sua discendenza dal Re Davide,
venne a costituire una riaffermazione del valore della regalità in opposizione
alla mera funzione sacerdotale distaccatasi da quella regale ed anche se volle
appoggiare l'accento sul fine ultimo, ossia sulla regalità che nasce e si
sviluppa nelle anime, non venne certamente esclusa l'azione mediatrice
esercitata dal Cristo come presenza mistica che tuttavia può anzi deve trovare
il suo punto d'appoggio su chi lo rappresenti - ed azione mediatrice nei
confronti del cosmo" (8).
Così nel Medioevo alcuni teologi considerarono
l'unzione regale come un sacramento; richiamandosi alla figura biblica di
Melchisedek si parlò di "religio regalis" e di "sacramentum
fidelitatis".
Esamineremo in seguito che cosa significa,
alla luce della dottrina cattolica, l'espressione "Re per Grazia di
Dio", per ora basti dire che: "In tempi non lontani il 'per grazia di
Dio', la sovranità di diritto divino non implicò, nei sudditi, considerazioni
teologiche specifiche; essa valeva, per così dire, in termini esistenziali,
corrispondeva appunto al disegno di un punto superiore di riferimento, punto
che viene assolutamente meno quando il Re è tale unicamente per 'volontà della
nazione' o dei 'popolo'. D'altra parte, solo in quel presupposto potevano
svilupparsi, nei sudditi, nel segno del lealismo, quelle disposizioni, quelle
forme di comportamento e di costume di un superiore valore etico..."
(9).
Sia chiaro fin d'ora che se si distrugge
la nozione di "diritto divino" si distrugge la giustificazione più
alta della Monarchia. Non a caso la "Grazia di Dio" è ancora oggi
invocata da, credo, tutte le monarchie.
Tutto ciò comporta una mistica della
Monarchia, che il popolo, ove sia libero dalla corruzione delle ideologie,
desidera e sente profondamente. Sempre Evola ha scritto parole definitive sul
senso di "servire il Re", "combattere per il proprio Re" e
sul significato parodistico e declassato che tali espressioni assumono quando
devono essere riferite ad un presidente in cui non si potrà mai riconoscere
altro che un "funzionario", un "borghese" (10).
Questo mistico collegamento tra Re e
popolo richiede una ascesi e una liturgia della potenza, in cui hanno parte sia
quella bonomia e naturale semplicità che era propria dei sovrani medioevali
sia, quando necessario, tutta la pompa e il "pathos della distanza"
che devono dare il senso della sacralità del potere regale. Ciò ha ben compreso
la Monarchia britannica, così popolare proprio perché assolutamente
anti-populista; ciò non comprendono coloro che confondono la popo
larità con
l'umiltà ostentata, l'imborghesimento e l'abbandono demagogico dello sfarzo
nelle cerimonie.
6) In Citazioni sulla Monarchia, ed. Thule.1978, p. 13.
7) In Sull'antico simbolo della regalità, in Monarchia, anno I, f. 1, aprile 1956 p. 55.
8) Ibidem, p. 57.
9) Op. cit, p. 13.
10) In Significato e funzione della Monarchia, in appendice a K. Loewenstein, La Monarchia nello stato moderno, ed. Volpe, 1969, pp. 184-5.
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