di Emilio Del Bel Belluz
Qualche giorno dopo rividi per la seconda volta Elena, ci eravamo messi d’accordo per la domenica. Puntualmente mi presentai davanti alla sua casa, bussai e mi venne ad aprire la mamma della giovane che mi fece entrare, anche se con poco entusiasmo, forse, aveva capito che avevo una certa simpatia per la figlia. Entrato, non vidi Elena e mi preoccupai, temevo che avesse cambiato idea.
Quello che mi colpì furono i fiori che vidi in bella evidenza sulla tavola, erano tutti e due i mazzi che le avevo portato. Decisi di non dire nulla, e cercai di non osservarli, quasi di ignorarli, non volevo che potessero sospettare di me. Elena, nel frattempo era arrivata, e questo fu un grande sollievo, non aveva dimenticato il nostro appuntamento. La madre mi chiese se avevo deciso di comprare la barca e le attrezzature della pesca. Le risposi di sì, si trattava solo di ridurre lievemente il prezzo e l’affare sarebbe stato vantaggioso per entrambi. La donna abbozzò un sorriso che le mancava sul volto da quando era entrato in casa.
Volle offrirmi qualcosa da bere per riscaldarmi, visto che fuori il freddo era pungente. Da una credenza tolse una bottiglia di un liquore d’erbe preparato in casa, che volle lo bevessi con il caffè. Nel frattempo Elena mi si era seduta vicino, e non disse nulla su chi avesse recapitato i fiori. Qualcosa però mi diceva che sapeva benissimo che non potevo essere stato che io. Questo suo silenzio, però, mi mortificava. La madre disse che d’affari ne avremmo parlato la prossima volta, e di domenica era preferibile dedicarsi ad altro, come fare una passeggiata. Questo mi fece capire che alla fine non le dispiaceva che la ragazza uscisse con me, sembrava quasi un consenso.
Fuori dalla casa le chiesi se era felice di stare in mia compagnia, non rispose, ma sorrise. Decidemmo di prendere la barca e di raggiungere un paese vicino. Le avrei mostrato una bella villa veneta e vicino ad essa una piccola chiesa. Quel posto era il luogo dove mi piaceva rifugiarmi nei momenti in cui l’inquietudine mi assaliva, e solo quella meta riusciva a placarmi.
La piccola chiesa era stata costruita molti anni prima da un vecchio “santo” come lo chiamavano, si diceva che avesse fatto fortuna in America ed era tornato al suo paese sano e salvo. Nel viaggio di ritorno in patria, dopo molti anni di duro lavoro, aveva rischiato di morire. La nave era entrata in collisione con un’altra imbarcazione e l’uomo, guardando il cielo e cercando il buon Dio, aveva promesso che se fosse stato salvato si sarebbe impegnato a costruire una chiesetta. Aveva scelto quel posto perché lì era nato in una casa poco distante dal fiume. L’uomo era morto da anni, ma quella chiesetta era sempre stata oggetto di culto. Durante la Grande Guerra una bomba l’aveva danneggiata, ma la popolazione volle ristrutturarla e divenne come prima. Elena era affascinata dal mio racconto e me lo disse, io invece mi aspettavo che mi parlasse dei fiori. Accostai la barca vicino alla riva e scendemmo. La giornata era fredda ma bella, un sole timido nascosto da delle nuvole grigiastre che si inseguivano. Quello di osservare le nuvole era una mia passione, avevo l’impressione che nascondessero il volto dei miei genitori che mi proteggevano dall’alto. Elena, nel frattempo, aveva voluto entrare in chiesa, e davanti alla statua di San Giuseppe si mise a pregare. Io, invece, mi indirizzai verso la statua della Madonna per la quale avevo una particolare devozione, ereditata da mia madre. Mostrai a Elena che davanti alla statua delle Madonna vi erano stati posti dei fiori freschi, da parte di qualcuno che s’era rivolto alla Vergine per ringraziarla o chiedere una grazia. Elena mi sorrise, e mi disse che anche lei aveva ricevuto due mazzi di fiori, che di solito si portano alle persone gentili.
Quelle parole mi fecero bene al cuore, e le svelai che i due mazzi le erano stati regalati da me.
La bella Elena sorrise, mi disse che aveva molto gradito quei fiori portati di notte senza che nessuno vedesse, sfidando il fiume, e senza una luce se non le stelle, che come sentinelle mi avevano assistito facendomi compagnia nella notte. I fiori emanavano un profumo delicato e avevano dato un tocco di bellezza alla povera casa. I giorni che ci separavano dal prossimo incontro le sembravano non passare mai ed Elena spesso si soffermava sull’argine con l’illusione di vedermi arrivare in anticipo. Nel frattempo, mentre parlavamo, si era fatto quasi mezzogiorno e decidemmo di tornare a casa. L’acqua del fiume era pulita e calma, la barca scivolava tranquilla, ogni tanto i pesci facevano qualche guizzo. Elena era felice e me lo disse, si sentiva tranquilla, forse per la prima volta dopo la morte del padre. Quando giungemmo a casa, la mamma di Elena non c’era. Aveva lasciato un biglietto in cui era scritto che si era recata da una parente a trovarla, ma aveva preparato un boccone per tutti e due. La tavola era imbandita, e in bella mostra vi erano i due vasi di fiori, che profumavano. La donna aveva preparato una focaccia, il cui profumo si era diffuso nella cucina. Nel fuoco scoppiettava un grosso ceppo di gelso. Assaporammo dell’ottima carne con delle patate. Alla fine del pranzo ci mettemmo davanti al caminetto, e parlammo degli avvenimenti più importanti della nostro passato e delle persone che ne avevano fatto parte. Immancabile fu il ricordo che la giovane fece del genitore che era morto da qualche mese, e del grande vuoto che aveva lasciato. A mia volta le raccontai della perdita dei miei genitori, e del dolore che tuttora provavo per non averli come punto di riferimento nella mia vita. Le raccontai il motivo per cui avevo scelto di vivere lungo il fiume: mi donava una serenità interiore, un senso di sicurezza e mi aiutava a diventare un uomo.
Le parlai anche dell’importanza della figura di Genoveffa nella mia vita e dell’affetto reciproco che provavamo. La sua presenza poteva essere paragonata a quella di una madre. Nella mia casa non mi faceva mancare mai il profumo di un fiore. Le dissi che in una cassa di mio padre avevo trovato una cinquantina di libri e ogni tanto mi mettevo a leggere. Parlavano della pesca, e della vita dei pescatori di fiume. Mio padre amava starsene nel tempo libero a leggere qualche pagina, come diceva lui lo faceva stare bene con se stesso e con gli altri. Era sempre stato un pescatore, un mestiere che gli era stato trasmesso da suo padre. Uno che nasce lungo il fiume ha un vincolo speciale ed indissolubile con esso; ti rapisce il cuore e ti fa suo per sempre. Le storie e le leggende che nascevano lungo il fiume venivano portate fino al mare.
Vittorio disse che in questi giorni s’era rivolto al fiume, ringraziandolo per avergliela fatta conoscere. Il loro incontro lo considerava un miracolo permesso dal buon Dio per farli felici. Prima di lasciarsi, Elena le sfiorò il volto con la sua mano e a Vittorio sembrava che quel tocco amorevole non dovesse svanire mai.
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