di Emilio Del Bel Belluz
Nel periodo
successivo all’ addio alla boxe si era sposato con una donna argentina che gli
aveva donato alcuni figli e non aveva nessun rimpianto della boxe. Ogni tanto
andava a vedere una riunione di pugilato e ritrovava l’ambiente in cui aveva
vissuto per tanti anni. Quello che gradiva era che la gente lo riconoscesse e
gli chiedesse dei vecchi incontri di boxe. Ma erano altri tempi, ora la sua
vita era un’altra, con meno applausi, ma con grande soddisfazione per la
famiglia che aveva formato. Carnera rimuginava questi pensieri mentre era
seduto in un locale, dove la gente sorseggiava del buon vino. Con sé aveva
portato dei giornali che parlavano di boxe e ipotizzavano un incontro tra lui e
Jack Sharkey. Scrivevano già dei contratti che erano stai firmati dai managers,
ma Primo non ne sapeva ancora nulla. Si scriveva che questo incontro doveva
essere considerato davvero importante e valevole quasi come un campionato del
mondo. Primo, bevendo del buon vino italiano, sorrise ed era felice di quello
che si prospettava, anche se non poteva condividere con nessun amico questa sua
gioia. Da anni ormai stava nel mondo della boxe e sentiva che in qualche modo
la sua vita pugilistica avrebbe dovuto concludersi con il titolo mondiale. In
Europa era considerato il più forte, e questo voleva dire che sarebbe stato il
campione dei pesi massimi. Il titolo europeo era alla sua portata, e se avesse
potuto stare in Italia non gli sarebbe dispiaciuta la corona in questa
categoria. A Sequals avrebbe potuto godere della compagnia della famiglia e dei
suoi paesani: proprio in quei giorni, dopo aver incontrato De Carolis, aveva
spedito a tutte le famiglie del paese una cartolina con un saluto. La giornata
di riposo fu allietata da una cena con Paul Journée che gli annunciò del
prossimo match con Sharkey. Alcune cose erano ancora da definirsi, come
l’entità della borsa.
Passarono una
serata tranquilla, il suo allenatore era molto importante per lui, era come un
padre, lo seguiva e lo supportava sempre. Qualche giorno dopo venne a cercarlo
in palestra il suo manager che gli confermò quello che avevano scritto i
giornali: l’incontro si sarebbe fatto a ottobre. La data approssimativa era il
12 ottobre, giorno della scoperta dell’America, solo avvenuta nel 1492. Si
ricordava bene questa data che aveva studiato a scuola. La maestra aveva pure
fatto dei cenni sulla vita di Cristoforo Colombo, e gli era tornato in mente un
bel monumento che aveva visto vicino a una chiesa cattolica a San Francisco.
Paul Journée gli disse che non c’era tempo da perdere, gli allenamenti
sarebbero iniziati quasi subito. Quello che era il più importante combattimento
per Carnera, fu anche un tormento, non dovuto tanto a lui, ma al suo avversario
che aveva subito degli incidenti durante gli allenamenti. Sharkey si era ferito
ad un occhio, a un dito , e il match era stato in pericolo. Nel frattempo
Carnera non aveva mai smesso di allenarsi, e con la dura attività fisica era
calato di alcuni chili, modellando bene il suo corpo. La gente assisteva ai
suoi allenamenti, e questo faceva ben sperare sulla presenza di molti
spettatori all’incontro. Costoro non avevano dimenticato il ciclope italiano,
il Maciste che diventava sempre più forte. Un fotografo italo-americano gli
aveva scattato una bella fotografia con i guantoni, in cui aveva scritto: Primo
Carnera, il gigante di Sequals. Spesso la gente gli chiedeva degli autografi e
non voleva mai deluderla.
Agli allenamenti
assistevano tanti italiani che si trovavano a vivere in quei luoghi. I suoi fan
gli portavano spesso dei regali,tra cui una penna stilografica di pregio con le
sue iniziali. Questo dono gliela aveva fatto una ragazza, tra l’altro molto
bella con la quale si era intrattenuto a parlare dopo l’allenamento. Gli
mancava il piacere di conversare con una donna, e mentre stava in qualche modo
rilassandosi lo chiamò con voce imperativa l’allenatore, perché bisognava ritornare
in albergo. Quella ragazza presenziò a molte sedute di allenamento, e Primo la
trovava simpatica, ma non poteva permettersi delle distrazioni: il momento era
determinate. Pochi giorni dopo Carnera saliva sul ring per affrontare sulla
distanza delle quindici riprese il pericoloso avversario. Il mondo della boxe
era tutto puntato su questo match, a bordo ring c’erano tanti giornalisti e
gente dello spettacolo. Carnera appariva tranquillo, aveva attorno al collo la
bandiera sabauda. Salutò il pubblico, sventolò il vessilo e molti italiani
presenti si alzarono in piedi e fecero altrettanto: fu un momento veramente
toccante. L’arbitro Gunboat Smith chiamò i due pugili al centro del ring, e li
fece le solite raccomandazioni. Oltre all’arbitro l’incontro aveva due giudici:
Georges Kelly e Charles Madison. Carnera era più alto e più pesante del suo
avversario. Aveva fatto registrare Kg 118,335 e Sharkey pesava Kg 91,625.
L’incontro ebbe inizio e la folla scandiva i nomi dei due pugili. Le prime
riprese furono favorevoli a Sharkey, l’ex marinaio andò a segno con dei duri
colpi che Carnera aveva assorbito e aveva tentato di reagire, ma non avevano
scosso l’americano. Nel quarto round Carnera andava a terra, rialzatosi
l’arbitro lo contava e l’incontro ricominciò, ma era talmente debole che
ritornò al tappeto. Primo chiaramente provato ritornò a combattere.
All’angolo del
pugile italiano si sentivano le urla di Paul Journée che lo incitava a non
arrendersi. Molti italiani presenti all’incontro si alzarono in piedi e
urlarono al campione di lottare. Carnera continuò il match, ma l’incontro era
ormai ipotecato e ci voleva davvero un miracolo. All’undicesimo round Carnera
aveva un occhio tumefatto e quasi chiuso che gli impediva di vedere i colpi di
Sharkey. Il match andò avanti e Carnera aveva dimostrato del coraggio, una
forza di continuare senza resa, ma la stoffa del campione stavolta non era
stata sufficiente. (Carnera) Dodicesimo e tredicesimo round : “ Ormai il match
è virtualmente finito poiché Carnera non pensa più che a difendersi. I suoi
colpi sono lanciati senza convinzione e non possono più provocare il Ko
dell’avversario, il solo che potrebbe mutare le sorti del combattimento. Il
pubblico incita l’americano affinché chiuda il combattimento col Ko, ma la resistenza
e la forza di volontà di Carnera hanno del fantastico. Pur dovendo superare
momenti pericolosissimi specialmente nella quindicesima ripresa, durante la
quale l’ex marinaio ha cercato selvaggiamente di stendere il gigante ai suoi
piedi. Carnera finisce il memorabile incontro senza porre altre volte il
ginocchio a terra e dando prova di possedere non comuni doti d’incasso e di
recupero. I giornali americani furono tutti concordi nel rilevare che Sharkey
aveva disputato un grande combattimento e che la sua forma era molto migliore
di quella del suo match con Mickey Walker.
I critici
d’oltre Oceano riconobbero in Carnera un grande coraggio e un centrato jab
sinistro, ma lo giudicarono ancora acerbo in fatto di tecnica, per battersi con
i grandi artisti del ring dalla velocità e mobilità dei quali egli era
dominato”. Carnera quella sera si fece medicare nei camerini. Il dottore non
riscontrò complicanze di nessun genere e non occorrevano punti di sutura sul
sopracciglio. In camerino il suo allenatore cercava in qualche modo di
consolarlo, era stata una giornata dura, ma spesso gli diceva che una sconfitta
si può trasformare in una rivincita. La gente della boxe era abituata a questi
momenti, alla sconfitta ed alla profonda malinconia che ne conseguiva. La
stanchezza che ti assaliva dopo l’incontro era davvero indescrivibile, non
c’erano paragoni di sorta, ma c’era sempre la speranza che tutto potesse andare
a posto. Il suo avversario era stato sconfitto sei mesi prima dal tedesco Max
Schmeling per il titolo mondiale dei pesi massimi. Questa sera, invece, aveva
vinto e per lui era comparsa una nuova speranza. Prima di lasciare gli
spogliatoi, Primo fu intrattenuto da alcuni giornalisti, ed uno di loro gli
chiese se non era ora che si ritirasse. Carnera gli ripose con un sorriso, che
accontentò tutti. Il giorno dopo, il 13 ottobre 1931, si era fatto portare un
pacco di giornali assieme alla colazione, e mentre stava mangiando lesse che il
pugile Johnny Grosso era stato ucciso. Si ricordò subito del momento in cui si
erano conosciuti, e della speranza che nutriva di poterlo incontrare sul ring:
un match tra italiani, ma ora era morto. Si ricordava che il Grosso gli aveva
detto che era apparso sulla copertina della rivista The Ring e questo non era
poca cosa.
Significava che
all’inizio della carriera era tra i pugili più promettenti. Carnera soffrì più
intensamente per la morte di Grosso che per la sua sconfitta con Sharkey. Primo
lesse che Johnny Grosso era nato in America il 1 gennaio 1925, aveva entrambi i
genitori italiani di Genova, Sanpierdarena e la doppia nazionalità. Rimase orfano
di entrambi i genitori a 14 anni, e dovette fin da subito rimboccarsi le
maniche e si mise a lavorare in una fabbrica di bottiglie. Aveva iniziato molto
giovane a calcare il quadrato, inanellando incontri e vincendone 22 per Ko. Ma
la storia di questo pugile veniva fermata aspramente e tragicamente il 14
ottobre 1931 a soli 27 anni, per mano di un sicario. Sempre il giornale Monut
Veron, NY diceva: “Johnny Grosso, ex sparring partner di Gene Tunney e Jack
Sharkey , secondo la polizia era un piccolo estorsore di denaro che usava
l’intimidazione, e morì sul colpo questa mattina crivellato dai colpi sparati
da un automobile in corsa mentre si trovava all’angolo di Gramatlan e Sydney
Avenues. Venne colpito da quattro proiettili alla schiena. La polizia dichiarò
che era stato coinvolto in estorsioni e che avrebbe subito un processo il
lunedì seguente a White Pains per aggressione. Il suo avvocato fu l’ultimo a
incontrarlo. Pure lui archiviò il fascicolo del suo cliente”. Carnera era molto
triste e in questi momenti gli era di conforto suonare la fisarmonica. Quella
sera si mise fuori dell’albergo a suonare e a cantare con quella voce da
baritono che possedeva. Alcune persone si fermarono per ascoltare la sua voce
che lasciava trapelare una vena di malinconia.
Gli piaceva
riproporre quelle canzoni che al suo paese si cantavano in occasione della
sagra del patrono. Concluse la triste giornata bevendo un bicchiere di vino in
onore e in ricordo del suo caro amico. Dopo lo sfortunato match con Jack
Sharkey fece altri due incontri prima della fine dell’anno. Il primo, il 19
novembre 1931 a Chicago dove vinse ai punti contro King Lewinsky, una vittoria
che lo ristorò nel cuore, e per Carnera che ripartiva alla caccia al titolo
mondiale dei pesi massimi, fu un buon inizio. L’anno pugilistico di Carnera si
concluse il 27 novembre con la vittoria per Ko al secondo round, contro Tony
Campolo, un gigantesco pugile d’origine argentina, nel prestigioso Madison
Square Garden. Il suo allenatore era rimasto soddisfatto della ripresa
agonistica di Primo che faceva ben sperare in una nuova serie di vittorie.
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