Le Armate italiane nella
campagna di Russia hanno incontrato combattenti di tutte le regioni
dell’immenso territorio sovietico. L’Esercito russo in base alle
caratteristiche del suo popolo, inseriva i suoi soldati in Unità interamente
costituite da uomini e Ufficiali provenienti dalla stessa regione. Questo per
una maggiore coesione e fiducia reciproca.
La popolazione cosacca, carica
di sentimenti avventurieri, custode della sua cultura, tradizioni e della sua
autonomia, ha dimostrato sempre nella storia la sua fedeltà e rigore verso la
parte per cui combatteva.
Nella campagna napoleonica in
Russia, il Corpo dei Cosacchi fu essenziale per indebolire le fila dell’Armata
francese, ed era costituito da fedeli soldati dello Zar. Nella guerra civile
russa 1918-22, i cosacchi erano allineati con le armate bianche, donarono il
loro sangue contro i bolscevichi. Nel
corso della seconda guerra mondiale, invece, i cosacchi fornirono il loro
braccio su entrambi i fronti: alla Russia, ma anche poi alle truppe dell’Asse.
La loro forza risaltava dalla
loro determinazione, unicità e grande autonomia. Il Comando dell’8^ Armata in
Russia, arruolò nelle sue fila, una formazione irregolare Cosacca a cavallo, la
formazione era a livello “Sotnja” (squadrone). L’Unità era chiamata “Banda
Campello” dal nome del suo Comandante, il Maggiore di cavalleria Raineri di
Campello, costituita nel luglio 1942. La
maggior parte degli appartenenti a questa Unità erano prigionieri a cui era
stata offerta l’opportunità di combattere a fianco dell’Asse.
All’inizio, questa formazione
autonoma di cavalleria straniera per motivi di sicurezza e fiducia era
impegnata solo come Unità esplorante e da ricognizione. Dopo un periodo di
prova l’Unità di cavalleria si scontrò più volte contro i corazzati russi e
riuscì a dimostrare il prestigio e l’onore del combattimento. A causa del
ferimento del suo Comandante e del suo rimpatrio, l’Unità assunse la
denominazione di “Gruppo Cosacco Savoia” al comando del Capitano di cavalleria,
Giorgio Stavro Santarosa.
L’Unità rientrò in Italia nel
giugno 1943, al seguito del II° Corpo
d’Armata per il suo riordino, completamento per le perdite subite e per tutte
le funzioni logistico amministrative necessarie. L’intenzione era di riempire i
vuoti delle perdite con ausiliari russi arrivati in Italia al seguito dei
Reparti italiani e con le colonie cosacche presenti in Albania. L’Unità cambiò
denominazione in: “Banda Irregolare Cosacca”. Lo Stato Maggiore del Regio Esercito,
Ufficio Ordinamento emanava a luglio 1943, le disposizioni per il riordinamento
e completamento della “Banda Irregolare Cosacca”, affinché, fosse al più presto
completata e riordinata, per il successivo invio in Albania a disposizione del
Comando della 9^ Armata. Nel mese di agosto 1943 giunse una nuova serie di
aggiunte e varianti alla formazione e agli organici della “Banda Irregolare
Cosacca”. Queste varianti prevedevano un comando italiano, un comando cosacco e
tre sotnje (squadroni) con personale cosacco. Tutto il personale era armato con
armamento italiano anche se venivano mantenute le armi bianche tradizionali del
Corpo. Il personale cosacco della sotnja del Don era armato con sciabola
cosacca, il personale della sotnja del Kuban era armato con pugnale cosacco.
L’organico di una sotnja era di tre Ufficiali, sette Sottufficiali e settantuno
cavalieri. Con l’arrivo dell’otto di settembre, e l’occupazione delle truppe
germaniche ,il Comandante dell’Unità Cosacca dispose lo scioglimento del
Gruppo. I cosacchi con la perdita di riferimenti e comandanti, finirono nei
reparti germanici e nelle file partigiane. Nella campagna d’Italia 43-45 le
loro fila si assottiglieranno. Al termine della guerra, i pochi sopravissuti
saranno i cosacchi che aiutati da italiani troveranno una nuova casa e una
nuova famiglia.
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