Umberto
di Savoia, Conte di Salemi morì pochi
giorni prima della vittoria, trascorse la sua vita di soldato con umiltà e
abnegazione. All’inizio delle ostilità si era arruolato volontario come soldato
semplice nei “Cavalleggeri Catania”, era stato
più volte spinto a concorrere per il corso da aspirante ufficiale, ma
non accettava e non voleva agevolazioni.
Il Conte di Salemi voleva essere soldato fra i soldati, desiderava
condividere le fatiche e le passioni degli uomini comuni, soffrire e gioire
semplicemente.
Dai
“Cavalleggeri Catania” fu trasferito
alle “Guide” e assegnato alla sezione mitragliatrici. Dopo poche
settimane ricevette la promozione a Sergente, primo grado della categoria dei
Sottufficiali. La sua Unità operava sul fronte trentino, lui viveva con
serenità e impegno la trincea, il freddo e l’altitudine.
Venne
obbligato ad accettare il grado di Aspirante, fu assegnato ai “Cavalleggeri
Treviso”, e combatté con i reparti appiedati sulla Quota 144 sul Carso. Legato
affettivamente al suo comandante di Squadrone lo seguì nel nuovo Corpo di
assegnazione e diventò bombardiere. Combatté sul monte “Trappola” in Trentino e
sul campo di battaglia ricevette la promozione a Sottotenente. Nel maggio 1917
ritornò sul fronte orientale, combatté sulla Plava e poi a Castagnevizza, venne citato sull’Ordine del
Giorno, ricevette la promozione con la seconda stelletta da Tenente e fu
decorato con la medaglia d’Argento al Valor militare con una splendida
motivazione: “Comandante di sezione della 145^ batteria sulla dolina Conigli,
controbattuta da artiglieria pesante rimaneva travolto da terra e rocce assieme
ai suoi bombardieri, miracolosamente incolume, pensò subito ai suoi soldati
gravemente feriti liberandoli dai rottami e trascinandoli in luogo sicuro”.
Vegliava sulla vita dei suoi uomini e ne era di esempio. Il suo titolo gli dava
grandi doveri umani, ma anche non voleva ricevere privilegi. Quando gli si
offriva sulla linea del fronte, un passaggio in automobile rispondeva: “La
guerra l’ho sempre fatta a piedi o tutt’al più in un carro-bagaglio”. Rimase
ferito alle gambe a causa del
rovesciamento del camion dove era salito a cassone, attraversando il fiume
Isonzo. Appena guarito rientrò alla sua batteria e partecipò alla conquista
della Bainsizza dove si guadagnò la seconda medaglia d’Argento al Valor
militare. Anche in questa occasione salvò la vita a dei suoi bombardieri
travolti dalle rovine dei ricoveri. Dopo la tragedia dello sfondamento del
fronte a Caporetto, il Conte di Salemi venne destinato alla 152^ batteria
bombarde da 70 sul monte Asolone, nel massiccio del Grappa. Anche sull’Asolone
era sempre in prima linea per studiare le azioni e riconoscere il territorio.
Il 14 gennaio 1918 rischiò la vita vicino al suo osservatorio, per l’esplosione
di un grosso calibro, con tranquillità continuò a operare vicino ai suoi camerati,
sentiva fortemente la sua responsabilità di Ufficiale e di Italiano. La
batteria rientrò a Bassano per qualche giorno di riposo, in cui continuavano le
incursioni notturne con frequenti bombardamenti. Il Conte di Salemi, di notte,
operava come barelliere a favore di feriti civili e militari portandoli
all’ospedale e per questo suo impegno meritò un encomio. La mattina del 5
febbraio 1918 fu conquistata la prima trincea del Cornone sotto il Sasso Rosso
in Valsugana e la batteria di Salemi fu subito inviata sul posto dove perse
dodici uomini. Lui si salvò dal destino che non lo volle premiare con una morte
in battaglia. In quei mesi operò assieme ai suoi uomini su Col del Rosso, su
Col dell’Orso, sempre sulla linea del fuoco, assieme agli umili fanti e costantemente
a piedi. La malattia lo colse a Crespano ai piedi del Grappa, una malattia
silenziosa, poco conosciuta: la spagnola, ma egli non credeva di morire. Quando
intuì, accettò con fermezza il suo destino dopo tante fatiche e tanti pericoli.
Morì nella sera del 19 ottobre 1918. Al funerale, avvenuto il 21 ottobre 1918,
presenziò S.M. il Re Vittorio Emanuele III, assieme ai vari Principi di casa
Savoia. Celebrò la Santa Messa
l’arciprete di Crespano, don Giobatta Ziliotto.
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