NON VI E' DUBBIO CHE UNA NAZIONE PASSATA DA UN REGIME MONARCHICO AD UN REGIME REPUBBLICANO SIA UNA NAZIONE «DECLASSATA», E CIÒ NON PUÒ NON ESSERE AVVERTITO DA CHIUNQUE ABBIA UNA SENSIBILITÀ PER VALORI I QUALI, PER ESSERE SOTTILI E IMMATERIALI, NON PER QUESTO SONO MENO REALI.

venerdì 15 maggio 2020

Umberto di Savoia - Aosta, Conte di Salemi


 di Paolo Casotto

Umberto di Savoia, Conte di  Salemi morì pochi giorni prima della vittoria, trascorse la sua vita di soldato con umiltà e abnegazione. All’inizio delle ostilità si era arruolato volontario come soldato semplice nei “Cavalleggeri Catania”, era stato  più volte spinto a concorrere per il corso da aspirante ufficiale, ma non accettava e non voleva agevolazioni.  Il Conte di Salemi voleva essere soldato fra i soldati, desiderava condividere le fatiche e le passioni degli uomini comuni, soffrire e gioire semplicemente.

Dai “Cavalleggeri Catania” fu trasferito  alle “Guide” e assegnato alla sezione mitragliatrici. Dopo poche settimane ricevette la promozione a Sergente, primo grado della categoria dei Sottufficiali. La sua Unità operava sul fronte trentino, lui viveva con serenità e impegno la trincea, il freddo e l’altitudine.

Venne obbligato ad accettare il grado di Aspirante, fu assegnato ai “Cavalleggeri Treviso”, e combatté con i reparti appiedati sulla Quota 144 sul Carso. Legato affettivamente al suo comandante di Squadrone lo seguì nel nuovo Corpo di assegnazione e diventò bombardiere. Combatté sul monte “Trappola” in Trentino e sul campo di battaglia ricevette la promozione a Sottotenente. Nel maggio 1917 ritornò sul fronte orientale, combatté sulla Plava e poi  a Castagnevizza, venne citato sull’Ordine del Giorno, ricevette la promozione con la seconda stelletta da Tenente e fu decorato con la medaglia d’Argento al Valor militare con una splendida motivazione: “Comandante di sezione della 145^ batteria sulla dolina Conigli, controbattuta da artiglieria pesante rimaneva travolto da terra e rocce assieme ai suoi bombardieri, miracolosamente incolume, pensò subito ai suoi soldati gravemente feriti liberandoli dai rottami e trascinandoli in luogo sicuro”. Vegliava sulla vita dei suoi uomini e ne era di esempio. Il suo titolo gli dava grandi doveri umani, ma anche non voleva ricevere privilegi. Quando gli si offriva sulla linea del fronte, un passaggio in automobile rispondeva: “La guerra l’ho sempre fatta a piedi o tutt’al più in un carro-bagaglio”. Rimase ferito alle gambe a causa  del rovesciamento del camion dove era salito a cassone, attraversando il fiume Isonzo. Appena guarito rientrò alla sua batteria e partecipò alla conquista della Bainsizza dove si guadagnò la seconda medaglia d’Argento al Valor militare. Anche in questa occasione salvò la vita a dei suoi bombardieri travolti dalle rovine dei ricoveri. Dopo la tragedia dello sfondamento del fronte a Caporetto, il Conte di Salemi venne destinato alla 152^ batteria bombarde da 70 sul monte Asolone, nel massiccio del Grappa. Anche sull’Asolone era sempre in prima linea per studiare le azioni e riconoscere il territorio. Il 14 gennaio 1918 rischiò la vita vicino al suo osservatorio, per l’esplosione di un grosso calibro, con tranquillità continuò a operare vicino ai suoi camerati, sentiva fortemente la sua responsabilità di Ufficiale e di Italiano. La batteria rientrò a Bassano per qualche giorno di riposo, in cui continuavano le incursioni notturne con frequenti bombardamenti. Il Conte di Salemi, di notte, operava come barelliere a favore di feriti civili e militari portandoli all’ospedale e per questo suo impegno meritò un encomio. La mattina del 5 febbraio 1918 fu conquistata la prima trincea del Cornone sotto il Sasso Rosso in Valsugana e la batteria di Salemi fu subito inviata sul posto dove perse dodici uomini. Lui si salvò dal destino che non lo volle premiare con una morte in battaglia. In quei mesi operò assieme ai suoi uomini su Col del Rosso, su Col dell’Orso, sempre sulla linea del fuoco, assieme agli umili fanti e costantemente a piedi. La malattia lo colse a Crespano ai piedi del Grappa, una malattia silenziosa, poco conosciuta: la spagnola, ma egli non credeva di morire. Quando intuì, accettò con fermezza il suo destino dopo tante fatiche e tanti pericoli. Morì nella sera del 19 ottobre 1918. Al funerale, avvenuto il 21 ottobre 1918, presenziò S.M. il Re Vittorio Emanuele III, assieme ai vari Principi di casa Savoia.  Celebrò la Santa Messa l’arciprete di Crespano, don Giobatta Ziliotto.


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