Leggo nelle pagine del libro pubblicato dalla casa editrice Ceshina nel
1961, dello scrittore Francesco Grisi, le considerazioni che fa su alcuni scrittori
del nostro novecento letterario.
Francesco Grisi ha conosciuto molti di questi letterati, non solo attraverso le
loro opere, ma anche personalmente. Credo che dopo avere letto le pagine di uno
scrittore si senta anche il bisogno di conoscerlo. Grisi nacque a Vittorio
Veneto da genitori calabresi e specifica nella quarta di copertina del libro
che è nato per pura casualità in un vagone ferroviario in transito.
Poi ha
vissuto a Roma, la sua città per sempre. Il libro inizia con la figura di
Corrado Alvaro.
Riporto alcune frasi che avevo sottolineato: “A ognuno è data una parte. Noi siamo
abbastanza obbiettivi per renderci conto che ognuno di noi rappresenta una
parte, e non può rappresentare che quella”. Credo che risulti difficile sapere
quale sia quella parte che noi rappresentiamo.
Questa parte per me è quella di cui non ho ancora compreso il
significato. Ogni uomo lascia nel cuore delle persone che incontra un segno,
che rimarrà oltre la sua morte. Ognuno porta nel suo cuore le ferite che
infligge agli altri e queste sono le più difficili da dimenticare e di cui deve vergognarsi. Il
peso del rimorso è la maggior condanna che una persona possa avere.
Il Signore
che vede i nostri passi può essere l’unico che ci aiuta a lenire il dolore
della nostra anima. Ho letto i libri che scrisse Francesco Grisi pubblicati da
Mondadori, Thule e Volpe. Vinse con il libro La penna e la clessidra , nel
1980, il premio Salvator Gotta. A mio giudizio,
non raggiunse la popolarità che avrebbe meritato, anche se nel 1986 il
suo libro A futura memoria fu finalista al premio Strega. La lettura dei suoi
libri mi fu consigliata da un professore di Motta, per il suo scrivere nobile e
convincente.
Mi ricordo alcune pagine che Grisi scrisse su Giorgio Bassani,
uomo di grande fascino. Mi associo alla solitudine che Grisi evidenzia in Bassani, tutta la vita l’ho cercata, anche se ne avevo
paura. La solitudine è una spada che può ferire, ma vi è una sola possibilità
per vincerla, quella di accettarla e di amarla.
Grisi scrisse : “ -Tutto passa e si scorda” perché, a bene riflettere,
niente passa definitivamente nella sua storia. Niente passa perché tutto si
rinnova, si adegua, si ammanta di luce nuova, e, assorbendo motivi del passato,
crea il presente. Niente passa anche perché la tradizione è un elemento di civiltà
che, si voglia o non si voglia, non fa capitolo a sé ma – se é civiltà – è un
tutt’uno con il divenire sintetico della vita ”.
La vita di uno scrittore è un libro aperto,
un diario che condivide con gli altri, perché ha il compito di donare quello
che ha visto. Nel mare del mondo letterario, uno scrittore è una goccia, ma una
goccia importante, che aiuta a capire i valori della vita. Il 18 maggio 2020 si ricorda il centenario
della nascita del Papa Giovanni Paolo II, che ci ha lasciati ormai da tanto tempo,
ma la sua immagine l’abbiamo davanti e ci confortano le sue parole,
specialmente in questi tempi – Non abbiate paura - .
Lo scrittore Francesco
Grisi in un suo articolo, comparso sul settimanale il Borghese del 5 novembre
1978, ricorda un incontro con il futuro Papa. Francesco Grisi fa delle
considerazioni, di cui due sono molto interessanti. ”
Oggi è Papa. Forse, senza
il Vaticano II non sarebbe diventato il successore di Pietro. L’ ecumenicità
non è soltanto del popolo di Dio. La Provvidenza ha una sua logica con la quale
opera nella storia. E’ quasi sempre impossibile nel presente intuire i segreti
di Dio. La secolarizzazione spesso è un grande ostacolo. Ma il mistero è vicino
e ci accompagna. Il Sacro, il senso del Sacro, può aiutarci. Un pescatore un giorno abbandonò il suo lago
in Palestina e venne a Roma. Un sacerdote ha abbandonato la sua Cracovia ed è venuto a Roma. Questi due
seguaci di Cristo, questi due viaggi, sono soltanto storia? O sono anche il mistero
che il Sacro alimenta per noi? Ieri come oggi? “ Siamo nel mese di maggio,
dedicato alla Madre di Gesù e per me, anche al mio Re, Umberto II. Non posso
non pensare all'abbraccio che il Re d’Italia scambiò con il Santo Padre,
Giovanni Paolo II il 14 maggio 1982, a Lisbona. Il papa sapeva quanta tristezza
dominava il cuore del nostro Re in esilio. Il Papa Giovanni Paolo II, nel suo
ultimo periodo di vita, aveva incontrato l’Imperatrice Zita di Borbone, moglie
dell’imperatore Carlo d’Asburgo, e con il sorriso le aveva detto che suo padre
era stato un sottufficiale dell’Impero.
Nella stupenda Roma, Papa Giovanni Paolo Il proclamò beato, l’Imperatore
Carlo d’Asburgo.
Nel libro Intervista all'intellettuale
reazionario a cura di Tommaso Romano Francesco Grisi alla domanda: E le biografie sulla Famiglia Reale ? Perché tanto successo?
Rispose: “Perché gli italiani stanno scoprendo la Monarchia con i pregi e i
difetti. L’aristocrazia non ha amato mai le biografie quando era al potere. In
ogni biografia c’è sempre qualcosa di pettegolo. Oggi gli italiani sono
desiderosi di conoscere le paure, gli amori, le passioni dei personaggi reali.
Non vi è dubbio che tra i Savoia la figura e l’opera di Umberto II è la più
alta. Lo stesso Vittorio Emanuele II non resiste. Umberto II, invece, appare
come un re-templare. C’è un carisma che viene a consacrarlo nell'esilio. E’ un
nobile con il suo silenzio e la grande dignità. Non soltanto evita la guerra
civile dopo il referendum, ma, poi, non implora e non scrive lettere al partito
comunista…” Queste parole mi fanno bene al cuore, il Re Umberto II.
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