NON VI E' DUBBIO CHE UNA NAZIONE PASSATA DA UN REGIME MONARCHICO AD UN REGIME REPUBBLICANO SIA UNA NAZIONE «DECLASSATA», E CIÒ NON PUÒ NON ESSERE AVVERTITO DA CHIUNQUE ABBIA UNA SENSIBILITÀ PER VALORI I QUALI, PER ESSERE SOTTILI E IMMATERIALI, NON PER QUESTO SONO MENO REALI.

domenica 17 maggio 2020

Il Duca D’Aosta e i fiori del soldato

di Emilio Del Bel Belluz

Il caro amico professore di lettere, Antonio La Placa mi parlava spesso di alcuni scrittori che riteneva fondamentali per conoscere la nostra letteratura. A Padova, un giorno, mentre stavo consultando dei libri in una bancarella, mi consigliò di comperare i cinque volumi Cose viste dello scrittore Ugo Oietti.  Si trattava di cinque libri che raccoglievano gli articoli che il giornalista, che fu anche direttore, aveva scritto nel Corriere della  Sera. Questi libri furono un buon acquisto, li lessi con entusiasmo e lo ringraziai caramente. 
Quando si ha un buon maestro non si sbaglia mai nell’ascoltarlo, ora in questi tempi è difficile dare un consiglio letterario, le perone sono assorte in un mondo lontano dai libri. Luigi Volpicelli in un volume per la scuola media, Scrittori del novecento , da dello spazio al caro Ugo Oietti, e vi trovo un episodio della Grande Guerra in cui è protagonista il Duca D’Aosta.  Il racconto s’intitola,  I fiori del Duca D’Aosta.  
“ Quante volte nelle ore più difficili della guerra s’era diffusa la voce che il Duca avrebbe preso il posto di Cadorna? La smentiva subito egli stesso con la ragione più pratica : - Il cugino di Sua Maestà, capo di Stato Maggiore dell’Esercito di Sua Maestà? Sono matti…. Che conoscesse gli uomini, era certo. Dopo tanti anni e tanti eventi di guerra, di pace, di rivoluzione potrei dire che dei giudizi di lui su piccoli e su grandi ben pochi erano errati, perché egli parlava solo di quello che aveva veduto con gli occhi suoi e udito con i suoi orecchi”.  
Nella storia italiana ha occupato un grande posto, spiace solo che non lo si ricordi come dovrebbe. Il racconto continua con il dialogo tra il duca e un soldato che gli porge un omaggio floreale. Il gesto del Regio soldato è davvero commovente. “Una mattina nel settembre del 1917 l’incontrai presso il laghetto di Pietrarossa e veniva con i suoi ufficiali da sopra Jamiano, lui avanti, solo, appoggiandosi a un bastone ricurvo, di legno bianco, un bastone da boaro. Sulla sponda orientale del laghetto contro la roccia erano baracche, baracchette, ricoveri, e i fanti ne uscivano facendo ala per guardare il Duca. Uno aveva un mazzo di poveri fiori rossi, perché ne nascevano radi e diritti, come stupiti, fin nel pantano di quella gran pozza. Era un grano di pepe, gli occhi tondi e neri, i denti bianchi , i capelli rasi. Quando il Duca gli fu vicino, egli fece un passo avanti e il Duca capì:- Come ti chiami? Mi vuoi dare questi fiori? Grazie. Dì la verità: tu sei innamorato. Coraggio. Sei fidanzato? E dove hai la fidanzata? A Cosenza? Fai vedere il ritratto. Piano, piano cerca senza fretta. Bella ragazza. Bionda, mi  pare. Già tu sei bruno. Bene, facciamo a metà. Questi fiori li prendo io, questi altri li spedisci alla fidanzata e le dici che glieli manda il Duca d’Aosta. Contento?- 
E continuò il cammino. 
Quando l’ultimo ufficiale del seguito fu passato, quel ragazzo cominciò una specie di danza, in tondo, battendo i tacchi, brandendo in alto i suoi fiori, tanto era pazzo di gioia. Lo scrittore è un testimone del tempo, una sentinella che ha vissuto l’attimo. Una volta i giornalisti, avevano modo di stare assieme a grandi persone che si comportavano con naturalezza, con bellezza. 
Il Duca sapeva essere umile con quei soldati così preziosi al bene dell’Italia, che lontani da casa combattevano per la bandiera del Re.  
Sono passati tanti anni da allora, e il Duca riposa, a Redipuglia, assieme ai suoi valorosi soldati che avevano sacrificato la loro vita per la patria. Uno scritto importante è quello relativo al suo ultimo pensiero al Re e all’Italia, si tratta del suo testamento spirituale.




S.A.R. il Duca d'Aosta ha lasciato il seguente testamento spirituale:

"La sera scende sulla mia giornata laboriosa e mentre le tenebre inondano e sommergono la mia vita terrena e sento avvicinarsi la fine innalzo a Dio il mio pensiero riconoscente per avermi concesso nella vita infinite grazie ma soprattutto quella di servire la Patria e il mio Re con onore e umiltà. Grande ventura è stata per me quella di vedere prima di chiudere gli occhi alla luce terrena avverato il sogno giovanile della completa redenzione d'Italia e di avere potuto mercé il valore dei miei soldati concorrere alla Vittoria che ha coronato di alloro i sacrifici compiuti. 
Muoio perciò serenamente sicuro che un magnifico avvenire si dischiuderà per la Patria nostra sotto l'illuminata guida del Re ed il sapiente Governo del Duce. 
Al mio Augusto Sovrano che ho servito sempre con lealtà con ardore e con fede rivolgo le più care espressioni del mio animo grato per l'affetto che ha sempre avuto per me. 
Al carissimo Nipote Umberto promessa e speranza d'Italia il mio augurio più affettuoso e più fervido. A S. M. la Regina alla mia Sposa Helène ai miei Figli Amedeo ed Aimone ai miei fratelli Vittorio e Luigi a tutti miei Congiunti il mio pensiero riconoscente per il bene che mi hanno voluto e che ho contraccambiato con pari tenerezza. In quest'ora della triste dipartita desidero esprimere particolarmente tutta la mia gratitudine ad Helène per le cure che sempre mi ha prodigato e pregare per i miei due Figli di continuare nella via che ad essi ho tracciato e che si compendia nel motto - Per la Patria e per il Re- .
Il mio estremo saluto va a tutti i miei amici collaboratori e cari compagni d'Arme del Carso e del Piave cui esprimo ancora tutta la mia riconoscenza per quanto ai miei ordini hanno fatto per la gloria della Terza Armata e per la grandezza della Patria. Desidero che la mia tomba sia se possibile nel Cimitero di Redipuglia in mezzo agli Eroi della Terza Armata. 
Sarò con essi vigile e sicura scolta alle frontiere d'Italia al cospetto di quel Carso che vide epiche gesta ed innumeri sacrifici vicino a quel Mare che accolse le Salme dei Marinai d'Italia."

Torino 4 luglio 1931

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