Fin dalla prima seduta della Camera si intravvide però
subito il suo vero animo intransigente e minaccioso: gli italiani allibirono
all'insulto da lui fatto alla Camera e per conseguenza al Paese che l'aveva
eletta, col noto oltraggio: «di. quest' aula sorda e grigia avrei potuto fare
un bivacco di manipoli!» (e mi sia lecito aggiungere che quando Mussolini venne
a 'Vicenza nel '24 alloggiando in Prefettura, ebbe a gloriarsi, me presente, di
tale frase precisando che non gli fosse sfuggita, ma voluta dire espressamente
per marcare che, i fascisti erano assai superiori ai Deputati). E la Camera,
l'ultima eletta liberamente dal popolo italiano, fu muta e gli diede il suo
voto di fiducia.
Se il Re era uscito pienamente giustificato dall'aver
commesso (concesso?) le redini del governo a Mussolini, appariva pur troppo
chiaro fin d'ora che della Costituzione, cioè libero funzionamento degli organi
istituzionali, non sarebbe rimasta che la struttura formale.
E così fu infatti: il Re, sminuito dei suoi poteri
dall'invadenza, sempre maggiore di Mussolini, sine a diventare «diarchia» il
reggimento dello Stato, come egli scrive nel suo libro «Storia di un anno»,
mettendo nello stesso piano il Re e se stesso, veniva nella realtà privato del
potere sovrano, dovendo la volontà sua estrinsecarsi sempre a mezzo del Capo del
Governo.
Non è che mancassero i motivi per rimediarvi, né le
occasioni. Non mi tratterrò certo, su tutte le leggi e i provvedimenti in cui
Il sistema costituzionale fu, se non sempre apertamente, certo nella sostanza violentato:
esaminerò solo i provvedimenti che vi contrastarono in pieno ed ebbero
grandissima importanza: le due leggi elettorali, quelle contro la libertà di stampa, riunione ed associazione; nonché la legge
sul Gran Consiglio.
Il primo attentato allo Statuto è stato la legge elettorale
del 1923, non tuttavia alla stregua della dicitura letterale: dice l'art. 39: «La
Camera elettiva è composta di Deputati scelti dai Collegi elettorali
conformemente alla legge» eppertanto, data una legge approvata e sanzionata,
violazione formale non vi era. Ma se si
assurge all'essenza della legge, l’offesa alla Carta costituzionale è enorme,
in quanto era stabilito che i due terzi dei seggi appartenessero alla lista
vincente, fascista, e solo l'altro terzo a tutti gli altri partiti insieme. E
la Camera l'approvò e l'approvò il Senato: al Re non restava altra possibilità
che di sanzionarla. Veniva così a mancare
l'espressione della «libera» volontà popolare.
* * *
È in questo clima di asservimento del Parlamento che fu
perpetrato il delitto Matteotti. Già nel maggio 1923 per un coraggioso discorso
alla Camera l'on. Misuri eri', stato ridotto in fin di vita; il 30 maggio
successivo anno, l'on. Matteotti osava altro discorso; il 10 giugno veniva
assassinato. Io non credo che Mussolini avesse prospettato di spingere le cose
a questi estremi, che non gli era vantaggioso; ma l'idea di precludergli ogni
altra interferenza alla Camera nei pochi giorni prima. delle vacanze estive
certo fu sua; complice pertanto nella preparazione del colpo, che poi aveva
ecceduto.
L'indignazione fu generale, ma non vi corrispose né la
Camera né il Senato. Mussolini aveva bensì tentato di garantirsi di ogni
evenienza chiedendo al Re un decreto di scioglimento della Camera colla data in
bianco, ma il Re vi aveva opposto reciso rifiuto; così Malacoda (1). Allora
Mussolini giocò di audacia chiedendo il 3 gennaio alla Camera di tradurlo
davanti l'Alta Corte, di Giustizia ai sensi del l'art. 47 dello Statuto. La
Camera, alle cui sedute aveva continuato ad essere assente il cosiddetto
Aventino malgrado il Re avesse ben due volte fatto sapere ad Amendola - uno dei
suoi Capi più autorevoli - che era il momento buono per il ritorno nell'aula» (2)
era il 3 gennaio ancora assente, sì che nessuno si mosse all'intimazione di
Mussolini, e neppure il Senato nella successiva seduta: tre soli Senatori — fra
cui mi piace ricordare Abbiate — parlarono contro e i voti contrari furono 21!
Gli è che il Parlamento sapeva che la partita era perduta
d'avanzo e che Mussolini aveva con sé le masse popolari, aveva la Milizia,
aveva la grande riserva dello squadrismo padano e toscano» (3). Che cosa potava
fare il Re? Egli che, come abbiamo visto, aveva inutilmente chiesto nel secondo
semestre 1924, all'opposizione «di restare al suo posto e di provocare un voto
che potesse dargli modo di constatare un mutamento nella maggioranza... sì da
poter invitare il Presidente del Consiglio a ritirarsi, come aveva assicurato a
Giolitti (4), tentò un ultimo espediente chiamando a Consiglio gli ex capi
gabinetti liberali Giolitti, Salandra e Orlando, i quali opinarono essere
inopportuno di avventurarsi in un cambio che preludesse ad un governo dominato
da socialisti o popolari » (5). Di fronte a queste negative, ripeto, cosa
poteva fare da solo il Re? Rincalza Silva: (6) «Poteva il Re solo contro tutti
affrontare la lotta? Con quali possibilità, e con quali mezzi?... Privato
dell'appoggio del Parlamento non aveva aperta altra via che quella della forza
e della guerra civile per liberarsi del fascismo liberarne l’Italia»; e
Mussolini stesso l'aveva chiaramente prospettalo in Senato: «La Corona dovrà
servirsi dell'Esercito per disperdere la Camera che non le piace» (7).
E detta da lui, non era minaccia vana, che «sciogliere» la
Camera, come in tempi normali quando si trattava di contrasti fra la medesima e
il Governo in questioni sia pur gravi, non era certo rimedio da potersi sperare
in quelle circostanze. Senza contare che sarebbe stato provvedimento quanto mai
incostituzionale e il più antidemocratico cui si potesse pensare, in `quanto
non era certa dai mormorii a due o dalle barzellette o dai giochi di parole che
si potesse giustificare il dissenso del Paese.
Di fronte pertanto alla certezza della guerra civile con
tutti gli orrori, che. era facile: prevedere, il Re non si sentì di gettare il
Paese a tanto sbaraglio, tanto più non potendosi lusingare- di vincere tanto
facilmente la partita, poco sicuro di aver rappoggio del Paese dei cui
sentimenti i voti del Parlamento erano stati tutt'altro che rassicuranti
indizi. Chi gli può dar torto?
E così l'occasione tragicamente favorevole del delitto
Matteotti passò... inasprendo invece purtroppo' l'assolutismo di Mussolini.
Già subito dopo detto delitto, nel luglio: erano stati presi
provvedimenti per «impedire polemiche intemperanti e propalazioni tendenziose
per denigrare sistematicamente il Governo» (8), e nel novembre successivo altre
disposizioni che «vietavano fino a nuovo ordine qualsiasi adunata, comizio o
corteo con carattere politico»; e nel dicembre altre ancora per hi massima
vigilanza su tutti i giornali per poter provvedere tempestivamente ed
efficacemente a sequestro e diffida, per qualsiasi pubblicazione che potesse comunque
arrecare turbamento all'ordine pubblico». Tali provvedimenti affidati ai
Prefetti furono dopo il 3 gennaio legalizzati, quanto alla stampa colla. legge
24 giugno 1925, approvata dalla Camera con 261 voti favorevoli e 5 contrari, e
dal Senato con 150 favorevoli e 46 contrari; è quanto al resto con la legge 12
dicembre successivo sui nuovi poteri a Prefetti, alla quale avevano invano
tentata di opporsi soli trenta deputati, fra cui mi piace ricordare, Giolitti e
Soleri, con una mozione ché Mussolini... rimandava a sei mesi tra applausi
generali.
Lo stesso dicembre altro colpo ancora allo Statuto con la
legge che sostituiva il Capo del Governo al Presidente del Consiglio, sì che i
Ministri cessarono di essere collegialmente responsabili verso il Re, il quale
perdeva il diritto di sceglierli, dipendendo essi d'ora innanzi direttamente
dal Capo del Governo.
E prosegue ancora l'opera di Mussolini a scalzare l'autorità
regia: il 1928 - 27 maggio - vede approvata la nuova legge elettorale che
sostituisce ai Deputati i Consiglieri Nazionali tutti scelti dal Gran Consiglio.
È la più completa violazione dello Statuto che li voleva scelti dai collegi
elettorali. Da questo momento cessa la libertà in Italia e il Re resta solo e
disarmato di fronte al Fascismo, perché viene a cessare in Lui la possibilità,
che è garanzia di libertà, di cambiare il Ministero messo in minoranza dalla
Camera ed anche di sciogliere la Camera se più non risponda alla volontà del
Paese: il fascismo ebbe dalla Camera dei Deputati lo strumento per alterare
deformare la volontà del popolo.
E nel dicembre successivo altro attentato alla dignità
*della Monarchia in data del 9, che conferiva al Gran Consiglio — creato nel
1923 ma fino allora pressoché ignorato — straordinari poteri. Fu questo uno
degli atti più rimproverato al Re; esaminiamone la portata. Scrive Mussolini
nel suo libro «Il Gran Consiglio rivendicava, a sé il diritto di intervenire
nella successione della Corona... ciò voleva dire un colpo mortale allo Statuto
che regolava automaticamente questo problema (vedremo che mentiva). Taluni arrivarono
ad insinuare che quell'articolo fosse di ispirazione repubblicana e che si
volesse in ogni caso ostacolare l'assunzione al trono del Principe Umberto e
proporre l'allora Duca delle Paglie. (Ambe insinuazioni tutt’altro che
contrarie alle aspirazioni di Mussolini, se pur messe a carico di anonimi «taluni»).
Seguita Mussolini «da quel giorno — 1928 — Vittorio Savoia
cominciò a detestare Mussolini e a covar un odio tremendo contro il Fascismo.
Il regime, disse un giorno il Re, non deve entrare in questa materia che una
legge fondamentale ha già regolato. Se un Partito in regime
monarchico vuole decidere contro la successicene al trono, la Monarchia non è
più tale; il grido della successione non può essere che il tradizionale: il Re
è Morto! Viva il Re!».
Non è il caso di rilevare la perfetta argomentazione del
Re; invece è tutt'altro che fuor di luogo notare che di fronte all'opposizione
del Re, la legge fu alla fine conformata in modo da non urtare, sia pur solo
formalmente, alla Costituzione. A parte che il Gran Consiglio dà solo parere su
tutte le questioni aventi carattere costituzionale: la successione al trono e
le attribuzioni e le prerogative della Corona, è precisato in modo
inequivocabile che si deve trattare di questioni; ora 'questione' non vi può
essere quando si tratti della normale successione al trono, essendo questa
regolata dall'articolo 2 dello Statuto in modo preciso e tassativo con la
disposizione: «il trono è ereditario secondo la legge salica». È pertanto
evidente che il caso previsto, stando alla lettera della disposizione, non
avrebbe, potuto essere quello normale ma altro eventuale non previsto dalla legge
salica, per esempio la mancanza di maschi nell'agnazione o impedimenti a
regnare nei sucessibili secondo la legge medesima. E questo fu più esplicitamente
riconosciuto dallo stesso Mussolini, come è precisato nel diario Ciano sotto la
data 11 febbraio 1939.
Finezze di interpretazione, certamente ma è appunto in
grazia, ad esse che vien chiarita la reale portata della disposizione, resa
letteralmente costituzionale per non urtare contro il 'persistere del Re e
rifiutarne la sanzione; mentre a Mussolini essenzialmente importava quello che
poteva apparire ai più e cioè un colpo alla Dinastia, una messa in guardia per
il Re e una sfida al Principe Ereditario, che si sapeva contrario al Fascismo.
E contemporaneamente gli dava in Mano l'arma da far agire, forzandone
l'interpretazione, quando si fosse sentito tanto forte da osare sul sicuro del
colpo mancino, non essendo allora più il caso di occuparsi della costituzionalità
ma non volendo perdere il vantaggio che gli sarebbe venuto dalla legalità
specie di fronte a quelli che sarebbero stati allora beni felici di avere un
pretesto legale, perché sancito a suo tempo dallo stesso Re interessato, per
mancare alla loro fede monarchica.
Queste le leggi che più offesero la costituzione e poche
altre minori; tutte però nella loro applicazione inquinate da spirito di parte,
favoritismi, imposizioni, soprusi, corruzioni. Ma i pericoli ed i danni che man
mano questo stato di cose andava preparando alla Nazione, non si, prospettarono
che lentamente alla generalità degli Italiani, vuoi per il fervore di numerose
opere pubbliche, vuoi per la novità stella legislazione corporativa, tanto poi
tralignata nell’applicazione, ma che al suo apparire ha indubbiamente dato
delle speranze, vuoi per un certo benessere generale, e normale andamento di
vita sociale, nonché per la fortunata conclusione dei Patti Lateranensi..., sì
che per un certo periodo, che sì può calcolare sino nel corso del 1940, fu
generalmente riconosciuto da scrittori e uomini politici d'Italia e all'estero
che « il Fascismo fosse un complesso fenomeno che si era imposto anche agli
spiriti meno benevoli e più saldi ».
E allora conclude P. Silva (9) i non si scaglino anatemi
alla Monarchia se ha dovuto accettare questo fenomeno. È ingiusto pretendere
che essa con
un gesto magico potesse dissolvere il regime indovinando,
quando tutti lo esaltavano, la rovina che avrebbe prodotto.
Fu, è vero, anche durante questo periodo rimproverato al Re
questo o quest'altro atto di assai ridotta importanza, ma pur ostico alla
popolazione - visita a Predappio, il «Voi», alcuni telegrammi al Duce, il
saluto e il passo romano... -. hanno questi critici pensato a quant' altri atti
gli sarà riuscito di opporsi, a quante pressioni morali invece costretto in
altri casi sì da giustificare se valesse la pena - qualche volta di opporsi in
vista del minor male?
(1) Secondo
Malacoda: Popolo, Fascismo e Monarchia pagg 44
(2) Giornale « L'Epoca »: La verità sull'Aventino
(3) Pietro Silva, op cit pag 98,
(4) Pietro Silva, op cit pag 102,
(5) Pietro Silva, Op cit, pag 98
(6) Pietro Silva, Op cit, pag 100
(7) L. Sturzo: L’Italia
e l'ordine internazionale da Malacoda op. cit. pag. 48'
(8) Circolari ai Prefetti
(9) Pietro Silva, Op cit, pag 124
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