di Emilio Del Bel Belluz
Il tempo della vita
scorre e ci si accorge d’aver vissuto abbastanza quando troppi sono i ricordi
che riemergono, ricordi che forse non scompariranno mai. Allo stesso tempo
ognuno di noi possiede delle date che non dimenticherà mai. Ci sono persone che
ci entrano nel cuore, perché le abbiamo incontrate nella vita.
Ho conosciuto la figura di Re Umberto II dai
racconti di mio zio e della mia maestra. Non ho mai compreso come si possa
mandare in esilio un Re come Umberto II, che si è sacrificato per il bene della
sua Italia, lasciando il suo Paese per evitare una guerra civile.
Allo stesso
tempo, non ho mai capito come i nostri politici possano aver lasciato in esilio
il Re per ben 37 anni, non permettendogli nemmeno di chiudere gli occhi nella
terra dove era nato.
Il 18 marzo 1983
rimarrà come uno dei giorni più tristi della mia vita, il dolore che provai era
davvero tanto. Tanto odio verso il Re non l’ho mai capito, anche perché non ho
mai compreso cosa avesse fatto di tanto male. Una cosa era certa: il Re aveva
messo al primo posto della sua vita la patria, il sacro suolo che lo aveva
accolto alla nascita e che avrebbe voluto che l’abbraciasse alla morte.
Penso
a quel galantuomo di Guareschi che amava il suo Re, che tanto si era speso per
scrivere di lui con il cuore. Credo che se il Signore avesse dato molti anni di
vita a Guareschi, si sarebbe battuto anima e corpo per perorare la causa del
rientro in Italia. La sua penna nobile e gentile avrebbe fatto miracoli, ma il
destino volle che morisse cinquant’ anni fa.
Dopo la sua morte non sono stati
molti gli scrittori che si sono battuti per la stessa causa. Le salme di Re
Umberto e della regina Maria Josè sono ancora sepolte in esilio, e questo la
dice lunga. Lo stesso Umberto II si chiedeva come mai certi giornalisti si
esprimessero contro di lui con offese ed insulti. Era andato a vivere in
Portogallo, una terra lontana, ma dove è sempre stato amato dalla gente del
posto. Il Re era l’amico umile dei pescatori, quelli cantati da grandi
scrittori che avevano visto nella loro lotta alla sopravvivenza, la semplicità
degna di grandi uomini. Il Re andava a messa ogni mattina, nella chiesa di
Cascais, dove faceva sempre la comunione. C’è un episodio che vorrei
raccontare.
Mentre scrivo questo articolo è il nove marzo 2018, una giornata
speciale per la mia città. Nel 1510, era comparsa la Madonna a un povero
contadino che si era fermato davanti a un capitello a recitare il Santo
Rosario, cosa che faceva ogni mattina. A questo vecchio la Madonna diede dei
suggerimenti, tra cui quello di costruire un Santuario che ancora esiste.
Collego questa cosa al fatto che quest’ anno, il 2 gennaio, è arrivata una
Madonna che ho fatto benedire dai frati di Motta di Livenza, a Cascais. Questa
Madonna è stata collocata nella chiesa dove il Re Umberto II si recava a
pregare. Si tratta della chiesa Igreja Matriz Senhora da Assuncao di Cascais.
La Madonna è giunta nella parrocchia di padre Nuno Filipe Fernandes Coelho, che
ha permesso che questo avvenisse. Mi onora sapere che in quella chiesa che il
Re frequentava ci sia un ricordo dell’Italia, di quell’Italia che non ha mai
dimenticato il suo Re. Un piccolo pensiero per ringraziare quello che i
portoghesi hanno fatto per il Re.
La fede era la sola certezza che lo potesse
aiutare a superare le tremende prove a cui fu sottoposto. Gli uomini non lo
avevano capito. Il Re leggeva tanti
quotidiani dal suo esilio, gli piaceva essere informato su tutto quello che
accadeva nel suo Paese.
La nostalgia lo opprimeva, ma amava la sua patria con
il cuore. Rimaneva ferito nel leggere certi commenti negativi ed intrisi d’odio
nei suoi confronti. Nel suo cuore aveva una citazione che spesso lo aiutava a
superare quella bruna malinconia. Per questo citava uno scrittore americano,
James Baldwin, che così scriveva: “Una delle ragioni per cui la gente si
aggrappa così tenacemente all’odio è che sembrano avere la sensazione che una
volta svanito l’odio gli resterà solo il vuoto e la pena”.
Una frase che non ha bisogno di commento, che
in qualche modo dava conforto al Re. Ogni persona cerca di trovare delle
particolari frasi che possano abituarci a portare la croce con maggior forza.
Re Umberto II conosceva bene la croce di Cristo. Ha vissuto tante ore di
solitudine a osservare quel mare che con l’infrangersi delle onde lo
accompagnava. Lo scrittore Thomas Paine scriveva : “ Quanto più aspra è la
lotta, tanto più glorioso è il trionfo. Valutiamo poco ciò che otteniamo troppo
facilmente : è l’alto prezzo da pagare che dà a ogni cosa il suo valore. Amo
l’essere umano capace di sorridere nelle difficoltà, di trarre forza dalle
angustie e coraggio dalla riflessione. Sono gli uomini meschini che si perdono d’animo.
Ma chi ha un cuore saldo e una coscienza tranquilla perseguirà i propri
principi fino alla morte”. La figura di questo sovrano è sempre stata quello di
una persona che ha vissuto nel bene, che ha lottato per il bene, che si è
sempre messa nelle mani del Signore.
La Chiesa non ha mai fatto nulla per
aiutare questo pellegrino nel mondo che tanto desiderava essere confortato. Ha
fatto molto per la Chiesa, come il dono della Sacra Sindone. La solitudine di
una persona buona è sempre difficile da comprendere e da sopportare. Tante sere
d’inverso davanti al fuoco ho immaginato il mio sovrano intento a leggere un
buon libro con il caminetto acceso. Diceva un poeta che dove c’è il fuoco si
trova la famiglia. “ Non c’è sulla terra un suono più dolce del crepitio di un
caminetto: aggiungetegli qualche ramo di pesco e di fico e il fuoco canterà il
potere della terra e la triste nostalgia del vento”.
Il Sovrano nella sua casa
avrà sentito il vento che fischiava dalla finestra e la nostalgia della sua
terra. Gli uomini sono per loro natura
capaci di mutare il pensiero con un’ estrema facilità, come spira il vento, ma
nessuno di quelli che siedono oggi in comodi scranni potrà mai dire male del
Re. Anni di sofferenza affrontati con cristiana fede, quella dell’esule che
spera. Ha sempre manifestato il dolore per l’assenza della sua terra e
l’incomprensione delle tante colpe attribuitegli, ma non commesse. Immagino il
Re che cercava di dimenticare il dolore tra i suoi libri, in quella biblioteca
dove riposavano tanti volumi che recuperò in giro per il mondo. In quel posto
silenzioso, tra le sue adorabili
edizioni che raccontavano l’Italia, cercava conforto.
Lo penso sempre
seduto alla sua scrivania con un libro in mano, a cercare di viaggiare con la
mente. Ogni tanto il suo cuore cerca dalla finestra un raggio di sole, e
vorrebbe essere un uccello per raggiungere la sua patria, quei luoghi il cui
respiro è ancora intenso. Magari ascoltando una canzone, la canzone dell’esule:
“Viaggiare. Lasciarsi Paesi alle spalle/ Cambiare d’anima tutti i giorni .. /
Io viaggio senza altro scopo / che sognare di andare. / Che mi resta se non la
terra e il cielo .. ” Sono passati
trentacinque anni e lo ricordo con immutato affetto, perché se gli uomini non
hanno compreso il suo cuore, Dio lo ha accolto nel regno dei giusti.
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