Una
richiesta dell’on. Enzo Selvaggi alla Corte di Cassazione e alla Presidenza del Consiglio (7 giugno 1946)
«II
Ministro degli Interni ha comunicato le cifre relative al referendum istituzionale ed ha indicato la cifra di maggioranza che determinerebbe il
mutamento della forma istituzionale dello Stato. Tale cifra è stata calcolata
in rapporto al totale dei voti validi. Si è, cioè, in sostanza calcolato quale
delle due forme istituzionali proposte alla scelta del Paese abbia avuto il
maggior numero di voti validi, adottando lo stesso criterio che per la elezione
dei deputati all'assemblea costituente.
E’
legittimo questo criterio di determinazione della maggioranza rispetto alla
lettera e allo spirito della legge sul referendum istituzionale? Non è
legittimo secondo la legge, perché la legge sul referendum all’art. 2 prevede
che si formi maggioranza soltanto in rapporto al numero degli «elettori
votanti», vale a dire in relazione a tutti coloro i quali abbiano esercitato il
diritto di voto.
La
formula dell’art. 2 è infatti questa : «Qualora la maggioranza degli elettori
votanti si pronunci in favore della repubblica... » La stessa formula è
ripetuta per il caso della monarchia.
Non v’è dubbio
che alla espressione « elettori votanti » si debba dare il suo preciso
significato tecnico. E il numero degli elettori votanti e costituito — secondo
la legge — dai voti validi e da quelli che l’art. 15 del regolamento ritiene
nulli. Lo stesso regolamento (art. 12) rinviando all’art. 53 comma terzo della
legge sull’Assemblea costituente, per la determinazione che il presidente del
seggio deve tare del numero dei votanti, include in essi anche i voti nulli e
non attribuiti.
Se si
determinasse la maggioranza soltanto sulla base della dita lutale dei voti
validi, si avrebbe una interpretazione estensiva della norma in favore della
parte che ha ottenuto soltanto la maggioranza dei voti validi ma non la
maggioranza dei votanti. Ed è chiaro che nella materia in questione non è
consentita alcuna interpretazione estensiva.
Ne è
idoneo a fornire alcun diverso elemento di interpretazione l’art. 17 delle
norme regolamentari dello svolgimento e la proclamazione del referendum
istituzionale (Decreto Luogotenenziale 23 aprile 1946), Tale articolo infatti
dispone che la Corte di Cassazione proceda alla somma dei voti attribuiti alla
repubblica e di quelli attribuiti alla monarchia in tutti i collegi», il che è
operazione ovviamente necessaria anche nel caso che la maggioranza assoluta
debita essere calcolata (come in effetti si deve) in rapporto alla totalità
degli elettori votanti ».
La norma
di legge che determina in modo vincolante il criterio di determinazione della
maggioranza è appunto e solo l art. 2 della legge ove tale criterio è
tassativamente espresso, disposizione che consegue in ordine logico a quella
contenuta nell’art. I che deferisce soltanto alla decisione del popolo la
scelta della forma istituzionale. E nemmeno può ostacolare l’interpretazione,
quale risulta dalla lettera della legge, l’asserto che non è prevista l’ipotesi
di una mancata maggioranza in relazione al numero « degli elettori votanti » a
prescindere dalla considerazione che l’asserto rivela solo un inconveniente
(che non fu mai, per antica saggezza, argomento), non è prevista nemmeno
l’ipotesi, in ogni caso possibile, di una parità di voti, ipotesi che
solleverebbe un identico problema costituzionale.
Non è
legittimo il criterio, secondo lo spirito della legge: il referendum infatti decide
sulla scelta della forma istituzionale e la decisione valida, in tal caso, per
l’enorme impegno che la soluzione comporta, è giusto che sia quella che esprime
la maggioranza della manifestazione di volontà di tutti coloro che alla
decisione hanno partecipato.
Non e
legittimo il criterio, secondo lo spirito della legge: il referendum infatti decide sulla scelta della forma istituzionale e la decisione valida, in
tal caso, per l’enorme impegno che la soluzione comporta, è giusto che sia quella
che esprime la maggioranza della manifestazione di volontà di tutti coloro che
alla decisione hanno partecipato.
Il
semplice esercizio del diritto di voto (anche se poi il
voto risulti nullo)
è già una manifestazione della volontà dell’elettore di partecipare alla scelta
stessa. La nullità infirma soltanto il contenuto della manifestazione stessa
agli effetti di un’attribuzione all'una o all'altra forma istituzionale, ma non
costituisce una manifestazione di volontà contraria all'una e all'altra forma,
e perciò il voto nullo va computato per la costituzione della cifra totale in
relazione alla quale la maggioranza deve essere stabilita.
E’
necessario dunque, perché sia chiaro se, nella votazione sul referendum vi sia
stata una decisione valida, che venga determinata preliminarmente la cifra
totale dei votanti. Ripetiamo: la maggioranza voluta dalla legge è costituita
non dal raffronto fra i voti per la repubblica e voti per la monarchia, ma dal
rapporto delle due cifre rispetto ad un terzo, e precisamente a
quella del numero di tutti coloro che hanno votato. Il Ministero degli
Interni ha quindi il preciso dovere di comunicare al Paese tale numero».
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