Dalla rubrica del Corriere della Sera "Lo dico al Corriere"
14 aprile 2017
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il centro Pannunzio vorrebbe proporre la Marina militare italiana per il Premio
Nobel per la Pace. Il salvataggio di vite umane che i nostri marinai hanno
realizzato in questi anni fa pensare a quanto accadde cent’anni fa, tra il 1915
e il 1916, quando la Regia Marina protesse l’esodo dell’esercito serbo e trasse
in salvo 115 mila profughi. Ieri e oggi, una grande lezione di civiltà e di
grandi valori umanitari.
Pier Franco Quaglieni Quaglieni@centropannunzio.it
Caro Pier Franco,
Mi associo alla sua proposta. A maggior ragione perché il centro Pannunzio
rappresenta un caposaldo della cultura liberale torinese, che con il suo rigore
e la sua serietà è agli antipodi dei buonismi capaci di nuocere alla migliore
delle cause.
Gli uomini di mare conoscono e praticano l’imperativo di salvare vite umane,
proprio perché sanno la nostra precarietà e la fragilità di fronte alla natura
e alle condizioni avverse. Mi viene in mente un bellissimo film di qualche anno
fa, «In solitario», passato in Italia quasi inosservato. Il protagonista è
l’attore francese di «Quasi amici» François Cluzet, che stavolta interpreta un
velista, Yann Kermadec, impegnato nella più importante regata al mondo, il
Vandée Globe. Costretto a una tappa d’emergenza alle Canarie, Yann riprende l’oceano
ma scopre che a bordo si è intrufolato un ragazzo, Mano Ixa, un sedicenne della
Mauritania. Mano è afflitto da un’anemia, che lui crede sia una maledizione, e
vuole andare in Francia per curarsi: ha visto una barca con il tricolore bianco
rosso blu, e pensa sia diretta in patria. Quando apprende che invece la barca
deve fare il giro del mondo, rimane stupefatto: «E perché?».
Il film finisce bene. Il velista all’inizio vorrebbe liberarsi dell’intruso che
rischia di farlo squalificare: il povero Mano è sul punto di essere abbandonato
al largo del Brasile, poi in Nuova Zelanda. Ma Yann alla lunga si affeziona e
rinuncia alla vittoria pur di non rinnegare il suo quasi amico. La
realtà è ovviamente molto più complicata. Lo ripeto: nessun Paese può reggere i
flussi migratori cui è sottoposta oggi l’Italia; la rotta del Mediterraneo va
chiusa, il controllo dei mari va sottratto ai trafficanti, si devono aprire i
corridoi umanitari per i profughi che ormai chiede pure Salvini. Ciò non toglie
che se noi potessimo conoscere davvero le persone che arrivano, avremmo un
approccio meno aspro di quello che misuro ogni giorno leggendo le lettere al Corriere.
«Sarebbe giusto
assegnarlo alla nostra Marina»
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15 aprile 2017
Mi associo in maniera incondizionata
alla proposta di assegnazione del Nobel per la pace alla Marina militare
italiana fatta dal Centro Pannunzio sul Corriere di venerdì 14 aprile. Aggiungo
però che non andrebbero dimenticate le popolazioni del nostro Sud che accolgono
i migranti.
Maurizio Panciroli Pavia
Aderisco alla importante proposta del
professor Franco Quaglieni per l’assegnazione del Nobel per la pace alla nostra
Marina militare.
Domenico Giglio Presidente del Circolo
Cultura ed Educazione Politica «Rex» Roma
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