NON VI E' DUBBIO CHE UNA NAZIONE PASSATA DA UN REGIME MONARCHICO AD UN REGIME REPUBBLICANO SIA UNA NAZIONE «DECLASSATA», E CIÒ NON PUÒ NON ESSERE AVVERTITO DA CHIUNQUE ABBIA UNA SENSIBILITÀ PER VALORI I QUALI, PER ESSERE SOTTILI E IMMATERIALI, NON PER QUESTO SONO MENO REALI.

lunedì 18 marzo 2013

Eduardo De Filippo: Io e il mio amico Umberto


«Giocavamo insieme con un tamburo di latta»

Sik sik ha colto ancora una volta di sorpresa. Nessuno fra il numeroso ed elegante pubblico che assisteva domenica a Firenze alla consegna dei premi «San Giuseppe - Piero Bargellini» ad eminenti personalità delle arti e dello spettacolo, del mondo economico e di quello della scienza che hanno reso lustro al nome di Firenze e della Toscana nel mondo, avrebbe mai potuto immaginare che Eduardo De Filippo avrebbe ricordato Umberto di Savoia. E che lo avrebbe fatto con accenti tanto affettuosi e così commossi.
Invece il grande attore napoletano ha rivelato episodi che per decenni aveva tenuto sempre e solo per sé: l'incontro da bambini nella -principesca stanza dei giochi di San Rossore... la rappresentazione improvvisata nella «hall» dell'Excelsior a Napoli, con una lumaca e un canarino chiamati in fretta e furia a sostituire il pollo e la colomba previsti dal copione di «Sik-sik» ... e infine al Quirinale con la nomina a commendatore del già commendatore De Filippo, nel dolore comune per l'Italia distrutta dalla guerra, in un ultimo franco incontro di significato quasi profetico.,. «Umberto di Savoia era antifascista» ha detto Eduardo, aggiungendo di sapere bene che per tali idee politiche Vittorio Emanuele III arrivava a porre il figlio agli arresti.

Per molti di quanti erano raccolti domenica nella sala dell'antica Villa «La Loggia» l'affermazione ha avuto il significato di una rivelazione storica. « Avrei voluto scrivere un articolo... ma è meglio così... abbiate pazienza» ha detto ancora l'attore, quasi per scusarsi di una confessione.

L'applauso che è seguito, vorremmo dire «a scena aperta», è stata una adesione spontanea alla testimonianza di un uomo che aveva riconosciuto con parole semplici i suoi sentimenti e la sua storia, in tanti punti coincidenti con la storia e con i sentimenti collettivi. E' stato come se la morte dell'ultimo re d'Italia avesse aperto una stanza, per quasi quarant'anni rimasta ignorata, nella memoria comune. Ed è come se Eduardo vi fosse entrato, in quella stanza, cosi come ha fatto migliaia di volte nei teatri del mondo e anche alla Pergola: con quella semplicità totale che è il segreto della sua signoria assoluta della scena.

« Vogliamo parlare un momento di Umberto di Savoia buonanima?». La domanda, formulata un po' sommessamente, è di Eduardo De Filippo. Nessuno si sarebbe aspettato che il celebre attore ricordasse il defunto sovrano. Lo ha fatto, invece, dopo aver spiegato brevemente perché aveva accettato il laticlavio quando gli fu offerto da Pertini. «Non ho potuto rifiutare, come avevo già fatto altre tre volte, essendo il Presidente una delle pochissime persone che stimo nell'ambiente politico. Prima avevo rifiutato. Quando non c'era la Repubblica fui fatto cavaliere, poi cavaliere ufficiale, quindi commendatore. Poi scoppiò la guerra, la perdemmo, venne Umberto che, senza sapere che già mi avevano fatto commendatore, mi fece commendatore pure lui.

E' stato a questo punto che ha formulato la domanda e ha poi proseguito, prima emozionato, poi  più controllato. «Io avevo tre anni meno di Umberto di Savoia. L'ho conosciuto quando lui aveva quasi undici anni e io quattordici (in realtà Eduardo - nato nel 1900 - aveva quasi quattro anni più di Umberto, non tre di meno, ndr). A quell'epoca andavo a recitare a villa Savoia e a villa A da a Roma e a San Rossore a Pisa. Fu così che conobbi Umberto. Si giocava insieme dietro il palcoscenico. C'era una stanza dei giochi che dava sul giardino e ricordo un tamburo di latta con scritto "Viva l'Italia" .
«Quando Umberto venne a Napoli peri cinque anni che vi trascorse (alla fine del 1931, dopo le nozze con Maria Josè Umberto fu promosso generale di brigata e da Torino trasferito a Napoli, ndr) era spesso al teatro dove io recitavo. Era un grande ammiratore dei De Filippo. Era in allestimento in quel periodo la farsa "Sik sik, l'artefice magico" e una sera, mentre stato nel ristorante a piazza Dante, venne di corsa un suo incaricato. Guarda, mi disse, che il principe vuole che tu vada da lui all'Excelsior, perché desidera vedere questo nuovo spettacolo. «Ricordo che non avevamo sui posto i costumi, il teatro era chiuso. Ci arrangiammo: un abito dì mia sorella e ne feci il che indossavo in scena, anche Peppino riuscì a rimediare qualcosa per la recita Però non ci riuscì, sul momento, a trovare né il pollo né la colomba, elementi indispensabili, e chi conosce la commedia lo sa, per la rappresentazione. Il "Sik sik artefice magico" ebbe successo lo stesso. Sostituimmo gli animali con un canarino e una lumaca; adeguando le battute di scena E lui rideva lo stesso. Poi diventammo proprio amici.

«Umberto di Savoia era antifascista Era stato amico dei principe di Galles e il padre, Vittorio Emanuele, lo mise in prigione per questo fatto. Un giorno mi mandò a chiamare. Andai al Quirinale. C'era a ricevermi il generale Garofalo (in realtà l'ammiraglio Franco, allora aiutante di campo di Umberto, ndr) che è ancora vivo: potete domandarglielo, io dico sempre la verità. Mi introdusse nella sala dei moschettieri dove c'era il re. Era un salone molto grande. Umberto era dietro una scrivania, in un angolo. Si alzò e mi venne incontro a braccia aperte. "Eduardo, Eduardo. Hai visto, che hanno fatto all'Italia nostra?" "Ma avete visto che ha fatto papà? . Ve ne siete accorto di quello che ha fatto papà?". “Non me ne parlare".
«Non sono iscritto a nessun partito, ma conoscete la mia politica: amo il popolo, amo i lavoratori (come senatore si è iscritto al gruppo della sinistra indipendente, ndr), ho amato, molto Umberto di Savoia. Ho raccontato questo con molto dolore, quello che ho detto stasera me lo sono sempre tenuto per me.. Avrei avuto voglia di scrivere un articolo ma non l'ho fatto. Oggi è come se lo avessi commemorato. Abbiate pazienza».


Martedì 22 marzo 1983, La NAZIONE

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