NON VI E' DUBBIO CHE UNA NAZIONE PASSATA DA UN REGIME MONARCHICO AD UN REGIME REPUBBLICANO SIA UNA NAZIONE «DECLASSATA», E CIÒ NON PUÒ NON ESSERE AVVERTITO DA CHIUNQUE ABBIA UNA SENSIBILITÀ PER VALORI I QUALI, PER ESSERE SOTTILI E IMMATERIALI, NON PER QUESTO SONO MENO REALI.

domenica 21 gennaio 2024

Saggi storici sulla tradizione monarchica - V

 


LA RINASCITA DELL'IMPERO D'OCCIDENTE.

La conquista carolingia non mutò sostanzialmente la divisione politica dell'Italia; Carlo come Re della Longobardia (il cuí nome fu presto cambiato in quello d'Italia) pose a Pavia come suo luogotenente il figlio Pipino, che fu consacrato dal Papa nel 781. Di fatto indipendenti restarono i ducati longobardi di Spoleto e Benevento che nominalmente riconoscevano l'autorità di Carlo, come pure lo Stato pontificio, composto del ducato romano, dell'esarcato e della pentapoli, che all'alta autorità di Carlo era soggetto in quanto questi aveva ricevuto dal Papa il titolo di patrizio dei Romani. All'imperatore di Bisanzio, restò l'alta sovranità su Napoli, la Calabria e la Sicilia.

Carlo era tuttavia il più potente Sovrano dell'Occidente, i suoi

domini fuori dell'Italia abbracciavano gran parte della Francia e della Germania e la conquista dei paesi dei Sassoni, conseguita dopo una lunga guerra, aveva rinsaldato il suo prestigio. Per questo e per molti altri motivi, non ultimo quello di precisare giuridicamente la natura del potere del Re su Roma, il Papa Leone III decise di incoronarlo Imperatore nella notte di Natale dell'anno 800, mentre Carlo assisteva alla celebrazione della Messa Pontificale nella Basilica di S. Pietro.

Con quest'atto, che consacrava nel Re franco l'ideale successore degli imperatori romani d'occidente, il Pontefice affermava anche il suo diritto di consacrare e coronare gli Imperatori, ma nello stesso tempo prestava a Carlo Magno l'obbedienza riconoscendolo come signore di Roma e di tutto l'impero romano; nello stesso tempo l'Italia dallo stato di soggezione ad uno straniero ritornava all'antica posizione di culla dell'impero, anche se questo era impersonato non da un Romano ma da un Re di stirpe barbarica.

Naturalmente la coronazione di Carlo Magno, veniva in certo modo su un piano di prestigio a ledere i diritti dell'imperatore di Costantinopoli e per questi motivi, oltre ad altri di carattere più concreto, l'impero franco si trovò presto in lotta con l'impero bizantino nell'Italia meridionale e a Venezia, che nominalmente riconosceva l'alta sovranità bizantina. Pipino Re d'Italia, figlio di Carlo Magno, intraprese una spedizione contro la laguna che dovette cedere, ma la pace che fu negoziata ad Aquisgrana nell'812, riconosceva all'imperatore di Costantinopoli il possesso di Venezia, chiudendo la contesa.

L'impero di Carlo Magno, che fu la più grande costruzione politica dell'Europa medioevale, ebbe una enorme importanza in ogni aspettò della civiltà del tempo, dando anzi origine ad un complesso di manifestazioni che furono appunto chiamate la rinascenza carolingia. Intorno all'Imperatore che risiedeva in varie città dell'Impero, principalmente ad Aquisgrana, si riunirono le menti più elette dell'epoca, fra cui primeggiò Alcuino di Jork, che diedero vita alla famosa, schola palatina, cioè ad una specie di accademia in cui venne elaborato e vagliato tutto lo scibile dell'epoca.

Enorme importanza assunsero nella vita intellettuale di quel tempo, i monaci che già negli oscuri giorni delle invasioni barbariche avevano salvato nelle mura dei loro conventi il patrimonio della cultura classica conservando, leggendo e copiando i manoscritti degli autori latini. Monaco fu Alcuino, abate di Tours e monaci Paolo Diacono, che nel monastero di Montecassino compose la famosa Historia langobardorum, Adalardo abate di Corbia, Angilberto abate di St. Riquier in Piccardia, paragonato ad Omero per la vena poetica, Eginardo autore di una vita di Carlo Magno; prelati furono Teodulfo, vescovo di Orleans. famoso per i suoi versi e il grammatico Paolino, Patriarca di Aquileia.

Particolarmente importante l'ordinamento dato da Carlo Magno all'amministrazione politica e religiosa dell'Impero; con l'emanazione di leggi dette capitolari provvide a stabilire l'uniformità legislativa dei territori e l'amministrazione fu divisa fra i rappresentanti imperiali, detti canti o marchesi, che riunivano poteri civili e militari. Una

funzione di controllo veniva esercitata dai legati dell'Imperatore (missi dominici) che ogni anno, a due a due, un laico ed un ecclesiastico, dovevano visitare i vari compartimenti dell'impero.

Ancor più solida ed uniforme fu la organizzazione religiosa; l'impero fu diviso in arcivescovati, di cui quattro furono in Italia oltre a Roma, Ravenna, Milano, Aquileia e Grado. Ogni arcivescovo raggruppava sotto di se tutti i Vescovi del proprio territorio e questi esercitavano la giurisdizione sul clero e i monasteri della propria diocesi.

Un grave inconveniente fu quello rappresentato dall'abitudine di Carlo Magno di scegliere molti funzionari imperiali fra alti ecclesiastici, Vescovi e abati, venendo così ad ingerirsi anche delle nomine religiose di facoltà della Chiesa e non del potere civile, e questa abitudine doveva in seguito originare quel gravissimo contrasto fra Chiesa e Impero che è conosciuto con il nome di lotta per le investiture.

Ma al di fuori di questi fatti, e di una certa ingerenza esercitata anche nelle questioni teologiche, ad imitazione del costume degli imperatori bizantini, vanno riconosciuti a Carlo Magno dei grandissimi meriti, sia dal punto di vista religioso che da quello politico; questo guerriero d'origine barbarica seppe ascendere al trono imperiale e mantenervisi con grande dignità e saggezza e fu un restauratore dell'occidente, da più secoli avvilito dalle invasioni barbariche e dalla preponderanza dell'imperatore bizantino; la sua costruzione politica fu massiccia e meravigliosa, benché non riuscisse a sopravvivergli a lungo e cadesse ben presto per la mancanza di una mano capace di reggere domini tanto grandi e tanto diversi fra loro.

Alla morte di Carlo Magno, avvenuta il 28 gennaio dell'814, gli successe il figlio, Ludovico il Pio sotto il quale già, si manifestarono i segni della fine del grande impero.

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