di Emilio Del Bel Belluz
Le giornate trascorrevano tranquille come le acque del fiume
che scorrevano placide. Elena si stava avvicinando al parto, mancavano solo
poche settimane. In casa era sempre presente Genoveffa che non la lasciava mai
sola. Elena era diventata però più taciturna, parlava solo lo stretto
necessario, si vedeva che era preoccupata per il parto; anche se di figli ne
aveva già avuti tre e tutto era andato nei migliori dei modi. La stagione
dell’estate era tra le più proficue per la pesca e le acque del fiume erano di
un verde cristallino perché da molto non pioveva. Una tarda mattina era venuta
a vedermi, assieme a Serena, mentre rientravamo con la barca. Nei loro volti
c’era la curiosità di appurare la quantità del pesce pescato. Quel giorno poi eravamo stati molto
fortunati, la calma del fiume in certi punti ci aveva permesso di catturare
alcune trote, che si muovevano nel secchio grande. I nostri volti erano felici
come se avessimo catturato una balena. Osservai il volto di Elena i cui
lineamenti si erano addolciti e pensavo al grande momento che ci attendeva.
Quella nascita l’avrei festeggiata alla grande, un figlio è una cosa davvero
meravigliosa e straordinaria che ti cambia la vita. Elena aveva espresso il
desiderio di ritornare a casa per mangiare tutti assieme. Quel giorno con
Serena avevano preparato un piatto speciale: un arrosto di carne con patate.
Questa notizia ci fece accelerare il passo di ritorno. Il sole scaldava i tetti
delle case e le nostre teste; sentimmo il bisogno di ripararci in casa. In cucina
Genoveffa aveva preparato la tavola, arricchendola con dei fiori rossi, appena
raccolti. Il profumo del cibo s’era espanso dappertutto. Quando fummo seduti a
tavola, vennero portati i piatti con la carne e le patate che furono salutati
con una felicità che si poteva toccare con le mani. Volli anche stappare una
bottiglia che mi aveva dato un contadino in cambio di un pesce. Non avevamo ancora finito di pranzare che
Elena aveva chiesto il permesso di ritirarsi in camera, si sentiva stanca. La
accompagnai e le chiesi se stava male. Mi rispose che stavo più in ansia di lei
e che non c’era per il momento nulla di cui preoccuparsi, era semplicemente
stanca. Quella mattina si era accorta
che dolcemente le avevo fatto una carezza prima di andarmene a pesca che era
stata molto gradita ed avrebbe voluto che mi soffermassi ancora con lei. Si era
anche accorta che ero stato nella cameretta dei bambini e che li avevo baciati.
Questo le aveva fatto pensare a suo padre che prima di partire per il fronte
aveva voluto salutare dolcemente tutte le persone della famiglia. Elena aveva nel
cuore la paura che questo potesse accadere ancora. Mi sedetti accanto al letto e le presi la
mano per rassicurarla, come facevo tante volte. Le augurai di riposarsi
serenamente. Nel frattempo, i miei amici
avevano finito di pranzare e li avevo congedati. Successivamente dovetti
interrompere la conversazione con Genoveffa perché era arrivato un uomo del
paese portandoci una terribile notizia: suo figlio si era buttato nel fiume e
non riuscivano a trovarlo. Le acque del fiume avevano portato il suo corpo
lontano e l’uomo era disperato. Era il suo unico figlio. Alla mattina aveva
lasciato un biglietto sul tavolo in cui spiegava il motivo del suo gesto. Al
ritorno della guerra la sua mente non era più la stessa, gli incubi ricorrenti
notturni non lo lasciavano riposare e durante il giorno non aveva più un
momento di tranquillità; rimuginava continuamente le terrificanti scene
belliche. L’uomo mi chiese di aiutarlo
nelle ricerche, desiderava partecipare attivamente. Vittorio notò nel padre i suoi occhi stanchi
e il viso stravolto dal dolore. Genoveffa ci diede del caffè e della grappa da
portare con noi; le ricerche sarebbero continuate a lungo. Il padre prima di
andarsene, chiese a Genoveffa di avvertire sua moglie che era partito con me.
La donna attendeva notizie completamente in preda alla disperazione. Salimmo
sulla mia barca e solcammo un tratto del fiume fino a raggiungere il posto dove
il figlio aveva abbandonato una giacca. Ivi le acque del fiume creavano dei
pericolosi vortici. Al padre avevo raccomandato di non fare dei movimenti
bruschi, altrimenti, la barca si sarebbe potuta capovolgere. Gli chiesi solo di
prestare attenzione se intravedeva qualcosa che assomigliasse a un corpo.
L’uomo che nel cuore aveva la disperazione, scrutava intensamente qualsiasi
cosa che galleggiasse. Le ore passavano, il capannello di persone s’era
dileguato. Il padre appariva allo sfinimento delle sue forze, era diventato
taciturno e impadronito dalla rassegnazione. Decisi che sarei ritornato a casa,
non si poteva fare di più di quello che era stato fatto. Il fiume solitamente
restituiva i corpi delle persone, ma poteva farlo anche qualche giorno dopo. Il
cadavere poteva essersi impigliato nella vegetazione che abitualmente
costeggiava le rive del fiume. Succedeva anche a me, quando gettavo le reti per
pescare. Il padre accettò che lo conducessi a casa, e con una certa velocità lo
riportai vicino alla riva e lo feci scendere. Gli promisi che le mie ricerche
sarebbero riprese la mattina dopo, all’alba. Per suo figlio non si poteva fare
altro che aspettare; l’uomo mi abbracciò forte e mi mise tra le mani del denaro
che rifiutai. Nel salutarlo, gli promisi che l’avrei cercato il giorno dopo, e
se avessi avuto notizie mi sarei fatto sentire ancora prima. Mentre stavo legando la barca all’albero,
scorsi un bagliore sull’altra parte della riva, dove non avevamo ancora
perlustrato. Avevo l’impressione che qualcuno avesse acceso un fuoco. La
stanchezza che mi aveva rapito era tanta, nella barca avevo qualcosa da mettere
sotto i denti, e mentre mi approssimavo a farlo, vidi arrivare Ludovico con una
borsa. Elena lo aveva mandato a cercarmi, voleva avere notizie perché non si
sentiva tranquilla. Infatti, solcare il fiume con la barca con il solo ausilio
di una lanterna, non era un’impresa facile. Quello che mi sosteneva era la
speranza di trovare il corpo del giovane. Ludovico mi chiese di mangiare
qualcosa, e in quel momento compresi che la sua presenza mi stava aiutando.
Ludovico mi propose di continuare a cercare assieme a lui, ma prima volle
andare da Elena e rassicurarla che mi aveva trovato. Quando giunse a casa,
Elena stava parlando con Genoveffa, e le raccontava che non si sentiva tanto
bene, anche per la paura che mi succedesse qualcosa. Ludovico nel vederla, le
disse che mi aveva trovato e che avremmo continuato le ricerche ancora per
qualche ora. Con questo proposito raggiunsi Vittorio che nel frattempo aveva
mangiato qualcosa. Volevo raggiungere quel fuoco che si vedeva acceso, non che
sperassi di trovare lo scomparso, ma mi sembrava una possibilità che non si
poteva scartare. La lampada illuminava
la notte, poche stelle brillavano nel cielo e la luna piena stava sopra di noi.
Ludovico era silenzioso, ma io che avevo visto il volto del padre disperato,
non potevo dimenticarlo. La corrente del fiume in certi punti era più veloce e
la stanchezza nelle braccia si faceva sentire, anche se il pasto frugale mi
aveva ridato dell’energia. Dopo una navigazione difficile giungemmo all’altra
riva, la barca sembrava conoscesse la strada. Quella luce che avevo visto in
lontananza, poteva essere quella di qualche vagabondo che aveva deciso di
passarvi la notte. Avvicinandoci, scorgemmo due persone che stavano davanti al
fuoco mentre facevano bollire una pentola. Riconobbi che uno dei due era l’uomo
che cercavamo. L’altra persona che stava con lui era un frate. Quando ci
videro, l’uomo ritenuto scomparso cercò di scappare, ma la persona che era con
lui lo afferrò per un braccio e lo fece desistere. Il frate cercò di pacificare l’uomo che stava
con lui e si mise a sedere vicino al fuoco, invitandoci anche noi a fare
altrettanto. Il frate disse che aveva visto l’uomo nel fiume che stava
annegando e si era buttato in acqua e lo aveva portato a riva. Dopo averlo
salvato, aveva in tutti i modi cercato di rasserenarlo e gli garantì che lo
avrebbe accompagnato da suo padre. Il poveretto balbettò qualche parola, disse
che voleva porre termine alla sua vita che era diventata insopportabile. Quando
fu recuperato dal fiume, comprese che il buon Dio gli aveva mandato qualcuno a
salvarlo e doveva ringraziarlo. Il frate si trovava in quella zona perché stava
restaurando un capitello posizionato nel bosco vicino. Si era avvicinato al fiume
per prendere dell’acqua da bere. Quel giorno aveva iniziato il lavoro, ma non
avendolo finito, aveva deciso di passare la notte vicino al capitello. Quando
aveva visto che il giovane stava annegando si era gettato nel fiume per
salvarlo. Il frate disse che forse il peggio era stato superato e che, molto
verosimilmente, la vita del giovane sarebbe ricominciata. Il frate lo abbracciò
calorosamente, lo benedì e gli donò un’immagine di padre Leopoldo. Vittorio
mise la mano in tasca e donò del denaro al frate, chiedendogli di pregare per
Elena che era in attesa di un bambino. Il frate mi abbracciò, mi disse che
sarebbe andato tutto bene, e perciò non dovevo temere nulla. Il giovane aveva timore di presentarsi ai suoi
e, pertanto, lo condussi nella mia casa.
Ludovico andò ad avvertire i genitori che il loro figliolo era stato
ritrovato sano e salvo.
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