di Emilio Del Bel Belluz
Per due giorni non vidi Ludovico, e non mi aveva
avvertito della sua assenza. Ma questa volta decisi di non andare a cercarlo,
non volevo trovarmi nella situazione che avevo già vissuto in passato, alla
quale spesso mi capitava di pensare. Al caro Ludovico avevo dato molte
possibilità, ma ora non potevo concederne altre. Al secondo giorno di assenza
ne parlai con Elena che apparve molto pensierosa, magari al giovane poteva
essere accaduto qualcosa di grave e non aveva potuto avvertire. Elena era sempre
stata una persona molto buona ed altruista; per lei le persone non erano mai
fino in fondo cattive.
A suo avviso Ludovico era una persona della quale ci si
poteva fidare, soprattutto ora che aveva trovato un certo equilibrio, grazie al
suo amore ricambiato per Serena. Allora decisi che sarei andato a trovarlo
perché essendo solo e se fosse stato colto da un malore, nessuno lo avrebbe
saputo. Quando giunsi alla sua casa, vidi le imposte aperte. Questa volta non
urlai come avevo fatto la scorsa volta. Bussai solo alla porta e dopo poco mi
venne ad aprire. Il suo volto era pallido come quello di un cencio, peggio
della volta scorsa, ma nella casa non c’erano bottiglie di vino vuote. Mi
spiegò che non era venuto al lavoro perché aveva la febbre altissima, e si
reggeva a stento in piedi.
Queste parole mi rasserenarono e lo accompagnai a letto. La
stanza era molto pulita, e la casa era diventata più accogliente; sicuramente
c’era stato l’intervento di una donna e pensai a Serena. Invece mi spiegò che
dopo averla incontrato si mise subito a riordinare la sua casa, impiegandoci
alcuni giorni, voleva che diventasse ospitale per accoglierla un domani non
molto lontano. Ludovico raccontò che in casa non aveva nessuna medicina
che lo potesse aiutare; perché dal suo rientro in Italia era sempre stato bene.
Allora mi sedetti accanto al letto e gli dissi che non me la sentivo di
lasciarlo solo, e che lo avrei ospitato nella mia casa. Ludovico si sentì
subito rasserenato; qualcuno si sarebbe occupato di lui e la solitudine dei
giorni precedenti sarebbe scomparsa. Lo aiutai a raccogliere delle cose per
utilizzarle nei prossimi giorni. Nella borsa vi mise anche alcuni libri e un
quaderno dalla copertina nera, di quelli che si usavano nel periodo scolastico.
Faticai moltissimo per aiutarlo a camminare e raggiungere la mia casa.
Quando ci arrivammo, Ludovico era esausto dallo sforzo
compiuto ma il suo cuore sobbalzò di gioia quando vide che ad attenderlo c’era
la bella Serena che gli venne incontro. Ludovico fu accompagnato nella stanza
dove lo attendeva un letto comodo. Serena rimase con lui, da soli, perché aveva
tante cose di cui parlargli. La sua presenza aveva ravvivato il giovane che,
nei due giorni in cui era stato solo, aveva sognato mille volte di vederla. Genoveffa
gli preparò qualcosa di caldo e gli mise dentro un liquido fatto di erbe
aromatiche che potevano aiutarlo a sfebbrarsi. Era una pozione che gli aveva
insegnato una sua zia, che aveva delle nozioni di fitoterapia. Questa zia
curava ogni malattia con le erbe che trovava nel bosco, e questi suoi decotti
erano davvero molto efficaci. Quel giorno Serena passò molte ore del suo tempo
accanto a Ludovico, la febbre non era ancora scesa, anzi verso le cinque di
sera era aumentata quasi a raggiungere i 39 gradi. Ludovico aveva detto mille
volte a Serena che era felice che gli fosse accanto, gli sembrava d’essere in
paradiso, non si sentiva degno di tutte le cure prodigate nei suoi confronti.
Serena cercava di tranquillizzarlo e nel rassicurarlo che sarebbe guarito,
tenendogli la mano. In quei giorni Ludovico comprese l’importanza della
famiglia, di avere delle persone che ti volessero bene.
Nelle molte ore che passò nella nostra casa ebbe modo di
raccontare la sua vita a Serena, specialmente il periodo molto difficile in cui
era stato in Spagna a combattere. Le raccontò il motivo della sua scelta: il
voler stare dalla parte di quelli che combattevano per il Re, per la Patria e
per Cristo e della paura di morire in terra straniera che lo attanagliava
sempre. Ludovico nella sua esposizione si commosse; gli venivano alla mente i
camerati che erano caduti per la causa contro il comunismo. Un pomeriggio,
finalmente, la febbre scomparve, come ebbe modo di accertare Serena appoggiando
il palmo della mano sulla sua fronte. Lentamente stava recuperando le forze, e
Genoveffa lo aveva incoraggiato ad alzarsi per andare a mangiare in cucina e
Ludovico, anche se con qualche difficoltà, riuscì nell’intento. Una sera lesse
a Serena un episodio sulla guerra civile spagnola pubblicati nel libro che
aveva portato da casa, dal titolo Spagna processo: “ La fede
sosteneva questi eroi.
Il 24 settembre, festa di Nostra Signora della Merced,
liberatrice dei prigionieri, giorno in cui ricevettero la notizia del prossimo
arrivo dell’esercito liberatore, per 24 ore ininterrottamente recitarono il
Rosario a turno, e si legge nel Diario che essendo questa invocazione spagnola
di una tradizione molto adeguata alle presenti circostanze e non avendo
Cappella, recitavano il Rosario quante volte potevano negli alloggiamenti. “Eravamo
tutti convinti – dice il tenente Colonnello Romero – di aver con noi l’aiuto di
Dio. Il giorno della prima esplosione restò intatta l’immagine dell’Immacolata
che era nell’Accademia. Vero miracolo, non fu nemmeno scalfita dalle schegge,
né dalle macerie. Essa è stata la nostra protettrice. A Toledo la
chiamano ora con il nome che noi le demmo: Nostra Signora dell’Alcazar”.
Angelo dell’Alcazar era chiamato Antonio Rivera presidente della Gioventù
Cattolica di Toledo. Questo pio giovane con altri soldati di ugual tempra
compose, durante l’assedio, questa magnifica preghiera a Nostra Signora: “A te
ricorriamo, Madre e Signora, perché tu faccia fiorire nei nostri cuori la ferma
risoluzione di ricavare frutti veramente spirituali della prova che stiamo
soffrendo … Proponiamo fermamente di perseverare in spirito
veracemente cristiano nelle virtù che qui abbiamo appreso e approfondito…
Vogliamo compiere serenamente e generosamente i doveri di cittadini e cooperare
al rinnovamento della Spagna. Prega per noi perché arda in noi un fuoco Santo
di amore per i nostri nemici e perché tutti gli Spagnoli si uniscano
fraternamente con il solo scopo del bene e della Patria, illuminati soltanto da
questa luce: la fede dei nostri avi nella dottrina di Cristo e della Sua Chiesa
.
Così sia “. Ferito e mutilato dai proiettili, il cardinale
di Toledo che lo visitò gli chiese: “Come farai, Antonio, quando nei tuoi
discorsi di propaganda l’ardore del tuo animo esiga che tu agiti le braccia, se
te ne manca una?”. “Mostrerò al mio uditorio con l’altro braccio il
moncone che mi ha lasciato la bomba che mi ha colpito – rispose con un franco
sorriso – e sarà il più eloquente discorso che potrò mai fare”. La mattina
della liberazione il primo atto fu una Messa celebrata in quella catacomba”.
Ludovico volle continuare a leggere altri due episodi, scritti su Famiglia
Cristiana dell’11 luglio 1937. Il primo di questi racconta il testamento di un
soldato italiano caduto in Spagna:” Il capo manipolo Luigi Tempini da Pisogne
(Brescia) reduce dall’Africa Orientale Italiana, caduto
in Spagna ha lasciato il seguente testamento spirituale. Parto sereno e tranquillo. Spero che il buon
Dio mi protegga perché io possa sempre compiere il mio
dovere. Sono orgoglioso dopo aver contribuito per la conquista dell’Impero che
darà il benessere materiale ai nostri figli, di potere ora contribuire per l’Impero
della dottrina che apporterà a tutti i
figli la conoscenza del vero e del giusto rendendoli migliori nella pace delle
volontà buone. Invito i giovani ad essere generosi d’entusiasmo e di opera per
la nostra grande Patria. Se morissi nel compimento del mio dovere desidererei
che il mio corpo rimanesse in pace nella terra che vide la mia fede tramutata
in azione. Chi mi volesse ricordare elargisca quanto può per beneficenza alle
istituzioni fasciste. Che Dio mi tenga in gloria per il premio dell’eternità vicino a mia madre. L’altro episodio recitava: “Una beffa eroica è stata giocata da un aviatore nazionalista spagnolo a danno
del comando rosso. Fingendosi di idee sovversive era entrato al servizio del
governo di Valencia. Dopo la caduta di Bilbao egli aveva ricevuto l’ordine di accompagnare un generale russo e cinque ufficiali
superiori, di cui uno di nazionalità inglese e gli altri quattro di nazionalità
francese da Barcellona a Santander per portarvi gli ordini del Governo di
Valencia e per tentare di organizzarvi la resistenza. Una volta in volo, il
tenente nazionalista deviò la rotta, e nonostante le minacce dei sei ufficiali
atterrò sul campo di Saragozza. Il generale e i cinque ufficiali superiori sono
stati fatti prigionieri. In loro possesso venivano pure trovati importanti
documenti militari e grandi quantità di biglietti delle banche di Spagna e di
Francia”. Ludovico e Serena non riuscirono a trattenere la loro commozione e
delle lacrime solcavano il loro volto.
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