di Emilio Del Bel Belluz
L’interesse di Umberto per la Regina Elena divenne uno degli argomenti di cui si discuteva in famiglia. Per lui la Sovrana era come un grande angelo che proteggeva sia i bambini che gli adulti. Sulla copertina del quaderno nero aveva scritto a penna:” La storia di una buona Regina”. Nei pomeriggi che seguirono, dopo aver fatto i compiti, si metteva seduto a ritagliare e poi incollare gli articoli che Genoveffa gli aveva dato sulla Regina. Dalle pagine dei giornali poteva trovare oltre che degli scritti importanti, anche delle foto davvero interessanti. Ce n’era una che raffigurava la Sovrana mentre distribuiva dei pacchi dono a dei bambini bisognosi di una scuola elementare.
I loro volti erano illuminati di felicità. Per un attimo Umberto avrebbe voluto essere tra quei bimbi per ricevere un dono. Inchinandosi davanti alla Sovrana, Le avrebbe detto che si chiamava come suo figlio, e che suo padre, umile pescatore, era nato nello stesso anno del Principe. Era talmente assorto in questi pensieri che si era completamente estraniato dal mondo circostante e si godeva della felicità che lo possedeva. Per continuare la sua ricerca aveva bussato anche alla porta della canonica, gli aprì la pingue perpetua alla quale chiese se avesse raccolto dei vecchi giornali. Costei lo fece accomodare e chiamò il vecchio curato che stava leggendo nel suo studio per raccontargli il motivo della visita.
Il curato si tolse gli occhiali e disse che dei vecchi giornali erano rimasti che pochi fogli. Una volta letti li utilizzava la perpetua per accendere il fuoco o per pulire i vetri delle finestre. Il parroco lo fece accomodare, e notò la delusione che traspariva dal suo volto, e gli aveva offuscato il sorriso. Umberto, a cui non mancavano gli argomenti, disse che doveva andare a casa a fare una commissione per la mamma. Questa era una scusa, e lo si vedeva da come era arrossito. Il parroco allora gli disse che poteva prestargli un libro scritto proprio sulla vita della Sovrana, a cui era molto affezionato. Lo aveva avuto in dono da un fedele per sdebitarsi di un favore che gli aveva fatto. Costui era andato a Roma in pellegrinaggio e in una bancarella, dove venivano poste in vendita degli oggetti per raccogliere dei fondi da elargire in beneficenza, si era imbattuto in questo libro che portava la foto della Regina Elena. Il parroco sapeva che la Sovrana, pur di aiutare i suoi bisognosi, aveva fatto una cosa inaspettata: porre in vendita la sua foto con dedica e un libro autobiografico. Umberto prese in mano il libro e baciò la foto della Mamma dei poveri, senza dire una parola. I suoi occhi si illuminarono come se avesse visto il paradiso, non poteva chiedere di più dalla vita. La foto era uguale a quella che teneva la maestra appesa in classe. Il parroco, essendo vecchio e non avendo dei parenti, pensò che quella foto con il libro avrebbe potuto donarglieli a Umberto, almeno avrebbe fatto un gesto d’amore verso quel ragazzo che gli era sempre piaciuto. Un domani forse lo avrebbe ricordato, e questo non era poca cosa.
La perpetua che aveva assistito alla scena si commosse, il gesto del parroco gli aveva toccato le corde del cuore. Umberto salutò il curato e diede un bacio affettuoso alla perpetua. Il cuore gli batteva forte nel petto e corse velocemente verso casa. Prima di entrarvi, vide da lontano suo padre che stava avvicinandosi alla riva e lo salutò festosamente. Entrò in cucina e la madre stava preparando la tavola; subito le andò vicino e l’abbracciò, e sia la donna che i suoi fratelli non compresero la gioia di Umberto. Quando entrò il padre vide che teneva tra le mani il libro della Sovrana e capì la sua euforia. Quella sera Umberto non abbandonò mai il suo libro, era timoroso che qualcuno lo sporcasse e chiese al babbo se poteva fargli una cornice per porvi la foto della Regina. Vittorio sorrise, aveva avuto una giornata molto fortunata, il pesce pescato era stato abbondante. La stanchezza che aveva accumulato durante il giorno, era stata ripagata anche dalla felicità del figlio. Costui raccontò dell’atto generoso del parroco e della gioia che gli aveva procurato. Umberto venne a sapere dal curato che la sovrana amava la pesca e donava il pescato alle persone che avevano fame.
Era generosa verso i poveri e, nel suo piccolo, riusciva a sfamarli, come fece Gesù con il miracolo dei cinque pani e dei due pesci. Umberto prima di ritirarsi volle abbracciare la sua famiglia, e soprattutto Genoveffa che aveva portato delle fette di torta che le erano state donate da una donna del paese. Si trattava del dolce del pescatore. Era stato appena sfornato e la sua fragranza si espanse in tutta la cucina. Quella notte Umberto non chiuse occhio, più volte aveva preso in mano il libro e aveva letto mille volte la firma della regina Elena scritta in inchiostro nero seppia. Aveva pensato che anche la sovrana aveva toccato il suo libro, come aveva preso in mano la foto. Gli sembrava una cosa bellissima che non avrebbe cambiato con niente al mondo. Si addormentò solo all’alba. Il padre Vittorio era rimasto in cucina con Elena e Genoveffa.
Aveva voluto metterle al corrente che in paese era arrivata una nuova famiglia di agricoltori e che si era sistemata in una vecchia casa. Si trattava di una famiglia numerosa che magari aveva bisogno d’aiuto e l’indomani si sarebbe recato a trovarla, portandole come segno d’amicizia dei pesci che aveva pescato in abbondanza. Ogni famiglia nuova era una ricchezza per il paese. Era stato il postino che lo aveva informato di questa famiglia che arrivava da un paese vicino in cerca di fortuna, e aveva saputo che aveva già acquistato il biglietto per andare in America; ma l’ aveva dissuasa il parroco che si era impegnato a trovar loro quella casa che era disabitata da tanto tempo. Una casa che aveva bisogno di essere ristrutturata, ma a quella gente la buona volontà non mancava. La gente bisognosa si rivolgeva al parroco perché sapeva di trovare una spalla su cui appoggiarsi. La sola persona che brontolava per la sua generosità era la perpetua, che trovava sempre la dispensa vuota a causa delle elargizioni del sacerdote. La filosofia di quest’ultimo era:”Dio vede e Dio provvede”.
Con una mano il vecchio parroco riceveva e con l’altra dava. Spesso elevava le mani al cielo e ringraziava il buon Dio che non si era dimenticato di lui. Questa volta per aiutare la nuova famiglia aveva dovuto chiedere aiuto a Vittorio che non chiudeva mai la porta e il cuore a chi abbisognava di qualcosa. La famiglia aveva dei bambini piccoli che non potevano vivere in quella casa.
Vittorio che era una persona pragmatica cercò in tutti i modi di appianare le difficoltà in cui si trovavano. Per prima cosa pensò al cibo. Portò con sé parte del pescato ed altri viveri. La famiglia lo ricevette in una stanza fredda dove il fuoco non era acceso. Sembravano dei profughi fuggiti dalla guerra. Il rapporto che instaurò Vittorio con il capo famiglia fu immediato, dandogli il benvenuto, gli strinse la mano. Vittorio gli donò il cibo portato con sé e gli spiegò che non era sua intenzione fare della carità, ma si trattava di una usanza che aveva sempre praticato con i nuovi arrivati. La famiglia gradì molto questa accoglienza, e si misero a parlare del futuro. Vittorio le prospettò che la terra, essendo da molti anni incolta, avrebbe richiesto parecchio lavoro per essere nuovamente pronta per la semina. Vittorio le offerse il suo aiuto, due braccia in più potevano fare la differenza. Nel frattempo arrivò il curato con un carretto pieno di provviste che aveva acquistato alla bottega del paese, impegnandosi di pagarle con il tempo. Il bottegaio poi lo conosceva bene, e sapeva che alla fine, molta di quella roba gliela avrebbe dovuta regalare. Il curato fu molto felice che ci fosse Vittorio, perché voleva chiedergli di ospitare i piccoli figli della coppia. Il colono rimase senza parole davanti a una tale umanità. Si commosse e accettò di buon grado l’aiuto.
La donna teneva tra le braccia i due bambini, e il suo volto aveva ripreso a sorridere. Il parroco aveva portato con sé un crocefisso e un quadretto della Madonna dei Miracoli di Motta di Livenza. Il curato chiese a tutti di alzarsi in piedi e di partecipare alla benedizione della casa e di tutte le persone che vi abitavano. I due genitori fecero un cenno di gratitudine a Vittorio pieno di speranza. Quella stessa sera i due figli piccoli del nuovo colono si trasferivano per il tempo necessario da lui. Durante la strada rifletteva che nella vita se si aiuta qualcuno il buon Dio non dimentica.
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