NON VI E' DUBBIO CHE UNA NAZIONE PASSATA DA UN REGIME MONARCHICO AD UN REGIME REPUBBLICANO SIA UNA NAZIONE «DECLASSATA», E CIÒ NON PUÒ NON ESSERE AVVERTITO DA CHIUNQUE ABBIA UNA SENSIBILITÀ PER VALORI I QUALI, PER ESSERE SOTTILI E IMMATERIALI, NON PER QUESTO SONO MENO REALI.

venerdì 30 settembre 2022

Monarchia?

 


Ma se si volessero solo elencare tutti gli argomenti che la ragione umana può trovare a favore della Monarchia, non basterebbero centinaia di volumi; basti qui ricordare di sfuggita che il Papa Pio VI ebbe a definirla in una tragica occasione "praestantioris regiminis forma" (3) e, per quel che riguarda in concreto noi italiani, teniamo presente che "il migliore dei governi è in ciascun paese il legittimo" (4); ora, non essendo la repubblica italiana legittima  né quanto all'origine, perché - (degno esito di un secolo e mezzo

di attività rivoluzionaria mai sufficientemente combattuta e spesso addirittura favorita I nata da un referendum imposto al Re con minacce e ricatti e truccato nei risultati; né quanto all'esercizio, perché raro è trovar legge repubblicana che non violi il diritto naturale, il problema neppure si pone (5).

Andiamo ora a vedere come debba essere una Monarchia quanto a strutture politiche e sociali. Premetto subito che il discorso sarà necessariamente molto generico, data l'impossibilità di stabilire un modello astratto valido a priori in ogni tempo e in ogni luogo: ogni regno esistente o esistito è o è stato una costruzione storica spesso e volentieri unica ed irripetibile. I modelli prefabbricati di costituzione politica vanno bene per le utopie rivoluzionarie, non per un programma di restaurazione. Ci limiteremo dunque ai principi generali.

 

 

Innanzi tutto, è bene fugare un equivoco. Dalla definizione data precedentemente di Monarchia, qualche mente confusa e sospettosa ha forse visto emergere il tetro fantasma del "sovrano assoluto". Niente di più errato. Abbiamo detto che il Re esercita in proprio l'autorità "secondo giustizia": spieghiamo ora che cosa significhi "secondo

giustizia.

Giustizia è innanzi tutto riconoscere l'esistenza di un diritto naturale anteriore ad ogni legge positiva, e conformarsi ad esso nella legislazione; ed è anche il rispetto dei diritti propri delle società subordinate, quali famiglie, corporazioni, comunità locali; la cui esistenza è essenziale perché un regno sia bene ordinato, perché il Sovrano si trovi ad essere capo di una "società organica" quale quella che noi propugniamo. Il quadro di tale società è già stato delineato a sufficienza nei punti precedenti di questo lavoro; basti qui dire che tale articolazione è assolutamente necessaria, pena il cadere nel totalitarismo proprio delle repubbliche moderne, nelle quali alle società subordinate sono stati sostituiti organi burocratici artificiali, espressioni o ricopiature del potere centrale; mentre, in una società organica "ogni consorzio deve conservare la propria unità in modo da non perdere la unità del tutto; ed ogni società maggiore provvedere all'unità del tutto senza distruggere la unità dei consorzi" (6).

Ne deriva così una struttura piramidale avente alla base le singole famiglie ed al vertice la Famiglia Reale; inframmezzate e reciprocamente sorrette da tutta una gerarchia di autorità subordinate, che, senza ledere l'unità della autorità regia che sovrasta tutte quante ed a cui tutte quante riconducono assicura a tutti i livelli sociali la massima libertà compatibile con le esigenze della vita in comune.

Non sì dimentichi poi che, come si è detto prima, un Regno è sempre una costruzione storica, risultante dall'aggregazione di varie parti precedentemente indipendenti le une alle altre; e fa parte del regnare secondo giustizia anche il rispettare in queste regioni le costituzioni e gli ordinamenti antichi e i diritti da esse pattuiti all'atto della loro sottomissione alla Corona. Esempi di questo tipo si possono riscontrare ancor oggi, sia pure allo stato di semplice "residuo storico" nelle autonomie legislative delle varie parti che compongono il Regno Unito, e in tempi non troppo lontani da noi, nei "Fueros" spagnoli, conservatisi in Navarra fino al 1841 (7).

L'insieme che ne risulta è ciò che il De Tejada, riferendosi all'antica Monarchia della Spagna, ha giustamente definito "Monarchia federativa" (8): unità nella molteplicità, autonomia delle comunità subordinate senza che ciò possa ledere l'unità del tutto. Questa è un'esigenza particolarmente sentita in un paese come l'Italia, storicamente ed etnicamente complesso, dove il problema mai risolto del rapporto fra potere centrale e

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comunità locali ha portato anche recentemente a conflitti sanguinari, come nel caso di Reggio Calabria, che naturalmente la repubblica si è affrettata a "risolvere" con una dura repressione, nella più perfetta tradizione giacobina delle "colonne infernali", che il Comitato di Salute Pubblica inviò a suo tempo contro la Vandea.

Ma, torniamo al nostro stato monarchico. L'immagine che ne daremo, per forza di cose approssimata, presuppone già attuata - nei limiti del possibile, compatibilmente con l'imperfezione umana - la restaurazione di una società organica; cioè a dire, la restaurazione della Monarchia non è che l'ultimo atto, il "coronamento" nel senso letterale del termine, di una Restaurazione globale che parte da noi stessi attraverso gli organismi sempre più complessi della società, per giungere fino al vertice con la Restaurazione del Trono.

A capo di un tale stato si troverà il Re, investito di autorità personale, patrimoniale ed ereditaria; un Re, sia ben chiaro, che regna e governa, assistito dai suoi Consigli e da una rappresentanza delle corporazioni, degli ordini professionali e delle comunità locali.

La camera rappresentativa a designazione elettiva, avrà essenzialmente il compito di fare presente al Re ed al Governo i desideri e le esigenze dei vari corpi e comunità di cui è espressione e di discutere e trattare col Re l'applicazione e l'esazione di nuove imposte. Essa si riunirà in seduta plenaria solo in quei casi eccezionali in cui sia necessaria la discussione di problemi di interesse generale, mentre le questioni ordinarie saranno discusse dal Re e dal Governo coi soli rappresentanti dei corpi ad esse interessate. Si eviterà così il disgustoso spettacolo delle camere sedenti, discutenti e deliberanti a ruota libera in permanenza e si renderà inutile ogni forma di "indennità parlamentare", che sarà sostituita da un semplice rimborso delle spese di viaggio e di soggiorno per il breve periodo

in Cu       deputati dovranno trattenersi nella capitale.

I consigli potranno essere tre:

    un Senato con attribuzioni legislative;

    una Corte dei Conti con attribuzioni amministrative;

    una Corte di Cassazione con attribuzioni giudiziarie.

il Senato

Il Senato dovrà provvedere ad elaborare le leggi e a sottoporle al giudizio del Sovrano, alla cui approvazione è subordinata la loro promulgazione ed entrata in vigore, avendo esclusivamente in vista il bene comune. Esso dovrà essere il luogo della capacità e della competenza politica nel senso più proprio: di qui la necessità della presenza di una élite politica altamente qualificata, capace di svolgere quella funzione che in altre epoche fu efficacemente svolta dall'aristocrazia del sangue. Oggi in Italia una simile élite è completamente assente, donde il problema del suo reclutamento. Senza scartare a priori soluzioni come quella proposta dal K iThnelt - Leddihn, che propone un sistema di esami seguito da un periodo di prova (9), ci sembra che la formulazione di tale élite sia una naturale conseguenza di un'azione che parte dalla restaurazione degli uomini e che si svolga sul duplice piano di restaurazione intellettuale e spirituale. Un'opera del genere, condotta innanzi tutto su noi stessi, porta anche, lentamente, alla formazione di una élite autentica. D'altronde, in mancanza di quest'opera di restaurazione interiore, qualsiasi azione è destinata al fallimento, e quindi il problema non sussiste perché irreale. Una volta che tale élite avrà assunto il comando, essa potrà perpetuarsi e attraverso l'educazione familiare (sempre la più efficace) e attraverso l'istituzione di apposite scuole.

La Corte dei Conti

Le funzioni della Corte dei Conti saranno notevolmente semplificate e snellite dal decentramento amministrativo. Come linea generale è sempre da tener presente che l'organismo superiore deve intervenire in quei casi in cui l'inferiore non è sufficiente a se stesso. Le funzioni che la famiglia è in grado di svolgere da sola non devono spettare al comune, quelle che il comune può svolgere da solo non devono spettare alla provincia e così via fino all'amministrazione statale.

Una regola del genere, oltre ad evitare la paralisi amministrativa che quotidianamente si osserva nella repubblica, è anche la miglior difesa contro ogni forma di totalitarioo.

La Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione costituirà il vertice della Magistratura, ed avrà la funzione "custode del diritto". La proposta, che si trova nel Klihnelt Leddihn (10), di far desi-r;nare i suoi membri dalla chiesa e dalle università e di conferirle il diritto di 'veto assoluto' su tutte le leggi, risoluzioni e disposizioni che giudicasse contrarie al diritto naturale o ara morale cattolica, merita di essere presa in considerazione, ma forse non è necessaria simile misura quando si diano a questi corpi opportuni diritti di fare censure ed osservazioni in merito.

Quello che si è descritto non vuole essere, sia ben chiaro, un progetto di costituzione, ma solo dare un'immagine di quello che potrebbe essere un modello non inattuabile. di Monarchia, Tradizionale, Organica e Rappresentativa; di una Monarchia, cioè, conforme alle autentiche tradizioni delle nostre genti, nella quale siano organicamente contemperate l'unità del comando e la molteplicità delle strutture sociali; dove il popolo sia adeguatamente rappresentato secondo le strutture naturali del paese reale e attraverso queste possa autoregolarsi alla base e far sentire la sua voce fino ai piedi del trono , senza restar vittima dell'inganno di un'impossibile sovranità che lo rende invece "schiavo di tutto e padrone di niente".

Siamo insomma all'opposto delle moderne oclocrazie totalitarie, ma anche all'opposto delle Monarchie Assolute; infatti il primo attacco sul piano politico contro. le strutture tradizionali fu proprio l'assolutismo, dottrina nata dalle teorie naturalistiche rinascimentali e dall'individualismo protestante.

Col pretesto di rimuovere i limiti che una struttura differenziata poneva all'autorità regia, esso perseguiva una politica di accentramento amministrativo, di uniformazione legislativa, e tesa al disconoscimento dell'esistenza di una Legge naturale di origine divina, di fronte alla quale anche il Re doveva inchinarsi. Una politica del genere, perseguita soprattutto in Francia dal Richelieu e dal Mazarino, ebbe come conseguenza quella di togliere alla Monarchia le basi su cui poggiava; e di preparare così la strada alla rivoluzione. In realtà, mai nessuna Monarchia pre-rivoluzionaria arrivò ad essere "assoluta" nel senso che una certa letteratura fumettistica dà a questa parola.

La stessa Francia, alla vigilia della Rivoluzione, conservava ancora parecchie delle antiche autonomie, immunità, legislazioni particolari, che solo la Rivoluzione - in nome della solita "eguaglianza" spazzò via. E se con l'assolutismo iniziò la pretesa di "legificare" anziché "legiferare", tuttavia mai l'arbitrio arrivò realmente a sostituirsi alla Legge.

Spieghiamo meglio il concetto che sta sotto i due termini:

Legiferare, da legem ferre, significa trasportare la legge da Principio trascendente, eternamente valido, a norma positiva adatta ad un determinato contesto sociale, senza però mutarne la sostanza;

Legificare è invece un puro e semplice fabbricare la legge, in base semplicemente alle idee

più o meno distorte di chi, la fortuna o le brighe dei partiti, hanno trasformato in legislatore. Di una simile pretesa il totalitarismo moderno ha fatto una regola, costantemente osservata in tutte le cosiddette "democrazie", siano esse "popolari" o "parlamentari".

Di ciò che di oppressivo poteva esserci nelle Monarchie assolute la rivoluzione non ha abolito nulla: anzi, ha perfezionato e applicato in modo sistematico e scientifico quelli che prima erano stati al massimo dei timidi tentativi, e in più ha soppresso e continua a sopprimere quello che di buono e di veramente libero sopravviveva.

Ma non è questo il momento di piangere sul bene perduto, ma quello di lottare con tutte le nostre forze per salvare le ultime briciole che rimangono, per iniziare con quelle a ricostruire ciò che è stato distrutto.

E' un'opera di restaurazione che non è mai troppo presto per incominciare e che, in un certo senso, non dovrà interrompersi mai, perchè la Rivoluzione è sempre in agguato e non esiste costituzione perfetta: le società meglio ordinate finiranno sempre col corrompersi, se si corrompono gli uomini che le governano. Il migliore dei Regni corre continuamente il rischio di rovesciarsi, se vengono meno gli uomini, nella peggiore delle ipotesi al servizio della rivoluzione.

Corruptio optimi pessima: così la Francia , il Regno Cristianissimo, genera prima la Rivoluzione nel suo seno e la esporta poi con la forza delle sue armi; così la Russia, la Santa Russia, si trasforma con la rivoluzione sovietica del 1917, nel centro propulsore della sovversione comunista.

Sta a noi continuare a non prestarci al loro gioco. I danni compiuti dalla Rivoluzione fino ad oggi sono troppo gravi perché si possa ancora perdere tempo. Dobbiamo lottare con tutte le nostre forze per restaurare - o per instaurare, se così preferite - in Italia la Monarchia. Ogni benché minimo indugio in questa Contro - Rivoluzione può essere fatale.

Ogni piccola vittoria che saremo capaci di riportare è un abbreviamento del tempo che ci separa dal giorno della Restaurazione.

Ed allora, AVANTI per l'Italia e per il RE!

NOTE


(3)    All. al Concistoro del 17 giugno 1793 (sull'uccisione di Re Luigi XVI da parte dei rivoluzionari francesi), in Insegnamenti Pontifici - 6 - La pace interna delle Nazioni Ed. Paoline, Roma, 1959, pag. 18 nota

(4)    Taparelli, op. cit., vol. 1, pag. 174. Dopo questa considerazione l'Autore esamina una serie di argomenti pro e contro la monarchia e la poliarchia, e pur non prendendo egli posizione esplicita a favore dell'una o dell'altra forma di governo, la prima risulta chiaramente la migliore.

(5)    Non si deve, naturalmente, fraintendere questo argomento dell'illegittimità del regime repubblicano e ritenere che essa ci autorizzi all'uso di messi violenti per abbatterlo. Tali mezzi sono un'extrema ratio, a cui solo in gravissimi casi è moralmente lecito il ricorso come scelta del male minore. Grazie a Dio, non siamo ancora a questo punto e la resistenza legale alla repubblica è tuttora possibile e attuabile su larga scala.

(6)    Taparelli, op. cit. Diss. III capo V, vol. I, pag. 244

(7)    A proposito dei "Fueros" vedasi Francisco El ìas de Tejada, La Monarchia tradizionale, dell'Albero, Torino, 1966.

(8)    Francisco Elias de Tejada, op. cit. pag. 109 seg.

(9)    Erik von Kiihnelt-Leddihn, Libertà o eguaglianza? Il problema del destino dell'Occidente, trad. it. "L'errore democratico", Volpe, Roma, 1966, pag. 287

(10)  Erik von Kiihnelt-Leddihn, o

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