di Emilio Del Bel Belluz
Lavorare il legno era il mestiere che aveva svolto anche S. Giuseppe, padre di Gesù. Una volta avevo visto in una chiesa un quadro raffigurante S.Giuseppe accanto a Maria e nel mezzo il Bambin Gesù, nella loro bottega di falegname. Lasciavano trasparire tutta la serenità e la pace che regnava nella Santa Famiglia. Mi tornò in mente anche un’altra immagine vista in un vecchio libro che rappresentava gli apostoli che tiravano delle reti colme di pesci nella loro barca. Era, verosimilmente, la raffigurazione della parabola della pesca miracolosa, ovvero, dopo aver inutilmente pescato per tutta la giornata, senza risultati, su suggerimento di Gesù gettarono le reti sul punto da lui indicato, ottenendo un esito insperato. Vittorio aveva sognato d’essere uno di quelli che seguivano Gesù, di quelli che condividevano il loro tempo con Lui e di possedere una barca simile a quella, forte e resistente.
Quando mi capitava di trovare delle difficoltà nella pesca, e non riuscivo a prendere nulla, il mio cuore si rivolgeva al buon Dio, affinché mi aiutasse a porre a termine la giornata con soddisfazione. La vita del pescatore era dura, piena d’incertezza, ma non potevo stare lontano dal fiume per molto tempo perché ne avrei sofferto tanto, il mio equilibrio psichico sarebbe stato compromesso. Molte volte immaginavo che i miei figli avrebbero ereditato la mia stessa passione per la pesca. Saremo stati un’unica e grande famiglia e avremo vissuto nella stessa casa, ingrandita appositamente per tutti.
Quando sarei invecchiato, avrei accompagnato i miei figli fino alla barca, li avrei seguiti con lo sguardo allontanarsi e li avrei attesi al loro ritorno, riposando all’ombra della vecchia quercia o mettendomi a pescare con la canna, come facevo da bambino. Avrei osservato attentamente il galleggiante e quando sarebbe scomparso dalla mia vista, avrei compreso che la preda che aveva abboccato era come la morte che era venuta a prendermi. Mille volte avevo fatto questo sogno. Gli ultimi istanti che precedono la morte ci fanno vedere la nostra vita come se fosse un film, i cui attori sono tutte le persone che abbiamo incontrato ed amato e la trama sono tutti gli avvenimenti compiuti, sia nel bene che nel male. Avevo immaginato d’essere sepolto vicino ai miei famigliari, nel raccolto cimitero di Villanova di Motta. In quel luogo non troppo lontano dal fiume, avrei potuto godere del profumo dell’acqua e udire il vento che accarezzava le chiome degli alberi cresciuti sulle sue sponde.
La mia vita sarebbe stata trasformata, mi sarebbe piaciuto salire sulla barca di Cristo, e diventare un suo apostolo, pescatore. Mentre facevo questo sogno ad occhi aperti, arrivò mia moglie che si era preoccupata perché mi aveva visto soffermarmi alcune ore sulla riva del fiume. Alla fine il suo pensiero era sempre legato a me. Volle che la portassi a fare un giro in barca come avevamo fatto altre volte da giovani, appena ci eravamo conosciuti. Mi chiese di accompagnarla da sua madre, nella casa oltre la riva.
Elena era la mia regina, la donna che amavo di più al mondo. Mentre avevo il remo in mano e direzionavo la barca, sentivo il profumo dell’acqua che era intenso più del solito e gli uccelli volteggiavano bassi, quasi a sfiorarla: forse in serata avrebbe piovuto. Elena era radiosa, bella come non mai. Mi ritenevo fortunato d’averla conosciuta e di amarla come il primo giorno. Fu una delle tante belle giornate trascorse assieme, e felici della vita che ci aspettava.
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