NON VI E' DUBBIO CHE UNA NAZIONE PASSATA DA UN REGIME MONARCHICO AD UN REGIME REPUBBLICANO SIA UNA NAZIONE «DECLASSATA», E CIÒ NON PUÒ NON ESSERE AVVERTITO DA CHIUNQUE ABBIA UNA SENSIBILITÀ PER VALORI I QUALI, PER ESSERE SOTTILI E IMMATERIALI, NON PER QUESTO SONO MENO REALI.

lunedì 10 ottobre 2022

Capitolo XXII: La maestra e l’articolo di un giornale.


di Emilio Del Bel Belluz

Silvana mi raggiunse mentre stavo aggiustando una rete acquistata da poco, non ero di buon umore, la riparazione era piuttosto complessa perché il danno era ingente . La gentile Silvana aveva in mano una busta appena consegnatale dal postino. Il suo contenuto era una grande pagina di giornale che parlava del pugile Primo Carnera. La donna, sapendo che mi ero affezionato alla sua figura e alla sua storia, aveva scritto direttamente una lettera ad un giornale di pugilato, chiedendo che le venisse inviato delle notizie inerenti al gigante di Sequals. Le aveva risposto il direttore, inviandole quella pagina ed una foto del pugile.  Il mio umore mutò subito, abbandonai la rete e mi accinsi ad ammirare la foto. Era stata scattata in Francia ed osservai con stupore il suo fisico possente e quella mani grandi. Subito dopo mi misi a leggere l’articolo del giornale con sede a Milano. Quando tornai a casa, anche Elena, che sapeva di quella busta che il postino aveva appena recapitato, volle leggere l’articolo e commentò la foto di Carnera. Anche lei come Silvana notò la grande statura e l’importante massa muscolare del pugile. Carnera non era una persona normale ma un gigante, possente come una quercia. Elena fu colpita dagli occhi di Carnera che giudicò fossero quelli di una persona triste, alla quale mancava qualcosa per sentirsi una persona completa. Nell’articolo si raccontava che il pugile sarebbe venuto a combattere in Italia, precisamente a Milano, la città dove ogni tanto si organizzavano degli incontri di pugilato di un certo livello. In quella città vi aveva combattuto il campione dei pesi massimi Erminio Spalla e aveva conquisto la prestigiosa corona europea dei pesi massimi. Sperai che anche Carnera potesse ritornare in Italia per conquistare l’alloro mondiale e rimanerci per sempre. Elena notò che ero diventato entusiasta. Mi impegnai a rileggere l’articolo raccogliendo tutta la mia pazienza, perché non sapevo leggere velocemente e le parole dai caratteri piccoli rappresentavano un’ulteriore difficoltà. La storia di questo gigante friulano mi piaceva molto. Avevo visto in lui una persona che avrebbe potuto fare una carriera sfolgorante, mi sarebbe piaciuto fare la sua conoscenza e stingergli la mano.  Il match di Milano si sarebbe svolto tra due settimane, il 25 novembre 1928. Il cronista scriveva che Carnera non vedeva l’ora di arrivare al suo paese: Sequals, da dove mancava da alcuni anni e precisamente dal momento un cui dovette lasciarlo con la pesante valigia di cartone, perché conteneva anche tutte le sue illusioni e le speranze di trovare un futuro migliore in terra francese. Nell’articolo, il giornalista faceva mille ipotesi sul futuro di questo pugile. Alla fine conveniva che la sua mole lo avrebbe aiutato a sollevare il mondo. Quando arrivai alla fine della lettura, la rabbia che avevo in corpo per quella rete era svanita. Silvana mi servì un buon caffè: era proprio quello che desideravo in quel momento. Si era fatto quasi mezzogiorno e decisi di fermarmi per il pranzo. Elena raccontò che la mattinata era cominciata senza alcuna contrarietà e si stava ultimando ancora meglio, dopo aver udito la storia di Carnera. In casa poi era arrivata Genoveffa con un una pagnotta che le aveva dato una vicina, il profumo del pane appena sfornato si propagò nella stanza, richiamando aria di festa. Genoveffa lo mise sulla tavola, essendo certa che l’assaggiassi per primo. Nel frattempo il piccolo Umberto incominciò a reclamare il suo pranzo, e in pochi secondi Elena si mise davanti al fuoco e lo allattò. Tutto attorno era silenzio, si sentiva solo il succhiare con avidità del piccolo. A Elena sarebbe piaciuto avere un figlio grande come Carnera, in questo modo nessuna avrebbe fatto del male alla sua famiglia.  A questo punto intervenne Silvana, dicendo che una volta aveva letto la storia di un gigante che aveva un cuore d’oro. Questo colosso che viveva in montagna, era talmente buono che difendeva tutti coloro che subivano un’ingiustizia. Quando faceva una bella azione, diceva che il buon Dio l’avrebbe di sicuro gradita e dal suo volto scendeva una lacrima di felicità.  La sua forza era talmente grande che poteva sollevare una grossa pietra, o spezzare una catena. Al paese dove abitava era anche la gioia dei bambini, perché riusciva a sollevarli verso l’alto, anche più d’uno alla volta.  Aveva un grande amico che non poteva camminare, per cui ogni mattina andava a casa e se lo caricava sulle spalle finché non giungeva a scuola. Questo bambino non era molto ricco e il gigante divideva il cibo con lui. Quando non aveva nulla da offrirgli, sapeva che alla bottega del paese c’era sempre qualcuno capace di dargli qualcosa per il ragazzo. Questo gigante dal cuore d’oro non s’arrabbiava se qualcuno lo insultava, era sempre pronto a perdonare. Questo grande uomo, un giorno, incontrò una giovane del paese che era molto più bassa di lui e come accade sempre nelle fiabe, ma anche nella vita, si innamorò di lei. Qualche mese dopo si sposarono e un parente della ragazza le offrì una piccola casa nel bosco, vicino ad un torrente. I due sposi vissero in quel posto per tutta la vita, il gigante si era messo a fare il boscaiolo, aumentando in questo modo la sua massa muscolare. Aveva delle braccia possenti e ogni tanto in paese veniva chiamato per fare dei lavori che richiedevano tanta forza che solo lui possedeva. La gente gli voleva sempre più bene. Dal suo matrimonio nacquero due bambini che non assomigliavano in grandezza al padre. I bambini crebbero nella più grande libertà, erano amati dai loro genitori e pertanto erano sereni. Un giorno la moglie del gigante gli annunciò una bella notizia: aspettava il suo terzo figlio. Costui la sollevò al cielo, era felice di diventare ancora una volta padre. Quella sera mangiarono delle trote che un pescatore gli aveva portato, per festeggiare alla grande il nuovo evento.  In quella casa una nuova luce era entrata per riscaldare i loro cuori. Alcuni mesi dopo, nacque la creatura tanto attesa. Al parto aveva assistito una donna del paese, che non aveva mai visto un bambino così grande. Sicuramente sarebbe diventato molto simile al padre, e con la stessa bontà di cuore.

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