ROMA (storie & metallo) - Breve storia dell'ultimo regnante sul trono italiano. Luogotenente ed anti-interventista, partito per l'esilio a sua insaputa
Figlio del re d'Italia più longevo, Vittorio Emanuele III
(1900-1946), Umberto II è passato alla storia come il "Re di maggio".
Ma non è esattamente così, non fu esattamente così.
Una figura storica poco conosciuta perché matura e maturata
negli anni più difficili per il nostro Paese: quelli del regime fascista prima
e quelli della Seconda guerra mondiale poi. Ma si tratta di una figura che,
probabilmente, merita una maggiore centralità soprattutto nei difficili anni
compresi tra il 1940 ed il 1946.
Umberto vive all'ombra dell'inevitabilmente ingombrante
padre, a sua volta costretto a fare i conti con una casa Savoia ritrovatasi ad
essere la casa Reale, la sua scarsa altezza ed una educazione militare
asfissiante. Ma soprattutto, negli anni della maturità di Umberto, con la
figura del Duce.
Come se ne esce?
Male e a fatica. Umberto, nato nel 1904 quando Vittorio
Emanuele è già sul trono da 4 anni dopo l'assassinio di Umberto I (fatto fuori
dall'anarchico Bresci a Monza), subito proclamato "principe di
Piemonte" (e non di Roma, per evitare lo sgarbo al Papa, ancora lontano il
momento del Concordato) si distingue dal padre per le sue posizioni personali.
Umberto ha anche la fortuna di sposare una donna bella ed intelligente, Maria
Josè di Belgio, che ne sostiene le iniziative.
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