NON VI E' DUBBIO CHE UNA NAZIONE PASSATA DA UN REGIME MONARCHICO AD UN REGIME REPUBBLICANO SIA UNA NAZIONE «DECLASSATA», E CIÒ NON PUÒ NON ESSERE AVVERTITO DA CHIUNQUE ABBIA UNA SENSIBILITÀ PER VALORI I QUALI, PER ESSERE SOTTILI E IMMATERIALI, NON PER QUESTO SONO MENO REALI.

domenica 21 novembre 2021

Capitolo XLI: L’otto settembre 1943, l’Italia divisa.

 di Emilio Del Bel Belluz


 Il 25 luglio 1943 venne arrestato Benito Mussolini, una data che non potrà mai essere dimenticata, specialmente da quelli che lo avevano conosciuto. Carnera apprese la notizia dalla radio, e pensò al momento in cui lo aveva incontrato e alle  parole che Mussolini gli aveva detto quando lo ricevette  a Palazzo Venezia dopo l’incontro vittorioso sostenuto contro Paulino Uzcudm. Lo consolò per i fischi di qualche tifoso, perché  avrebbe voluto che Carnera battesse lo spagnolo per Ko e non ai punti. Mussolini gli disse: “ Primo non devi scoraggiarti se il pubblico pretende di più di quanto dovrebbe. Ma, oltre ad essere duro, il pubblico è anche volubile. Cambia opinione sovente, e non è da escludere che se oggi ti fischiano, domani ti applaudiranno”.  
La gente oggi ti ama e l’indomani non ti conosce più. Capita  che nel momento del bisogno le persone facciano finta di non conoscerti. Passano da una parte all’altra della barricata, come se fosse solo un gioco, che Primo non avrebbe mai fatto. Il giorno dell’arresto di Mussolini ne parlò con Pina, e gli dispiaceva che si fosse arrivati a questo. Nessuno conosceva dove Mussolini era stato portato. Lo tenevano nascosto  temendo che qualcuno volesse liberarlo. Pina non disse nulla, aveva molto da fare con i bambini, Carnera non volle continuare a parlare. Quel giorno se ne andò alla trattoria in cui era solito incontrare gli amici. Qualcuno aveva il giornale e stava leggendo a voce alta quello che era successo, Carnera non commentò l’accaduto con gli amici,  non era di buon umore. Si accorse che all’osteria avevano tolto la foto incorniciata di Mussolini, che stava vicino a quella del Re Vittorio Emanuele III e della Regina Elena, una donna che aveva sempre ammirato per la bontà e per il bene che aveva sempre fatto ai poveri. Tutti conoscevano questo lato del suo operato, ma non tutti la ricordavano con affetto. Una Regina che era venuta da lontano, dal piccolo regno del Montenegro. Quel giorno giocò con gli amici a carte e buttò giù qualche bicchiere di buon vino, per alleviare la tristezza che aveva dentro al cuore. Quel giorno di luglio era caldo, l’afa era opprimente, tutto aveva contribuito a infastidirlo. La sera rientrò tardi, Pina aveva già mangiato e i piccoli stavano dormendo placidamente. 
La casa gli sembrò più vuota, però lui non tolse il quadro incorniciato di Mussolini. Lo aveva conosciuto e non gli pareva giusto dimenticare quello che aveva fatto per l’Italia, almeno ci aveva provato a migliorarla e questo non era poco. Le settimane successive lo preoccuparono, perché alcuni impegni di lavoro furono annullati. Carnera lavorò nel suo giardino, aveva deciso in quei giorni di piantare degli alberi, voleva in questo modo ricordare i suoi figli, e per questo volle mettere a dimora due  cedri del Libano. Umberto e Giovanna Maria vedendoli crescere avrebbero potuto avere un punto di riferimento importante: gli alberi hanno una forza che bisogna imitare, ci dicono che nella vita bisogna lottare contro le avversità I cedri del Libano gli erano sempre piaciuti, come amava le querce, ne aveva piantate alcune in un pezzetto di terra che possedeva vicino alla vecchia chiesa. Quei mesi passarono con molte difficoltà. Dal mondo del cinema non lo avevano più chiamato, anche se continuava a sperare di poter recitare in qualche ruolo. Un produttore lo aveva chiamato, mandandogli anche il copione da studiare, ma poi non se ne era fatto nulla. La delusione fu appianata dalla grande forza che aveva accumulato in quegli anni. Non disperò, perché sapeva che la vita donava delle possibilità anche nei momenti che sembravano più duri. La sera  dell’otto settembre del 1943 avevano dato la notizia alla radio dell’armistizio. 
La voce del generale Badoglio doveva essere stata incisa in un disco, perché ascoltandolo gracchiava e diceva: “ Il governo italiano, riconosciuta l’impossibilità di continuare l’impari lotta contro la soverchiante potenza avversaria, nell’intento di risparmiare ulteriori e più gravi sciagure alla Nazione, ha chiesto un armistizio al generale Eisenhower, comandante in capo della forze alleate anglo-americane. La richiesta è stata accolta. Conseguentemente ogni atto di ostilità contro le forze armate anglo-americane deve cessare da parte delle forze armate italiane in ogni luogo. Esse però reagiranno ad eventuali attacchi da qualsiasi altra provenienza ”. La guerra però non era finita, il Re e il suo seguito andarono via da Roma. La vita non sarebbe stata più quella di prima. Il 12 settembre con l’operazione “Quercia”, nome in codice, avvenne  la liberazione di  Mussolini dal Gran Sasso ad opera degli uomini di Hitler e , poi, fu fondata la Repubblica Sociale Italiana.  Carnera non era felice che  la guerra continuasse. Anche a Sequals arrivarono i tedeschi assieme ai cosacchi che occuparono il centro del paese. 
Bussarono anche alla casa di Carnera, i tedeschi e quelli della R.S.I. volevano conoscere il campione, farsi fare un autografo o una foto con lui. Ne avevano sentito parlare, e a molti sarebbe piaciuto che si fosse incontrato sul ring con Max Schmeling,  pure lui era stato campione del mondo dei pesi massimi, e  la Germania lo amava. Durante la guerra si era  arruolato con i paracadutisti.  Carnera  era un uomo molto generoso, non si negava a nessuno, aveva sempre la porta spalancata per tutti quelli che lo volevano vedere. Nella sua grande Villa viveva con la moglie, con i suoi due figli, con la mamma, con la cognata Marianna, moglie di Secondo. Il fratello si trovava internato nell’Isola di Man. Allora non era facile vivere, e bisognava in qualche modo adattarsi. Il rapporto che Carnera tenne con i tedeschi fu cordiale, e per loro fece delle esibizioni di boxe in qualche paese, ricevendo in cambio del cibo che non era mai sufficiente. In quel periodo dovette lavorare per i tedeschi, facendo strade, e soffrendo. Quando il pugile Max Schmeling venne a conoscenza che Carnera non se la passava bene s’i impegnò affinché venisse confortato economicamente e per questo lo volle, oltre che aiutare, anche incontrare. Il mondo del cinema si era trasferito da Roma a Venezia, e il tedesco volle che Primo fosse invitato ad un incontro.  
Carnera allora tornò alla ribalta, lo si vide con il puglie tedesco, sorridente che gli stringeva  la mano, e furono fotografati mentre erano in gondola. Lo scopo era quello di far vedere che ci fosse armonia tra i tedeschi e gli italiani. In quei giorni trascorsi a Venezia sotto i riflettori, Carnera gli sembrava d’essere tornato ai bei tempi. La gente lo salutava, lo applaudiva, gli dimostrava cordialità e tutto questo avveniva durante il periodo della Repubblica di Salò.  Primo era lontano dal ring da anni, ma aveva sempre il suo fisico possente, si teneva in forma con degli allenamenti nella palestra che era adiacente alla Villa ed aveva come insegna la scritte:” Mens sana in corporae sana”. In quel periodo difficile insegnava la boxe a  dei giovani, tra cui qualcuno della R.S.I. e qualche soldato tedesco della Wehrmacht, il tutto per raggranellare qualche soldo. La guerra continuava a mietere vittime e in paese, più di qualche famiglia piangeva i suoi cari caduti. Anche la lotta tra partigiani e tedeschi provocava morte e desolazione. Era difficile anche sfamarsi, e a Primo veniva in mente il periodo dell’infanzia, in cui patì la fame e lo costrinse ad emigrare in Francia. La sua casa era meta di persone che venivano a chiedere dei favori. Sapevano che Primo era una persona che contava e generoso com’era, non era capace di rifiutare un aiuto.  Una notte giunse da lui  una madre in pena, perché il figlio era stato fatto prigioniero dai tedeschi. Questa donna era disperata, non faceva altro che piangere, nei suoi occhi si leggeva  la paura dell’uccisione del figlio. Carnera venne a sapere che lo avevano trasferito a Udine e rinchiuso in carcere assieme al medico del paese e che li avrebbero inviati in Germania. L’intervento di Carnera presso le autorità tedesche fu determinante e il giovane Antonio detto “ Toni Musciu “ fu salvato, e riportato in famiglia. Il giovane della classe 1924 aveva solo 19 anni. 
I tedeschi fecero lavorare Primo nell’organizzazione Todt che si occupava della costruzione di strade. Era un lavoro pesante,  ma lui non si lamentava.  Adesso aveva una famiglia da mantenere. Aiutava anche Pina nell’accudire i figli, lei non poteva farcela da sola, avendo anche le incombenze domestiche. In tempo di guerra erano importanti anche i piccoli aiuti che venivano scambiati tra paesani. Primo ospitava anche dei vagabondi che non avevano un tetto sopra la testa. Carnera aveva simpatia per un vecchio che veniva a trovarlo. L’uomo poteva definirsi uno di quelli che portavano le storie di paese in paese. Il cantastorie aveva spesso raccontato la storia di Primo. L’uomo aveva studiato in passato in un collegio, sapeva disegnare molto bene, e raccolse in un libretto una quindicina di disegni a matita che raffiguravano la vita di Carnera. Tutte le volte che lo ospitava gli faceva dono di un nuovo disegno. Il campione era davvero felice nel vederlo, anche se nella sua vita aveva ammirato cose importanti, conosciuto molte persone, nutriva della simpatia per gli uomini che sapevano raccontare degli aneddoti. L’uomo si guadagnava la vita vendendo anche qualche santino della Madonna. Il cantastorie, nella sua semplicità, sapeva trasmettere una certa serenità di cui Carnera in quei tempi ne aveva bisogno. Fu proprio lui a raccontare a Carnera dell’uccisione da parte dei partigiani del grande pugile Bonaglia che era stato campione italiano ed europeo dei pesi mediomassimi. L’uccisione del boxeur era stata una vera e propria esecuzione. 
Gli spararono a bruciapelo, e l’uomo che era denominato lo spaccapietre aveva incontrato nella sua vita anche Max Schmeling a Berlino, e aveva perso per Ko alla prima ripresa. Quel match era stato seguito molto dagli italiani che speravano , invece, in una sua vittoria. Carnera aveva ascoltato le parole del vecchio, e dentro di sé sapeva che Bonaglia era amato da Mussolini ed era morto perché aveva aderito alla RSI. Quella sera l’uomo raccontò a Primo che aveva deciso di smettere con quella vita.  La povertà gli aveva fatto conoscere tante persone gentili, ma non aveva più voglia di lottare, e voleva ritirarsi da una sua parente che era rimasta sola al mondo e gli aveva chiesto d’andare ad abitare da lei. Aveva una casa grande e comoda, non era ricca ma aveva un pezzetto di terra che lavorava prima con il marito, e ora aveva bisogno di qualcuno. Il vecchio volle donare a Carnera quel libretto con i quindici disegni. Era come se avesse deciso di lasciare una parte del suo cuore ad una persona che gli voleva bene. L’indomani l’uomo partì e non lo vide più. Il quaderno lo volle mettere tra i ricordi  che avrebbe rivisto nell’età avanzata. Nei giorni che seguirono Carnera era pensieroso, il cantastorie gli aveva detto di stare attento perché la ritirata dei tedeschi avrebbe favorito le vendette dei partigiani verso i fascisti e i loro collaborazionisti. Carnera  nella sua vita non aveva mai danneggiato e fatto del male ad alcuno, ma non  si sentiva tranquillo. Temeva per il futuro della sua famiglia di cui rappresentava l’unico sostegno. Passarono alcune settimane e i bombardamenti degli aerei  anglo-americani provocarono delle vittime anche a Sequals e nei paesi limitrofi. Carnera aveva una grande fede nella Divina Provvidenza, gliela avevano insegnata sua madre, e la cara maestra. Non ci potevano essere dei momenti, dove la paura e lo sgomento si impossessavano di tutto. 
Ogni evento  lasciava trasparire una sua opportunità. La sua maestra  gli ripeteva spesso la frase:” Dio vede e Dio provvede” ed aveva scritto alla lavagna la citazione di Virgilio: “Labor omnia vincit improbus” e sotto l’aveva tradotta con calligrafia precisa: “ Con uno sforzo sufficiente si può ottenere  qualsiasi risultato”. Queste parole gli erano venute in mente perché aveva ripreso tra le mani un vecchio quaderno delle elementari, e lo aveva mostrato a Pina. La donna si era appassionata a queste parole piene di speranza, e quel giorno erano servite a scacciare la malinconia.  Carnera un giorno stava potando un albero, quando sentì il rumore di un aereo che stava passando proprio sopra la sua casa. Primo pensò subito di mettere in salvo la moglie e i figli, ma proprio in quel momento l’aereo lasciò cadere  una grossa cassa che non si ruppe. Carnera spaventato pensò che fosse una bomba, che sarebbe esplosa da un momento all’altro, invece, dopo aver allontanato i suoi famigliari, si avvicinò alla cassa, aprendola. Al suo interno trovò ogni ben di  Dio, vi erano delle scatolette di carne, di  tonno, della farina, della birra, e tanti altri cibi che da tempo non era abituato a vedere. Anche i famigliari accorsero, la moglie e la mamma gridarono al miracolo, qualcosa di bello e stupendo era successo. Con un carretto caricò la cassa e la portò a fatica in casa e notò che c’erano del latte in polvere, dello zucchero, e  del caffè, sufficiente per offrirne una tazza calda a tutto il paese. Quando ebbe tolto tutto questo ben di Dio si accorse che sul fondo c’era una lettera. Con emozione lesse il suo contenuto:” Caro Primo finalmente ti ho ritrovato.  
Sono il tuo amico Philph La Barba, abbiamo fatto tanta strada dall’ultima volta in cui ci siamo incontrati in America, dove tu sei riuscito a salire in cima al mondo nella categoria dei pesi massimi. Sono sempre stato un tuo ammiratore e questo tu lo sai bene. Il sangue italiano che ti scorre nelle vene è uguale al mio, anche se io ho scelto di rimanere in America. Allo scoppio della seconda guerra mondiale  mi sono arruolato, anche se ho un occhio solo. Per questo mi hanno dato un grosso incarico, sono addetto al vettovagliamento delle truppe americane. Ti assicuro che ho avuto difficoltà nell’individuare il luogo dove vivi. Dal  mio superiore che ti conosce molto bene, avendo assistito ad alcuni tuoi incontri, ho saputo che eri in difficoltà. Allora non ho pensato un solo istante e gli ho chiesto il permesso di mandarti questo primo pacco di cibo, e ti prometto che ne seguiranno degli altri. Il mio comandante  vuole da te una foto con dedica che gliela consegnerai al suo arrivo. All’interno della cassa vi ho messo delle bottiglie di ottimo liquore, bevile alla nostra salute e alla  nostra amicizia. La boxe non è fatta solo di pugni che si danno, ma anche di cameratismo”. Appena finito di leggere la lettera, Carnera ebbe un momento di commozione, si sentiva felice, perché anche dall’America non lo avevano dimenticato. La moglie quella sera per cena aprì delle scatole di carne e brindarono al loro amico.  L’indomani Carnera volle dividere quella cassa con le persone più bisognose del paese, e per questo si recò dal suo amico parroco per comunicargli l’arrivo del pacco di cibo.  Al curato non disse che in quella cassa avevano messo dei liquori, voleva fargli una sorpresa una volta che fosse venuto a  fargli visita. Nelle settimane successive per altre due volte dal cielo piovve quella mamma di Dio, accompagnata dal solito biglietto, che ancora una volta sorprendeva Carnera. Il cibo ricevuto era ancora più abbondante. 
Nella chiesa del paese più di qualche cero era stato acceso da quelli che avevano potuto godere di quei viveri. Intanto, si temeva l’acuirsi degli scontri nell’ultima fase della guerra.  Una mattina presto i tedeschi si ritirarono da Sequals, uno di loro che era amico di Carnera, essendo stato alcune volte in palestra volle salutarlo, sapeva qualche parola d’italiano, e il buon Primo gli augurò di poter fare ritorno nella sua patria sano e salvo. Il militare tedesco aveva una moglie e due figli che sperava non fossero morti nei tanti bombardamenti che c’erano stati. 


La guerra però non era finita, dopo il ritiro dei tedeschi, molti soldati della RSI li seguirono, verso il confine. Temevano d’essere uccisi dai partigiani e non avrebbero in nessuno modo ceduto le armi. Carnera parlava di queste cose alla moglie, mentre dava da mangiare ai figli. Quello che preoccupava molti italiani erano i partigiani, che avevano dato inizio al tremendo periodo delle vendette.

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