Aspetti inediti della personalità del Re
Pubblicato il 9 dicembre su "Unsognoitaliano.eu" diretto da Salvatore Sfrecola
I quattro funerali che aveva predetto
Don Bosco, vuotano il palazzo reale e Vittorio Emanuele rimane drammaticamente solo
in un periodo denso di importanti decisioni ed avvenimenti, quale fu la partecipazione
del Regno di Sardegna, alla guerra di Crimea. Ora una simile tempesta familiare
avrebbe abbattuto chiunque non fosse stato Vittorio Emanuele, ma il giovane Re era
un carattere forte, non insensibile e tanto meni cinico, ed era psicologicamente
un militare . Malgrado, essendo nato nel 1820, fosse stato educato ancora nel
clima di una monarchia assoluta, aveva conservato e giurato lo Statuto,
elargito dal padre, alla cui memoria fu sempre affezionato, e negli anni successivi
aveva accettato un governo che, da costituzionale, era, con Cavour, già divenuto
parlamentare . Per quanto poi dibattuto nella sua coscienza di cattolico sul problema
della legge relativa alla soppressione delle corporazioni religiose ed aver
cercato quanto più possibile di evitarla, come era riuscito anni prima con la
legge del matrimonio civile, affossata dal voto del Senato, anche consigliato con
una nobile lettera di Massimo d’Azeglio, non più ministro, ma fedele monarchico,
aveva firmato la legge approvata dalle Camere.
Dopo perciò la tempesta di
queste morti improvvise la solitudine di Vittorio Emanuele nel e del Palazzo
Reale! Quando si è parlato e si parla ora con tono di sufficienza, o con disprezzo,
ora con alterigia de “i Savoia”, quasi fossero dei predoni, dei profittatori,
dei lanzichenecchi, chi usa questo termine in modo offensivo o denigratorio ha mai
riflettuto su chi fossero in quegli anni “fatali”, della storia d’Italia, dal
1855 al 1861, proclamazione del Regno d’Italia, “i Savoia”? Una giovane donna,
la vedova Duchessa di Genova con una bambina, Margherita, la futura Regina, di
quattro anni ed un maschietto, Tommaso, appena di un anno, che avrebbe
ereditato il titolo di Duca di Genova, e poi i figli di Vittorio Emanuele, dalla
primogenita Maria Clotilde, nata nel 1843, dodicenne, ed i fratelli Umberto,
principe ereditario( n. 1844), Amedeo,(n. 1845) duca d’Aosta e futuro Re di
Spagna ,la sorella Maria Pia (n. 1847), futura Regina del Portogallo ed infine il
fratello Oddone del 1846 e che sarebbe mancato appena ventenne nel 1866, di cui
a distanza di un secolo si sono scoperte doti di amante dell’arte . E Clotilde,
dimostrando una maturità ed una consapevolezza superiore all’età, segue
amorevolmente i fratelli ed è la più vicina al padre che affettuosamente la
chiama “Checchina”, maturità che la porterà ad accettare nel 1859,
nell’interesse della causa nazionale, il matrimonio, Lei sedicenne e profondamente
credente, con il cugino di Napoleone III, Gerolamo Napoleone, trentasettenne,
di fama libertino e notoriamente anticlericale, se non ateo, “conditio sine qua,
non”, richiesta dall’ Imperatore, più Savoia e Nizza, per concludere l’alleanza
tra Impero Francese e Regno di Sardegna, per la guerra all’Austria, la vittoriosa
seconda guerra d’indipendenza.
In questo quadro di solitudine
per il Re Vittorio vi era, fortunatamente un lontano cugino, parente non
diretto, Eugenio Emanuele di Carignano, scapolo, poco più grande d’età, essendo
nato nel 1816, da Carlo Alberto saggiamente reinserito nella famiglia come
Principe di Carignano, dopo una brillante carriere nella Marina Sarda, di cui
era divento Comandante .E proprio a Lui, Carlo Alberto, partendo insieme con i
figli per la prima guerra d’indipendenza, aveva affidato il ruolo statutario di
suo Luogotenente che,a sua volta, Vittorio Emanuele avrebbe ripetutamente rinnovato
in occasione delle successive guerre d’indipendenza, oltre ad altri incarichi prestigiosi,
altrettanto delicati e difficili che il Principe di Carignano espletò sempre con
molta dignità, grande rettitudine, non comune buonsenso, bonario, schivo di
orpelli e munifico, acquistando durante un suo incarico a Napoli, dopo il 1860,
la collezione d’arte del Principe Leopoldo di Borbone, e donandola al Museo
Nazionale.
Questi quindi i Savoia, che
per la causa italiana dovettero cedere la regione d’origine di lingua francese,
perdita necessaria perché la sua conservazione sarebbe stata contraria a quel
principio di nazionalità per il quale combattevano, e questa solitudine del Re che
poteva trovare solo un po’ di conforto nella compagna, Rosa Vercellana, poi moglie
morganatica, rende ancora più grande la figura di Vittorio Emanuele II, che
dedicò tutte le sue energie e capacità alla causa unitaria, mettendo anche a
rischio il suo trono, con autonoma libertà di giudizio e di azione, senza cortigiani,
che portò all’appellativo, merito di Massimo d’Azeglio, di “Re Galantuomo “ che
lo ha consacrato e consegnato alla Storia .
di Domenico Giglio
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