di Emilio DEl Bel Belluz
Primo trascorreva gran parte della giornata in palestra, gli allenamenti
duri e i pugni presi facendo i guanti con un peso massimo lasciavano il segno.
Qualche volta era andato al tappeto, i pugni si danno, i pugni si prendono, ma
quest’ultimi sono duri da assorbire. In quei mesi intensi aveva appreso molti
insegnamenti della boxe. Gli piaceva Paul Journée: era una persona determinata,
il suo volto era scolpito dai tanti pugni che aveva preso non solo sul ring, ma
anche nella vita. Qualche volta, dopo gli allenamenti, mentre facevano due
passi, gli aveva raccontato d’essere stato a combattere in Italia, contro un
peso massimo molto importante: Erminio Spalla. Costui era poi diventato
campione italiano ed europeo dei pesi massimi. L’Italia era piaciuta a Journée
ed avrebbe desiderato farvi ritorno. Il mondo della boxe assomiglia a quello
del circo, si va di paese in paese, facendo e disfacendo in continuazione le
valige, sempre alla ricerca di momenti di gloria. Paul Journèe disse che il
momento più bello per lui, fu la sfida al titolo dei pesi massimi francese. Nei
giorni che seguirono Paul scrisse a Léon See di venire ad Arcachon per vedere
il pugile, perché secondo lui era pronto per combattere. Léon See era un ebreo
che aveva frequentato l’università di Oxford, e aveva una colonia di pugili a
Saint-Germain, fuori Parigi: era considerata la più forte. Lèon See, non aveva
voglia di spostarsi dal suo paese, ma fece uno sforzo. Un giorno arrivò alla
stazione ferroviaria di Arcachon, e ad aspettarlo al binario c’erano Primo
Carnera e Paul Journée. L’incontro non fu molto cordiale, anche se si
conoscevano da anni. L’ex pugile dopo avergli presentato Carnera, lo aveva
preso in disparte, dicendogli di avere fiducia in lui, era sicuro di avere tra
le mani un gigante che avrebbe potuto scrivere il suo nome nel mondo dei pesi
massimi. Il manager si mise un sigaro in bocca e continuò con il suo malumore.
Primo si era reso conto che qualcosa non andava, ma non gli importava, se
l’accordo non si fosse concluso, avrebbe fatto ritorno in Italia. Un lavoro
come falegname l’avrebbe di sicuro travato. Quando Léon See vide il gigante di
Sequals in palestra si accorse che davanti a sé aveva una scultura, un uomo
possente, muscoloso, enorme che non ne aveva mai notato prima. Una massa di
muscoli distribuita in quasi due metri, e quando lo vide fare i guanti con uno
della palestra di Paul, si calmò. Non gli era dispiaciuto come si muoveva, ma
si comprendeva molto bene che il giovane doveva continuare ad allenarsi, non
era ancora pronto per salire sul ring. Doveva imparare ancora molti trucchi del
mestiere. Dopo l’esibizione, l’impresario volle che si andasse a mangiare. Una
volta seduti a tavola raccomandò al pugile di seguire il sogno del pugilato, e
di allenarsi ancora più duramente. Per tre mesi Primo avrebbe dovuto solo
frequentare la palestra, senza andare a lavorare nella segheria. Carnera mostrò
la sua preoccupazione, i soldi erano importanti per lui: doveva aiutare la sua
famiglia. Léon See prese dal portafoglio una somma di denaro pari allo
stipendio di tre mesi in falegnameria e gliela consegnò. Sarebbe dovuto
diventare ancora più forte e con più tecnica e solo allora sarebbe andato a
Parigi per il suo primo incontro. Léon See disse a Carnera: “ Caro Primo
pensaci su, ogni strada che si percorre nella vita è piena di sorprese, alcune
anche belle, ma se vuoi raggiungere l’obbiettivo prefissato dovrai lavorare
molto e non arrenderti alla prima sconfitta”. Carnera ascoltò con molta
attenzione e, battendo un pugno sul tavolo, disse nella sua lingua che sarebbe
stato all’altezza del compito e si sarebbe fatto onore. Quel giorno a tavola
Primo aveva sbalordito Léon See per quello che aveva mangiato, sembrava non
essere mai sazio, e quel pranzo era costato un capitale. L’allenatore
accompagnò Léon al treno, e Primo li lasciò. La stazione era affollata di
gente, tra cui molte coppie di fidanzati, e uno studente chino su un libro, con
una matita rossa in mano. Léon appariva allegro, non si aspettava un gigante
così grande, non disse nulla a Paul, ma era sicuro che qualcosa di buono
sarebbe accaduto, ma bisognava lavorare senza tregua. Quei tre mesi sarebbero
stati fondamentali. Allungò a Paul dei soldi, si raccomandò che Primo mangiasse
carne in abbondanza. Léon See era un uomo furbo, da tanti anni nella boxe,
conosceva il cuore dei pugili, sapeva cosa volesse dire arrivare al successo,
ma bisognava costruire anche il personaggio, creare un nuovo Maciste affinché
la gente lo considerasse un mito in cui immedesimarsi. Quando si salutarono,
Léon gli regalò un sigaro molto costoso, ma Paul non fumava; l’avrebbe donato a
qualche suo amico. Fuori della stazione incontrò un vecchio che gli aveva teso
la mano, assieme a dei soldi, gli posò anche il sigaro rendendolo felice. La
boxe è fatta di momenti che passano, bisogna saper sfruttare l’occasione e per
questo bisognava crederci. Paul non era stato molto fortunato con la boxe, non
aveva raggiunto il successo sperato, la gloria gli era stata lontana, si era
nascosta, la gente però gli voleva bene. Grazie al mondo della boxe aveva
trovato una donna da amare, erano nati dei figli e ora si aspettava di
guadagnare del denaro per sistemarsi economicamente. Quando giunse a casa la
moglie lo abbracciò, aveva notato la sua felicità, per le scale fischiettava
una canzone popolare, di quelle che si cantavano alle sagre del paese. La
moglie lo attendeva dal mattino, e si era preoccupata. Era una donna che
lavorava molto per il bene della famiglia. La felicità di Journée era dovuta
alla enorme opportunità che gli offriva Primo. Le settimane che seguirono
furono davvero essenziali. Carnera si alzava alle cinque, si vestiva e andava a
correre. In tutti i modi doveva ritrovare una forma perfetta e le sue
prestazioni dovevano essere al massimo. Quando avrebbe dovuto combattere,
doveva essere all’apice delle sue condizioni fisiche. Appena finito
l’allenamento, si fermava in un bistrot frequentato da operai che andavano al
lavoro, da gente umile, e da contadini che portavano i frutti della loro terra
al mercato. La gente si era abituata a vedere quel gigante che stanco della
corsa, si rifocillava con delle brioches appena tolte dal forno. A Primo
piaceva parlare con le persone, e raccontava che doveva fare il suo esordio
ufficiale nel mondo della boxe. Qualcuno conosceva per averlo visto assieme a Paul
Journée. Carnera era felice perché in quel bistrot c’era una bella ragazza che
spesso gli parlava. In quel posto si sentiva una celebrità, si augurava solo di
vincere e di convincere. La boxe era tutto per lui, la giovane lo interrogava,
gli chiedeva che gli parlasse dell’Italia, perché aveva una partente a Torino e
le sarebbe piaciuto andarla a trovare. In quei tre mesi di duro allenamento,
ogni mattina, era puntuale a consumare la sua colazione. Alcuni degli avventori
scherzavano con lui, altri lo temevano, perché era talmente grande che faceva
paura. Nelle palestre aveva fatto numerosi allenamenti con dei pugili che il
suo allenatore aveva chiamato da fuori. Carnera li considerava come dei veri e
propri incontri di boxe. La tecnica si stava affinando e il fisico da quando
mangiava molte proteine si era sviluppato ulteriormente. Passava dalla casa,
alla corsa per strada e alla palestra. Alla domenica andava alla Santa Messa in
una chiesa poco distante da casa, lì aveva conosciuto il parroco che spesso si
intratteneva a parlare con lui. In chiesa si metteva sempre in fondo, non
avrebbe voluto nascondere nessuno. I tre mesi passarono, e Paul Journée chiamò
al telefono Léon See per dirgli che il suo campione era pronto per salire sul
ring. La condizione fisica era ottimale, bastava iniziare. A quell’avvenimento
fu dato importanza e i giornali ne parlarono con degli articoli molto
approfonditi. Per la seconda volta il pugile vide il suo nome sui giornali, la prima
volta fu quando parlarono del combattimento con quei giovani che lo volevano
picchiare. Con gioia ritagliò l’articolo che riportava una foto che aveva fatto
durante gli allenamenti. Carnera svettava per la sua altezza e i guantoni che
erano enormi. Nel suo cuore così genuino pensò che gli sarebbe piaciuto poter
passare quella mattina al solito bistrot, e far vedere agli avventori quella
pagina di giornale e, soprattutto, catturare l’interesse della ragazza, ma
tutto ciò non era possibile. Infatti, si trovava già in viaggio per Parigi, la
località dove avrebbe esordito. La data fissata era il 13 settembre 1928. Il
suo procuratore, Léon See, si era accordato con l’organizzatore numero uno
degli incontri pugilistici in Europa, Jeff Dickenson, e questi lo aveva ammesso
in una riunione a Parigi. Al suo arrivo nella capitale francese, Primo assieme
a Journée e a Léon See, era andato a trovarlo. Quando arrivò nel suo ufficio,
il procuratore gli disse che aveva portato con sé un peso mosca, e questo pugile
era molto bravo a combattere e meritava di ricevere un’ opportunità. Nel
frattempo Carnera aspettava nell’ufficio della segretaria assieme a Journée. L’impiegata
non aveva mai visto un uomo così possente e se lo mangiava con gli occhi.
Quando entrò Carnera, Jeff che aveva trascorso molti anni nel mondo della boxe,
non credeva che ci potessero essere atleti così alti e muscolosi. In quell’
incontro i due uomini d’affari avevano capito che avevano davanti una macchina
da soldi che bisognava far partire. Il pugile, che era destinato combattere
contro Carnera nel suo esordio, era un buon collaudatore che aveva fatto
numerosi incontri nella categoria dei pesi massimi. Il match si sarebbe svolto
nella Sala Wagraam; il pugile da affrontare era Léon Sébilo. La borsa per
l’incontro era stata fissata in mille franchi, che erano un patrimonio per un
pugile che incominciava la sua carriera, ma Jeff Dickenson aveva pattuito
questa cifra che Primo pensava di mandare subito a sua madre. Da tempo non
mandava soldi a casa, con suo grande dispiacere. La famiglia era sempre al
primo posto nel suo grande cuore, la mamma, specialmente, per tutti i sacrifici
che aveva fatto. La madre era l’angelo della famiglia, il fuoco che riscaldava
il cuore in qualunque parte del mondo, uno si trovi. Carnera, la notte prima
dell’incontro, si trovava in una bella camera d’albergo e rivedeva i momenti
più belli degli anni trascorsi, come se assistesse ad un film. L’indomani, la
sua nuova vita sarebbe incominciata come una piéce teatrale, e lui sarebbe
stato l’attore principale. Nell’albergo erano confluiti alcuni giornalisti che
volevano avere notizie su questo gigante italiano che esordiva al
professionismo lontano dalla sua patria. Carnera rispondeva a tutte le domande,
anche alle più cattive, ed ebbe modo di raccontare anche la sua dura esperienza
di emigrante. Alcuni fotografi gli avevano fatto delle foto, assieme al suo
avversario. Carnera si dimostrò felice e non preoccupato, tutto sarebbe stato
nelle mani di Dio a cui sempre chiedeva aiuto che, finora, non glielo aveva mai
negato. Un giornalista disse a voce bassa rivolto al suo allenatore, che
sarebbe stato triste se perdesse, magari, per KO alla prima ripresa. Paul
Journée gli rispose che questo sarebbe potuto accadere solo al suo avversario.
Qualche ora più tardi Carnera entrava nel luogo del combattimento con un
accappatoio, su cui il suo allenatore aveva fatto scrivere il suo nome e
cognome. Anche questo aveva inorgoglito il campione, i guantoni erano già
indossati, e salito sul ring, Carnera sventolava la sua bandiera italiana con
lo stemma sabaudo, regalatagli dalla sua maestra, per dimostrare a tutti che
non aveva dimenticato la sua patria. Nella sala c’erano altre due bandiere
sventolate da un gruppo di italiani. Il cuore di Carnera sembrava che gli
uscisse dal petto. Chiunque se si fosse avvicinato a lui lo avrebbe sentito,
era il cuore di un combattente. L’arbitro fece avvicinare i pugili, Primo
teneva ancora con sé la bandiera e dopo averli dato alcune raccomandazioni, li inviò
ai rispettivi angoli. Il match sarebbe iniziato tra qualche minuto. Carnera
baciò la bandiera e si fece il segno della croce, come era sua consuetudine
fare prima di prendere delle decisioni. L’incontro ebbe inizio, Léon Sébilo
venne liquidato da Carnera in soli due rounds, e ottenne, così, la sua prima
vittoria. La gente della sala era soddisfatta, aveva visto un grande
combattimento. Carnera riprese la bandiera italiana, la sventolò, la baciò, e
salutò festante il pubblico. Qualcuno urlava il suo nome e questo suo primo
incontro non lo dimenticò mai.
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