2) Sul problema dell’apprendistato,
l’immissione dei giovani al lavoro, e le scuole professionali, e da osservare
che la disciplina legislativa sull’apprendistato, pui considerando il progetto
di legge in esame al Parlamento, è superata. L’apprendistato non può essere risolto
come un «fatto» circoscritto alle esigenze economiche, produttive, sociali
dell’azienda. Esso è un « fatto » che interessa tutta la Comunità nazionale, ed
ha inizio nella Famiglia e primo conseguimento nella Scuola; e deve trovare
armonica disciplina nei problemi di carattere morale, pedagogico e psicologico
da cui è possibile una realistica preparazione del fanciullo che lo metta in
condizione di affrontare il primo contatto con la vita sociale.
Pertanto prima di provvedere a
disciplinare l’apprendistato nei campi, nelle officine, nei commerci, negli
uffici, bisogna provvedere ad una riforma completa della Scuola, primaria e
secondaria, sviluppando nell’una e nell’altra un programma di istruzione e sperimentazione
di avviamento al lavoro, oggi troppo superficialmente svolto da Scuole non
idoneamente attrezzate (AVVIAMENTO) o limitate a singole discipline, spesse
volte non rispondenti alle necessità del luogo ove sono dislocate per la
limitatezza dei programmi. La Scuola primaria e secondaria deve essere la «
palestra prioria » in cui i giovanetti, unitamente alle teorie debbono
apprendere realistiche e pratiche cognizioni di « quel lavoro » verso cui la
naturale inclinazione e predisposizione del fanciullo è più orientata.
Così riallacciato il problema
dell’apprendistato a quello della Scuola, e provveduto alla riforma dell’Assistenza
e della Previdenza nel senso in cui i nuovi indirizzi sociali vanno
orientandosi, il problema contrattuale, salariale, previdenziale dell’apprendistato
può essere risolto senza alterare eccessivamente l’economia delle aziende,
dell’ occupazione, della produzione ; e quindi assegnando a ciascun apprendista
categoria e retribuzione che saranno stabilite dai contratti di lavoro, e non
da ima legge coercitiva che ignorerà sempre le vere condizioni culturali, le
capacità, la preparazione tecnica dell’aspirante apprendista.
Di conseguenza la legge sull’apprendistato
dovrebbe predisporre l’assunzione obbligatoria, in qualità di apprendisti, dei
diplomati usciti dalle scuole di avviamento al lavoro. Nel qual caso la
ripartizione numerica fra le varie categorie di aziende dovrebbe essere concordata
ed eventualmente graduata nel tempo fra le associazioni professionali e le
autorità scolastiche. E quindi si dovrebbe, secondo le richieste di mercato,
predisporre possibilmente già nelle scuole la ripartizione per specializzazione
dell’alunno. Tutto ciò anche per impedire lo sfruttamento dei giovani,
prelevati dalla strada, da piccole aziende o da artigiani, i quali, con la scusa
dell’apprendistato, ne approfittano per fini non sempre giustificabili.
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