PROBLEMI IN SEDE PARLAMENTARE
AFFIDATO COSI' AGLI ORGANI ED AI
GRUPPI PARLAMENTARI DEL PARTITO IL MANDATO DI REALIZZARE LA SUDDETTA LINEA
SOCIALE ED ECONOMICA CHE ESSO REPUTA CONFACENTE AGLI INTERESSI SUPREMI DELLA
NAZIONE ED A QUELLI DELLA CAUSA, E DI ASSUMERE LE CONSEGUENTI POSIZIONI
POLITICHE E PARLAMENTARI, IN ORDINE A QUESTE IL CONGRESSO NAZIONALE INDICA
PARTICOLARMENTE Al GRUPPI PARLAMENTARI LE SEGUENTI SPECIFICAZIONI DELLA LINEA
SU STABILITA:
POLITICA EDILIZIA
l) Sul disegno di legge sul blocco
dei fitti urbani, e sulla politica edilizia in generale, è da respingersi il
disegno di legge governativo attualmente all'esame del Parlamento così come
ogni altro che muova dal principio dell'aumento non discriminato dei fitti
bloccati per le case di abitazione, giacché a tale aumento, sia pure graduale,
si potrà giungere soltanto quando sarà stata iniziata e sarà divenuta operante
una politica edilizia capace di assicurare veramente la casa decorosa, a costo
di larga sopportabilità per gli attuali bilanci familiari, ai ceti popolari e medii
del popolo Italiano. Quello della casa è un diritto; ed è in questo campo che
la proprietà privata deve esercitare massimamente la propria funzione sociale.
Per attuare tale politica non è
possibile contare esclusivamente sull'iniziativa diretta dello Stato e su
quella degli, Istituti a ciò istituzionalmente deputati, anche per evitare, la
creazione di un pericoloso monopolio dell'edilizia ad equo costo. Al contrario,
pur con la collaborazione di codesta iniziativa diretta o indiretta dello
Stato, bisogna puntare stilla iniziativa privata la quale potrà assolvere tale
compito solo che lo Stato sappia indirizzarla e proteggerla. A tale fine è
necessaria una politica fiscale che - coerentemente alla nuova strutturazione
auspicata per tutto il sistema fiscale - scoraggi la costruzione di case di
lusso e incoraggi al massimo la costruzione di case per i ceti più numerosi e
bisognosi.
Ma soprattutto è necessaria una
legislazione energica, rapida, efficiente per stroncare la speculazione sulle
aree fabbricabili nei centri urbani grandi e medii, giacché il poter fornire
alla iniziativa privata di costruzione aree fabbricabili a prezzo equo e
controllato - quando si pensi che oggi il costo dell'area incide sul costo di
costruzione della casa per aliquote che vanno dal 45 al 60 per cento -
significa dimezzare i prezzi del mercato edilizio. Quella delle aree è una
tipica speculazione di usura capitalistica che va stroncata in nome di supremi
principii morali e giuridici prima ancora che per pressanti ragioni economiche
e sociali.
A questo fine è auspicabile che
tutti i Comuni imitino l'esempio del Comune di Torino che - primo fra i
maggiori centri urbani - ha con deliberazione del 5 novembre u.s. stabilita una
imposta sul plusvalore delle aree fabbricabili, sia pure con aliquote che in
altri centri sono notevolmente maggiorabili. Ma soprattutto è necessario un
provvedimento di legge che autorizzi i Consigli Comunali - ed, in. mancanza di
loro iniziativa, i Prefetti - a stabilire dei demanii comunali di aree, fabbricabili
in base alle norme vigenti per le espropriazioni di pubblica utilità e facendo
base per il prezzo di esproprio come valore commerciale delle aree il loro
valore commerciale al 1948, anno in cui l'usura capitalistica in questo campo
si è pronunciata. La differenza tra il prezzo di esproprio ed il valore
commerciale 1948, al quale le aree dovrebbero oggi esser cedute dagli auspicati
demanii comunali all'iniziativa privata di costruzione, dovrebbe essere dai Comuni
iscritta in un bilancio speciale ed adoperata per la costruzione ad iniziativa
comunale di case popolarissime da cedersi gratuitamente in proprietà, attraverso
gli ECA e con il controllo dell’Autorità Tutoria, ai ceti più miserevoli e più
bisognosi di abitazione, come profughi, sinistrati totali di guerra, disoccupati
permanenti per invalidità ecc. Particolari provvidenze si auspicano per le
cooperative di profughi della Venezia Giulia e dell'Africa.
Nel frattempo una equa soluzione
del problema posto dal permanere del blocco dei fitti, la quale contemperi le
prevalenti ragioni sociali con quelle economiche e giuridiche, non può essere
ricercata che attraverso una discriminazione che contempli:
a) lo sblocco degli appartamenti
appartenenti a proprietari di una o due abitazioni locate i quali possano
dimostrare di avere in esse investite, prima del 1939, almeno la metà dei loro
risparmi;
b) un moderatissimo aumento dei
fitti bloccati, graduato per almeno un decennio e tale da raddoppiare, al
massimo, alla fine del decennio i fitti attuali per tutti gli appartamenti non
compresi nella prima e nella terza categoria;
c) un provvedimento di riscatto
ventennale, sulla base della capitalizzazione del fitto attuale, per tutti gli
appartamenti appartenenti a Enti o Istituti parastatali per i quali l'attività
edilizia non rientri nei diretti fini istituzionali od a Società -private il
cui fine costitutivo, o generalmente accertabile, sia la speculazione edilizia
e che detengano appartamenti sottoposti al blocco dei fitti.
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